Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
FONDAZIONE ARENA, IL NODO DEL BUSINESS PLAN
La legge Bray
Sul tavolo c’è ancora un anno di legge Bray durante il quale poco si potrà fare dati i vincoli imposti e il controllo del commissario governativo, l’avvocato Sole
La Fondazione Arena di Verona (FAV) non smette di stupirci. Da tempo, infatti, eravamo in attesa del piano di rilancio dopo l’amaro calice del commissariamento. Attesa carica di aspettative e di progettualità.
Di che cosa eravamo in attesa? E’ presto detto: un sovrintendente di altissimo profilo internazionale con il suo staff di fiducia al seguito e un Consiglio di Indirizzo (CdI) di alte personalità del mondo economico e gestionale che ne valutasse dapprima e approvasse poi il business plan presentato dal Sovrintendente in pectore nel quale erano riportate la visione e il percorso da fare, le necessità di bilancio, di marketing, di organico e di sviluppo complessivo.
E’ quello che è avvenuto e che ora abbiamo? Solo in parte. L’attuale Consiglio di Indirizzo, infatti, è la sola componente che si addice ad un’importante azienda come la FAV che fattura circa 50 milioni, che ha circa 280 dipendenti e un prodotto da collocare sul mercato mondiale. Organo, questo, certamente ineccepibile nella sua composizione. Purtroppo, però, la prima deliberazione del medesimo risulta inspiegabile. Infatti, si attendeva che si scegliesse il proprio Amministratore delegato (per la FAV è il Sovrintendente dato che la legge 112/2013 ci dice che è «l’unico organo di gestione», come l’Ad appunto) alla stessa stregua con cui degli imprenditori scelgono un manager per la loro azienda, fra le persone al top della credibilità sul mercato, dell’esperienza gestionale di analoghe strutture o preferibilmente maggiori, delle capacità complessive nella gestione della macchina operativa (personale, pianificazione, rapporti con i sindacati ecc. ecc.).
E’ quello che è avvenuto nella Fondazione Arena di Verona? No, purtroppo. Appare evidente, infatti, che la scelta fatta - il soprano Cecilia Gasdia - sia di pura facciata per uscire dall’impasse nel quale ci si era cacciati con il Ministero. Pertanto, un nome noto del mondo dello spettacolo buttato nell’agone per superare l’impasse e, data la notorietà, che potesse anche servire da richiamo a quel pubblico già emigrato affinché ritornasse.
Purtroppo, però, senza considerare che il mondo dei media e dello spettacolo è oggi molto maturo e informato e ben altre concretezze si aspetta. Scelta artistica pertanto, e la gestione? Appare evidente che l’uomo forte sarà il manager Gianfranco De Cesaris, di cui si è parlato - appena e se verrà nominato - il quale non potendo entrare dalla porta principale (come Sovrintendente) entrerà probabilmente dalla finestra (come Direttore Generale) ma certamente sarà lui il referente principe del nuovo Consiglio di Indirizzo.
Infatti, sul tavolo c’è ancora in bella mostra un anno di Legge Bray (scadenza 31 dicembre 2018) durante il quale ben poco si potrà fare dati i vincoli imposti e il controllo del Commissario Straordinario Governativo avvocato Sole dal Ministero, una zavorra di ben 26,4 milioni di debiti ancora in essere (Bilancio 2016) e un apparato di costi fissi sostanzialmente uguale a prima che i due Commissari ci hanno lasciato in eredità.
Pertanto la scelta fatta dal CdI, allo stato, è riconducibile alla pura gestione dell’esistente ma ci auguriamo che prossimamente lo stesso CdI ci renda edotti sul futuro business plan del rilancio, se ne è in possesso, accompagnato dalla conferma dalle risorse necessarie per la realizzazione del medesimo. Attendiamo quindi fiduciosi e speranzosi.