Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Anniversari 2018, da Ca’ Foscari alla Grande Guerra
Datazione incerta per la nascita di Tintoretto
È davvero liberatorio, dopo quattro anni passati a commemorare l’inizio e le fasi più cruente dell’enorme massacro che fu la Grande guerra, poter tornare al consueto appuntamento annuale con i centenari e le ricorrenze che ci aspettano per quest’anno segnalando la memoria più bella: quella della pace. Planetario per gli effetti, ma veneto per circostanze anagrafiche, l’armistizio che di fatto pose fine al primo conflitto mondiale fu firmato nella villa del conte Vettor Giusti del Giardino, sui colli Euganei, nel primo pomeriggio del 3 novembre 1918, e i pochi mesi che ci separano dal centenario sono costellati dagli eventi cupi e sanguinosi che portarono alla definitiva capitolazione dell’Impero asburgico. Tra i giubilei dell’anno che si è appena aperto sarà certo il più grato, anche se le conseguenze di quella pace non furono incondizionatamente positive nemmeno per l’Italia, che pure si ostina a chiamarla Vittoria.
Altre ricorrenze andranno a buon diritto festeggiate: se rimontiamo al secolo precedente, ecco il centocinquantesimo anniversario dalla fondazione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, istituita il 6 agosto 1868 come Regia Scuola di Commercio in una città unita all’Italia da soli due anni, e desiderosa di rinnovare i fasti della sua grande tradizione economica e mercantile. Seconda in Europa (dopo Anversa) ad essere dedicata a quella specialità, la futura Università degli Studi di Venezia, che oggi porta il nome del suo palazzo più bello, diventerà nei quindici decenni successivi un ateneo di respiro ben più ampio, punto di riferimento non solo per l’Economia, ma anche per le Lingue – specie quelle orientali, secondo un’altra antica vocazione veneziana –, le Lettere e le Scienze: un’università tra le più dinamiche del Paese, che non dissimula oggi le sue legittime aspirazioni all’eccellenza internazionale in vari campi della ricerca. Quanta strada, in soli centocinquant’anni.
Risalendo ancora, al 21 luglio 1718 riporta la memoria di un’altra pace, quella di Passarowitz, che concluse un’altra guerra dell’Impero d’Austria, questa volta contro i Turchi. Che cosa c’entra il Veneto? C’entra, se tra gli effetti di quella pace vi fu la definitiva perdita, da parte della Repubblica di Venezia, del controllo Peloponneso, cioè il tramonto della plurisecolare contesa veneto-turca su quel quadrante del Mediterraneo: sebbene alla Serenissima restassero le Isole Ionie e i territori della Dalmazia, si trattò di un tornante decisivo, in cui l’Austria si sostituì di fatto a Venezia come avamposto occidentale nei Balcani.
Ancora un secolo a ritroso nella storia veneta ed eccoci al maggio 1618, data di una delle più curiose vicende della storia veneta, cioè il presunto complotto – addirittura un tentato colpo di stato! – ordito dai servizi segreti spagnoli e da un avventuriero, il duca di Osuna, stroncato duramente dal Consiglio dei Dieci. È la cosiddetta
Congiura di Bedmar (dal nome dell’ambasciatore di Spagna), che nei secoli successivi verrà dipinta, pur in assenza di documenti e di atti chiari e inequivocabili – altrimenti che complotto è? – come un tentativo di rovesciare la Repubblica per consegnarla nelle mani della potenza spagnola, già padrona di buona parte dell’Italia di allora. Ma la storia è controversa, se fin dagli anni seguenti c’è chi nega che vi sia stato alcun vero complotto, sospettando (forse a ragione) che l’oscuro intrigo altro non sia che una montatura, che consente alla Serenissima di smantellare in quattro e quattr’otto la rete informativa e politica spagnola estesa ormai, pur senz’alcun pericolo imminente, anche nella città dei Dogi.
Al 1518, nel calendario della storia veneta, rinvia un centenario per altre ragioni incerto, come spesso i natali dei personaggi di umili origini: all’altezza di quell’anno (ma c’è chi propende per il 1519) potrebbe risalire la nascita di Iacopo Robusti, detto il Tintoretto, uno dei maestri dell’arte veneta del Rinascimento, di cui si conosce con esattezza la data della morte (1594), avvenuta quando ormai la sua fama era di fatto celebrata anche da chi non lo amava, come il Marco Boschini che per lui sfoggiò l’ingenerosa ma celeberrima definizione di «praticon de man». Centenario o no, sia lode al Tintoretto, a cui San Marino, ma non l’Italia, ha già deciso di dedicare una moneta celebrativa.
Un altro centenario rischia d’essere dimenticato, e perciò lo ricordiamo, certi che a qualcuno interessa: è quello della nascita della veronese
Isotta Nogarola (1418), isolata figura di donna nell’ambiente altrimenti tutto maschile della cultura umanistica. Esperta delle letterature classiche, Isotta dialogò da pari a pari con intellettuali e politici del suo tempo difendendo le figure femminili della storia e della mitologia, e redigendo una curiosa difesa di Eva che rilegge in chiave d’apologia di genere la vicenda biblica del peccato originale. Basta, sosteneva Isotta, con gli attacchi alla povera progenitrice: in fondo, è tutta colpa di Adamo. Cioè di lui.