Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il fuoco, l’antincendio, l’inquinamento La Vidori nel dossier sulle Ecomafie
Il disastro di Vidor all’esame della commissione Bicamerale. «Tanti interrogativi irrisolti»
VIDOR Il Veneto maglia nera nella classifica degli incendi scoppiati, nel 2017, negli impianti di smaltimento dei rifiuti. Roghi che, in meno di 3 anni, sono raddoppiati passando dai 35 del 2014 ai 66 (fino ad agosto) del 2017, e per la metà dei casi senza responsabili. Il dato arriva dalla relazione della Commissione Bicamerale Ecomafie sugli Incendi, presentata ieri alla Camera dai senatori Laura Puppato e Paolo Arrigoni e dai deputati Chiara Braga e Stefano Vignaroli. Un ampio passaggio del testo è dedicato al rogo del 18 agosto alla Vidori di Vidor: «Abbiamo valutato le indagini in corso, le circostanze che hanno portato all’incendio su cui permangono domande – spiega Puppato, senatrice trevigiana del Pd - come ad esempio sui due incendi precedenti visti dai cittadini e dal sindaco ma risolti in seno all’azienda con quella che viene chiamata “gestione domestica” dei roghi, senza intervento dei vigili del fuoco o dell’Arpav, i rifiuti in quantità anomala rispetto agli anni precedenti (trattandosi di periodo di ferie) e l’impianto di spegnimento privo d’acqua».
Valutazioni che la Commissione parlamentare ha espresso dopo la visita alla Vidori, il 4 dicembre scorso. «Per la procura, che ha aperto un fascicolo a carico di ignoti – scrivono i parlamentari -, il rogo potrebbe essere di natura dolosa, ma è in corso una consulenza tecnica per accertarne inequivocabilmente le cause». A preoccupare i parlamentari, però, sono anche le dichiarazioni rese dal sindaco Albino Cordiali durante l’ispezione. Tanto che il primo cittadino è stato risentito, con esame testimoniale, il 12 dicembre. Cordiali ha ricordato la grande preoccupazione per «il rischio ambientale e la paura di un inquinamento pericoloso», ma anche di un’anomalia di cui aveva saputo dal responsabile del Consorzio Ats: «La Vidori ha rifiutato l’allacciamento per l’impianto antincendio, dicendo che erano autosufficienti e si arrangiavano con la vasca sotterranea di acqua. Ci sono anche i documenti che lo attestano. Infatti, non adoperavano più l’acquedotto». Nella relazione, i parlamentari fanno anche riferimento alla notizia di reato presentata in procura dall’Arpav e relativa a un’ispezione del febbraio 2016 che avrebbe accertato «criticità e anomalie». Secondo gli ispettori, sulla carta l’azienda sarebbe stata a norma ma le verifiche avrebbero evidenziato che «la gestione tecnico operativa dell’impianto non garantisce un efficace controllo sulle operazioni e sulle caratteristiche dei rifiuti esitanti dai trattamenti. In particolare, la tracciabilità dei rifiuti trattati, risulta ricostruibile a livello documentale, ma non è correlabile alla realtà dell’impianto».
Restano domande su incendi precedenti e le anomalie sui rifiuti in giacenza
L’azienda non ha mai allacciato l’impianto alla rete idrica comunale