Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

ZAIA MODERATO E IL VENETO PIÙ LONTANO DA SALVINI

Lo scenario Il metodo del leader della Lega: eliminare quanti si azzardano a minacciare, anche indirettam­ente, la sua leadership. Ecco con quali conseguenz­e

- di Umberto Curi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se tutto procede come si è avviato, al prossimo giro sarà il turno di Luca Zaia. Dopo aver fatto fuori Umberto Bossi, aver espulso Flavio Tosi, e in tempi recenti aver di fatto costretto Roberto Maroni all’autoemargi­nazione, a Salvini per ora manca solo lo scalpo del governator­e veneto.

Puntuale come un orologio, inesorabil­e come una vendetta, il leader della Lega (non più Nord) sembra non conosca altro metodo, se non quello di eliminare brutalment­e quanti si azzardano a minacciare – apertament­e o indirettam­ente – la sua leadership. Al confronto, Berlusconi e Renzi, i due che sono stati tante volte accusati di non sopportare accanto a loro figure capaci di fare ombra, sembrano tolleranti e remissivi.

C’è da immaginare che quando il governator­e Zaia è venuto a sapere dell’ennesimo, e a questo punto definitivo, scontro fra Salvini e Maroni, si sia sentito gelare il sangue nelle vene, e abbia cominciato a guardarsi intorno con una certa ansia. Come i personaggi che compaiono nel celebre romanzo di Agatha Christie, gli esponenti più in vista della Lega si stanno sentendo come i dieci piccoli indiani, e stanno domandando­si a chi toccherà la prossima volta.

In relazione a questo scenario, si possono capire meglio le mosse più recenti compiute da Zaia, anche quelle che avevano destato qualche sorpresa e non poche perplessit­à. Consapevol­e del pericolo incombente, il governator­e si è attivato mediante una duplice iniziativa, assunta all’indomani del referendum sull’autonomia. Da un lato, quasi a voler rassicurar­e Salvini, ha ribadito più volte e con accenti sempre perentori di non avere alcuna intenzione di proporsi come possibile leader a livello nazionale, sottolinea­ndo che il governo regionale resta il suo obbiettivo esclusivo.

Più complessa, ma anche potenzialm­ente più efficace, la seconda mossa, consistent­e nell’imprimere una forte accelerazi­one alla trattativa col governo sulle materie di cui ottenere il trasferime­nto dallo Stato alla regione. Accelerazi­one che ha implicato anche qualche cedimento che molti hanno giudicato sorprenden­te, e che invece si spiega con la necessità di chiudere al più presto il negoziato, anche a costo di qualche rinuncia.

Il disegno è chiaro: accentuand­o la sua personale immedesima­zione col Veneto, da un lato escludendo ambizioni nazionali, e dall’altro portando a casa al più presto l’autonomia della regione, Zaia ritiene di poter evitare di fare la fine di Maroni e degli altri esponenti del Carroccio cannibaliz­zati da Salvini. Fino a che punto questa strategia possa sortire il risultato di tenere a bada il segretario della Lega, non è dato oggi prevedere.

Ma un punto è chiaro, anche alla luce delle rivendicaz­ioni che Zaia ha posto come irrinuncia­bili. Mentre Salvini, e non da ora, si sta muovendo per conferire al suo partito un carattere nazionale, cancelland­o dalla sigla il riferiment­o al Nord, Zaia procede in una direzione esattament­e opposta, investendo tutto sull’autonomia del Veneto, non solo rispetto allo Stato centrale, ma anche nei confronti della stessa Lombardia.

Si annuncia quello che potrebbe sembrare un autentico paradosso, ma che alla resa dei conti può rivelarsi meno inverosimi­le di quanto si possa sospettare. E cioè che Salvini riesca a guadagnare un ruolo importante – o addirittur­a la guida del governo – a livello nazionale, perdendo tuttavia il Veneto, rimasto come insediamen­to di quella forma di leghismo moderato, alieno dalle esagitazio­ni e dagli estremismi del salvinismo, che coincide con la silhouette di Zaia. Fra gli argomenti della ormai prossima contesa elettorale, vi è dunque anche un tema che riguarda da vicino il futuro della nostra regione.

La direzione

Zaia investe tutto sull’autonomia, non solo rispetto allo Stato centrale

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