Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Legambiente: «Verona-Rovigo tratta da incubo ma su corse e flotta qualcosa migliora»
VENEZIA La tratta infernale è la Verona-Rovigo, nella top -four degli incubi dei pendolari italiani con la Roma-Lido, la Circumvesuviana e la Reggio Calabria-Taranto. Binario unico per quasi tutto il tragitto (96 chilometri), stazioni abbandonate e senza tabelle degli orari, convogli lentissimi degli anni Settanta, corse tagliate (oggi corrono 12 coppie di treni, erano 14 nel 2012) che a volte saltano a sorpresa, su questa tratta gestita dalla società regionale Sistemi Territoriali le cose vanno sempre peggio. E non è un modo di dire: 15 anni fa, infatti, il treno ci metteva 1 ora e 25 minuti per andare da un capoluogo all’altro; oggi impiega 16 minuti in piùì. Con in più la beffa di un biglietto tra i più cari d’Italia, calcolato nel tratto intermedio tra Fratta Polesine e Rovigo: 2,55 euro per 13 chilometri. La Regione ha promesso che le cose miglioreranno, ma per vedere all’opera gli annunciati 10 nuovi treni (ancora alimentati a diesel, perché la linea non è elettrificata), l’ammodernamento della fondamentale stazione-snodo di Legnago e l’eliminazione di alcuni passaggi a livello, bisognerà attendere perlomeno il 2019.
Per il Veneto, però, non ci sono solo ombre nell’edizione 2017 di «Pendolaria», il report annuale messo a punto da Legambiente sullo stato del servizio ferroviario in Italia, con l’aiuto dei comitati ed un esercito di volontari. La nostra regione, che peraltro ha firmato da pochi giorni il nuovo contratto di servizio con Trenitalia (4,4 miliardi fino al 2032, più un miliardo investito nell’acquisto di 78 nuovi treni di ultima generazione, «Pop» e «Rock»), è in continuo equilibrio tra ottimismo e pessimismo, magagne da sistemare e risultati da celebrare. Così, ad esempio, è vero che cresce il numero di quanti preferiscono il treno alla macchina (153.010 contro i 152.620 del 2011) ma è pur vero che l’aumento è modestissimo (+0,3%) e impallidisce di fronte alle performance delle nostre Regioni benchmark, come l’Emilia Romagna (205.000, +79,8%) o la Toscana (solo +0,8% ma per un totale di 234.000 utenti). Allo stesso modo, è vero che i servizi non sono stati tagliati, perché le corse sono state semmai razionalizzate con riduzioni dove la richiesta era minore e aumenti dove invece era maggiore, ma non sono neppure cresciuti, mentre i prezzi, quelli sì sono stati ritoccati all’insù, mediamente del 16,7%.
Legambiente riconosce gli sforzi fatti da Palazzo Balbi per il rinnovamento della flotta (al termine del nuovo contratto con Trenitalia sarà completamente sostituita e l’età media dei convogli calerà dagli attuali 17 anni a meno di 5) ma allo stesso tempo punta il dito contro la percentuale, da sempre troppo bassa, dedicata al ferro rispetto alla gomma (e all’asfalto) all’interno del bilancio regionale: lo 0,22% contro l’1,02% della Toscana e lo 0,37% dell’Emilia, per guardare sempre a Regioni simili alla nostra per popolazione e tessuto sociale (ma, giusto per curiosità, va detto che perfino la Campania ci batte con lo 0,98%). A conti fatti, il Veneto ha investito dal 2003 al 2017 93 milioni sulla ferrovia e 1 miliardo 94 milioni sulle strade (un rapporto 92 a 8) ed è evidente che in questo modo s’invoglia la gente ad andare
in garage, piuttosto che in stazione.
Per quanto riguarda le tratte, oltre alla già citata VeronaRovigo, restano sotto osservazione la Monselice-Mantova, la Treviso-Portogruaro, la Bassano-Padova e la VicenzaSchio, mentre hanno visto dei miglioramenti la PadovaMestre (la linea più affollata del Veneto con 30.000 viaggiatori al giorno), la VeneziaVerona e la Bologna-Venezia. Gli utenti dell’Alta Velocità possono rallegrarsi perché dal 1° maggio Italo accenderà i suoi nuovi pendolini Evo sulla tratta Torino-Milano-Venezia, finora gestita in monopolio da Trenitalia (le fermate saranno Verona, Vicenza, Padova e Mestre). Legambiente, infine, consiglia di potenziare con treni ogni 15-30 minuti nelle ore di punta la VeneziaPortogruaro, la Padova-Castelfranco e la Venezia-Castelfranco. Suggerito anche il completamento della Sfmr, la metropolitana di superficie, ma qui siamo alla chimera visto che se ne parla dal 1988 e i lavori sono ancora fermi al palo (vedasi le stazioni della Gazzera e di via Olimpia a Mestre dove si fatica perfino a trovare un’impresa disposta a prendere in mano i cantieri). Ma. Bo. © RIPRODUZIONE RISERVATA