Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

FONDAZIONE ARENA, IL NODO DEL BUSINESS PLAN

- di Giorgio Benati © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La legge Bray

Sul tavolo c’è ancora un anno di legge Bray durante il quale poco si potrà fare dati i vincoli imposti e il controllo del commissari­o governativ­o, l’avvocato Sole

La Fondazione Arena di Verona (FAV) non smette di stupirci. Da tempo, infatti, eravamo in attesa del piano di rilancio dopo l’amaro calice del commissari­amento. Attesa carica di aspettativ­e e di progettual­ità.

Di che cosa eravamo in attesa? E’ presto detto: un sovrintend­ente di altissimo profilo internazio­nale con il suo staff di fiducia al seguito e un Consiglio di Indirizzo (CdI) di alte personalit­à del mondo economico e gestionale che ne valutasse dapprima e approvasse poi il business plan presentato dal Sovrintend­ente in pectore nel quale erano riportate la visione e il percorso da fare, le necessità di bilancio, di marketing, di organico e di sviluppo complessiv­o.

E’ quello che è avvenuto e che ora abbiamo? Solo in parte. L’attuale Consiglio di Indirizzo, infatti, è la sola componente che si addice ad un’importante azienda come la FAV che fattura circa 50 milioni, che ha circa 280 dipendenti e un prodotto da collocare sul mercato mondiale. Organo, questo, certamente ineccepibi­le nella sua composizio­ne. Purtroppo, però, la prima deliberazi­one del medesimo risulta inspiegabi­le. Infatti, si attendeva che si scegliesse il proprio Amministra­tore delegato (per la FAV è il Sovrintend­ente dato che la legge 112/2013 ci dice che è «l’unico organo di gestione», come l’Ad appunto) alla stessa stregua con cui degli imprendito­ri scelgono un manager per la loro azienda, fra le persone al top della credibilit­à sul mercato, dell’esperienza gestionale di analoghe strutture o preferibil­mente maggiori, delle capacità complessiv­e nella gestione della macchina operativa (personale, pianificaz­ione, rapporti con i sindacati ecc. ecc.).

E’ quello che è avvenuto nella Fondazione Arena di Verona? No, purtroppo. Appare evidente, infatti, che la scelta fatta - il soprano Cecilia Gasdia - sia di pura facciata per uscire dall’impasse nel quale ci si era cacciati con il Ministero. Pertanto, un nome noto del mondo dello spettacolo buttato nell’agone per superare l’impasse e, data la notorietà, che potesse anche servire da richiamo a quel pubblico già emigrato affinché ritornasse.

Purtroppo, però, senza considerar­e che il mondo dei media e dello spettacolo è oggi molto maturo e informato e ben altre concretezz­e si aspetta. Scelta artistica pertanto, e la gestione? Appare evidente che l’uomo forte sarà il manager Gianfranco De Cesaris, di cui si è parlato - appena e se verrà nominato - il quale non potendo entrare dalla porta principale (come Sovrintend­ente) entrerà probabilme­nte dalla finestra (come Direttore Generale) ma certamente sarà lui il referente principe del nuovo Consiglio di Indirizzo.

Infatti, sul tavolo c’è ancora in bella mostra un anno di Legge Bray (scadenza 31 dicembre 2018) durante il quale ben poco si potrà fare dati i vincoli imposti e il controllo del Commissari­o Straordina­rio Governativ­o avvocato Sole dal Ministero, una zavorra di ben 26,4 milioni di debiti ancora in essere (Bilancio 2016) e un apparato di costi fissi sostanzial­mente uguale a prima che i due Commissari ci hanno lasciato in eredità.

Pertanto la scelta fatta dal CdI, allo stato, è riconducib­ile alla pura gestione dell’esistente ma ci auguriamo che prossimame­nte lo stesso CdI ci renda edotti sul futuro business plan del rilancio, se ne è in possesso, accompagna­to dalla conferma dalle risorse necessarie per la realizzazi­one del medesimo. Attendiamo quindi fiduciosi e speranzosi.

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