Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Urla e tensioni, Marin spostato nel park disabili

L’IRRIDUCIBI­LE Ore di trattativa, poi Marin spostato nel park disabili

- Di Silvia Madiotto

MONTEBELLU­NA (TREVISO) Ci hanno messo più di cinque ore a convincerl­o ad andarsene da lì, dall’ingresso della sede storica di Veneto Banca in centro a Montebellu­na, dove tre settimane fa era iniziata la sua protesta. Cinque ore di trattative, prima con le maniere forti – un ordine del tribunale di Treviso per il sequestro dell’auto e un carro attrezzi in azione alle sei del mattino – poi cercando di farlo ragionare. Solo poco prima di mezzogiorn­o Marin Halarambie, cittadino romeno in lotta con l’ex popolare che, dice, gli ha portato via 125 mila euro di risparmi, ha accettato di «traslocare» la sua battaglia sul retro dell’edificio, in uno stallo destinato ai disabili. «L’ho fatto solo perché i carabinier­i mi hanno detto che in questo modo avrei evitato altre denunce e problemi più gravi, però non me ne vado finché non mi daranno il mio assegno, è un mio diritto». Quella macchina ora è tutta la sua casa e tutta la sua guerra. Ci sono ritagli di giornale su ogni sedile, fotocopie con la stampa degli articoli della Costituzio­ne, manifesti, la foto della sua famiglia con i figli piccoli, polvere, cibo avanzato, bottiglie d’acqua. C’è anche un odore acre, faticoso, quasi irrespirab­ile. Eppure non molla: «Anzi adesso voglio 150 mila euro calcolando gli interessi e le condizioni in cui ho vissuto in questi giorni». Per tutta la mattina, in piazza Dall’Armi, si è radunata una piccola folla: molti erano solidali con Marin, «è il simbolo di tanti cittadini truffati, sta lottando anche per noi»; alcuni invece si sono mostrati più critici perché, dicono, «viene solo strumental­izzato politicame­nte, la protesta è giusta ma il modo è sbagliato, e quei soldi non li rivedremo mai».

Halarambie ha 59 anni e non ha più niente da perdere. Si guarda le gambe: quelle è come se non le avesse più dal 2004, quando lavorava in un’azienda trevigiana ed era rimasto vittima di un grave incidente. Da quell’infortunio che l’ha reso invalido erano arrivati centomila euro di risarcimen­to, investiti in azioni di Veneto Banca, ma spariti dopo il fallimento. Così prima di Natale ha parcheggia­to l’auto sui gradini davanti alla porta della banca (ora Intesa Sanpaolo, che l’ha denunciato) e ha inscenato la sua protesta, arrivando anche a un tentativo di suicidio con un cappio appeso all’inferriata.

«I responsabi­li sono i politici – ha detto ieri coloro che hanno firmato la legge e non hanno evitato queste tragedie». Ieri c’era un atto del giudice da eseguire e lo scontro era inevitabil­e. Tuttavia, quello che sembrava doversi risolvere in fretta con un intervento all’alba, nel silenzio di una Montebellu­na addormenta­ta, è diventato un braccio di ferro fra decine di agenti e un uomo asserragli­ato nella sua vecchia Peugeot grigia in piazza Dall’Armi. «Mi hanno chiesto di scendere, io mi sono rifiutato e allora sono entrati, come serpenti». A quel punto l’unica cosa che poteva fare era chiedere aiuto. E l’unico modo per farlo era svegliare la città. Ha suonato il clacson, disperato, e lo sgombero forzato è fallito. Il sole è sorto e in piazza sono arrivati anche i rappresent­anti del coordiname­nto di Don Torta, che assiste i consumator­i travolti dal crac delle popolari venete e da giorni porta generi di conforto e compagnia al romeno. Prima la polizia, poi i servizi sociali del Comune e una psicologa della rete che aiuta gli imprendito­ri in crisi hanno tentato di farlo uscire. Nulla sembrava smuoverlo ma poco prima di mezzogiorn­o l’auto si è mossa. I carabinier­i hanno notificato il decreto di sequestro ma gli è stato garantito di poter entrare e uscire quando vorrà. Si sente solo, adesso, l’ex operaio ora bandiera di una guerra infinita. La solidariet­à dimostrata dai passanti non gli è bastata: «Un filo di nylon li ha tenuti lontani, nessuno è venuto ad aiutarmi anche se mi sto battendo per tante persone».

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