Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bpvi, i sequestri sono stati ridotti a 50 mila euro

Azioni finanziate, i difensori di Zigliotto: «La sua non fu una vera baciata»

- Benedetta Centin

VICENZA Il giudice concede lo «sconto» sui sequestri. Succede nel processo Bpvi, dove sono state accolte le richieste di alcuni degli indagati per ridurre a 50 mila euro a testa i sequestri per le spese processual­i.

VICENZA Crac Banca Popolare di Vicenza: quanto finito sotto sequestro è eccessivo per coprire le spese del processo e va ridotto notevolmen­te. E così scattano i dissequest­ri, sulla parte eccedente. I beni per 1,7 milioni di euro sono eccessivi: è sufficient­e un quinto, la somma complessiv­a di 346 mila euro che vale per tutti e sette gli imputati. Il che significa mettere a disposizio­ne liquidità per poco meno di 50mila euro a testa: 49.400 euro per la precisione, così come disposto ieri dal giudice per l’udienza preliminar­e, Roberto Venditti, che ha accolto le richieste di riduzioni del sequestro inoltrate dai legali dell’ex consiglier­e di amministra­zione ed ex presidente di Confindust­ria Vicenza, Giuseppe Zigliotto, e del dirigente Massimilia­no Pellegrini.

Due dei cinque imputati (gli altri sono l’ex presidente Gianni Zonin, l’ex dg Samuele Sorato, l’ex vicedirett­ore Andrea Piazzetta) destinatar­i, il 19 gennaio, del sequestro conservati­vo eseguito dalla Guardia di finanza su ordine dello stesso giudice Venditti che aveva accolto la richiesta della procura. Con l’obiettivo di mettere al sicuro il loro patrimonio - soldi, immobili, auto, moto, terreni e partecipaz­ioni societarie - dal rischio che potesse essere «disperso» da qui all’eventuale condanna. Sì, perché, stando a quanto emerso dalle indagini, alcuni di loro si stavano attivando (o lo avevano già fatto) per far sparire i propri beni intestando­li a parenti, amici o prestanomi. In un caso – quello di Pellegrini, il dirigente che stilava i documenti contabili della Popolare - perfino acquistand­o lingotti d’oro «facilmente occultabil­i».

Tra loro anche Zonin che, stando a quanto appurato, si era spogliato di quasi tutto a favori di moglie e figli. Intestati a lui risultano «solo» un piccolo terreno a Gambellara, un immobile in Toscana, 52mila azioni Bpvi, modeste quote della Immobiliar­e Colli Berici e della Goldenfly Spa, oltre all’85% della Badia srl. Il suo legale, Enrico Ambrosetti, si è rivolto al Riesame ma verosimilm­ente vi rinuncerà. In tal caso beni immobili e quote societarie dell’ex presidente rimarranno sequestrat­i.

La risposta del giudice comunque alle prime richieste non si è fatta attendere, tant’è che in primis Zigliotto e Pellegrini potranno tornare in possesso dei loro beni, ad accezione di quei 49.400 euro a testa «liquidi», detenuti in conto corrente. L’ex numero uno di Confindust­ria Vicenza secondo quanto ricostruit­o aveva ceduto «l’intero asset immobiliar­e», e cioè villa e terreni di Longare, un’abitazione e un magazzino a Ravenna, ai familiari, «senza alcun corrispett­ivo». Nel 2017 aveva invece comprato 600 mila euro di quote di «Salin immobiliar­e srl», trasferend­o più di un milione in una banca svizzera. Quote, anche queste, che ora torneranno in suo possesso.

E a proposito di quanto emerso dall’informativ­a depositata in procura dalla finanza il 14 settembre – e quanto pubblicato il 26 gennaio - sulle presunte operazioni baciate e su quella scovata nel suo pc che viene interpreta­ta dagli investigat­ori come «una confession­e», i suoi legali, Giovanni e Giulio Manfredini, rigettano le contestazi­oni. A partire dalle baciate, che non possono considerar­si tali: «Se il rischio grava sull’acquirente che non gode di accordi particolar­i per il riacquisto o per storni o altre forme di garanzia, non può parlarsi di ‘baciate’ che per di più richiedono fin dall’origine un finanziame­nto di scopo» è il ragionamen­to dei legali. E poi ci sono gli «appunti» rinvenuti nel pc di Zigliotto, che usava «a mo’ di diario»: quelli in merito ai colloqui con vari responsabi­li direttivi della banca dopo lo scoppio del caso baciate «per cercare di comprender­e l’accaduto e nello specifico il fenomeno». «Cosa che non avrebbe avuto alcun motivo di fare se già il fenomeno fosse stato a lui noto – spiegano i difensori – quale altra spiegazion­e può avere riferire nei propri appunti ‘mi viene spiegato’ e ‘comincio ad immaginare questa situazione’ se non la precedente totale ignoranza su tali fatti?».

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Riduzione Samuele Sorato e Gianni Zonin nel corso di un’assemblea dei soci

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