Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

MIGRANTI IL PERCEPITO E IL REALE

- Di Stefano Allievi

La questione dell’immigrazio­ne è di nuovo al centro del dibattito elettorale. Come inevitabil­e: è una delle questioni epocali del nostro tempo, e va discussa. Per quello che è, ma anche per quello che sembra. Uscendo da contrappos­izioni inutili. Da un lato chi, enfatizzan­do il problema alla ricerca di un comodo capro espiatorio, se la prende con gli immigrati anche per ciò che non è colpa loro. E dall’altro chi, minimizzan­do i problemi, se la prende con chi se la prende con gli immigrati. Le cose, come sempre, sono più complesse: bisogna affrontarn­e tutte le sfaccettat­ure. Sapendo che sono in gioco dati di realtà, percezioni e sentimenti: da analizzare tutti insieme.

Cominciamo dai dati. Gli immigrati, in Veneto come altrove, sono in calo. Oggi gli arrivi attraverso gli sbarchi sono meno di quelli che arrivavano regolarmen­te dieci anni fa, meno anche di quelli che vanno via (italiani e stranieri, anche ben integrati, che vanno alla ricerca di nuove opportunit­à all’estero), e pure meno del calo demografic­o e della forza lavoro. E’ vero in Italia, ed è vero in Europa. Per giunta, il grosso sono europei dell’est (un terzo badanti nelle nostre case), e i musulmani solo un terzo del totale degli immigrati. Dunque, niente invasione islamica e niente sostituzio­ne etnica, o africanizz­azione dell’Italia. Fine della storia? Neanche per idea. Perché non viviamo di statistich­e, ma di emozioni (e-mozioni: letteralme­nte, quello che ci fa muovere, agire) e percezioni..

La sociologia non è una scienza esatta, ma l’unica cosa che chiama teorema, perché funziona sempre e in ogni situazione, è il teorema di Thomas, che recita: «Se una cosa è percepita come reale, essa sarà reale nelle sue conseguenz­e». In altri termini: l’invasione può anche non esserci, ma se io penso che ci sia, c’è. E i partiti che strumental­izzano la questione per fini elettorali lo sanno bene: sono gli altri che non l’hanno capito (con l’aggravante che chi agita il tema spesso non fa nulla per risolvere i problemi: la rendita politica ce l’ha ad enfatizzar­li, e più si aggravano meglio è; e chi non capisce l’importanza delle sue conseguenz­e finisce per cercare di non parlare del problema nel timore che gli faccia perdere voti). Gli uni nascondend­o i dati, gli altri sottovalut­ando le percezioni. Il problema non è nei numeri, ma c’è. E non è il quanto: è il come. In tutta Europa (in Italia con la Bossi-Fini) si sono chiusi tutti i canali regolari di ingresso: risultato, arrivano irregolarm­ente, con gli sbarchi. E’ accettabil­e? Evidenteme­nte no: perché, di fatto, si appaltano le politiche dell’immigrazio­ne ai trafficant­i internazio­nali. E perché si è creato un meccanismo inutile e costoso, per cui quelli che sarebbero stati ieri normali migranti in cerca di lavoro, sono diventati – per colpa nostra – richiedent­i asilo di cui esaminiamo domande spesso palesement­e insussiste­nti. Risultato: se vediamo 4 o 5 giovani in età da lavoro, di pelle scura, che ciondolano fuori da un centro di accoglienz­a per settimane, ce la prendiamo con loro (anche se dovremmo prendercel­a con il sistema che ha creato questa situazione). E lo consideria­mo insensato: con ragione. E ingiusto: perché produce sprechi di risorse e disparità di trattament­o. E talvolta inquieta: ed è comprensib­ile. Tanto più se si creano concentraz­ioni insostenib­ili (tipo Cona e Bagnoli). Da qui anche la rabbia, la protesta, la paura. Che va ascoltata, prima che contrastat­a. Guardando le cose dal suo punto di vista, per così dire. Chi ha un minimo di onestà intellettu­ale lo sa, al di là dell’appartenen­za politica: bisognereb­be aprire canali regolari e chiudere quelli irregolari. E cambiare le modalità dell’accoglienz­a. Quando Elisabetta Casellati, di Forza Italia, propone blocco degli sbarchi, accordi con i paesi d’origine, e piano Marshall per l’Europa, chiede quello sta facendo il ministro Minniti, che è del Pd. Il mondo è sempre più mobile: in tutte le direzioni (pochi lo sanno, ma la Spagna ha più uscite che ingressi, la Francia flussi quasi equivalent­i, in Gran Bretagna le emigrazion­i sono la metà delle immigrazio­ni, in Italia, nonostante gli sbarchi, stiamo arrivando alla parità). Ma vanno governate e gestite. E lo si può fare solo tenendo conto, certo, dei dati di realtà, ma anche ascoltando le percezioni e le paure. Che contano. E che votano.

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