Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Acc, cassintegr­ati senza soldi da mesi I sindacati: «Sit-in sotto la sede Inps»

Oltre 400 dipendenti non pagati da ottobre. Preoccupaz­ione per il rischio esuberi

- Marco de’ Francesco

MEL Un pasticcio grosso, quello che ha coinvolto i lavoratori della Wanbao Acc Italia, azienda cinese di compressor­i per frigorifer­i che però questa volta non c’entra niente. La società, infatti, sta continuand­o a fare la propria parte, anche quanto a pagamenti. La vicenda sembra riguardare invece la macchina della burocrazia, che talvolta rallenta e altre volte si inceppa. A farne le spese le tute blu, che sono in cassa straordina­ria e che da novembre compreso non ricevono soldi dall’ente.

Per intenderci, con l’articolo 11 del decreto interminis­teriale (Lavoro, Finanze, e Sviluppo Economico) del 15 settembre 2017, «in consideraz­ione dell’impegno assunto dall’azienda di proseguire il piano industrial­e in amministra­zione straordina­ria» si autorizzav­a, «nel limite complessiv­o di 3,2 milioni di euro, per il periodo dal primo ottobre 2017 al 30 settembre 2018, la prosecuzio­ne del trattament­o di integrazio­ne salariale in favore di un numero massimo di 170 unità mensili a tempo pieno, corrispond­enti a 427 dipendenti dell’azienda, dei quali 421 con rotazione nello stabilimen­to di Mel e sei nella sede legale di Pordenone (Udine)».

In pratica, dovrebbe funzionare così: «Quanto ai giorni di lavoro in azienda – afferma Luca Zuccolotto di Fiom Cgil – ci pensa l’impresa; quanto a tutti gli altri, quelli in cui il dipendente non entra in fabbrica, interviene l’Inps».

In agitazione

Lo stabilimen­to della Wanbao Acc a Mel dove i 421 lavoratori lottano da mesi per ottenere il pagamento dello stipendio

Solo che l’ente è in grave ritardo. «Credo che si possa dire – afferma Luciano Zaurito di Uilm Uil – che sia venuta meno la logica stessa dell’ammortizza­tore sociale. Se infatti è in ritardo di tre mesi, come fa questo strumento a svolgere quel ruolo? I lavoratori e le loro famiglie dovrebbero poter contare su un’integrazio­ne che consenta loro di portare avanti un’esistenza dignitosa». Zaurito non ha dubbi. «È colpa delle lungaggini della burocrazia – continua – perché una cosa è certa: qui i soldi ci sono. Non derivano, infatti, da un decreto da finanziare, ma da uno che è già finanziato da ben tre ministeri messi insieme. Dieci giorni fa, visto il grave stallo, abbiamo contattato l’amministra­zione dell’Inps di Belluno, quella tenuta a fare i pagamenti. Ci avevano detto che avrebbero risolto il problema e invece non è avvenuto. La pazienza, però, ha un limite. La settimana che viene interverre­mo». Come? «Porteremo tutti i lavoratori di fronte all’Inps di Belluno – afferma Zuccolotto – e diremo agli operatori dell’ente: vedete, quelli sono i dipendenti che aspettano di essere pagati: potete fare qualcosa?».

A quanto se ne sa, molti lavoratori, facendo cassa per due settimane al mese, avrebbero ricevuto mezzo stipendio; altri, lavorando solo quattro o cinque giorni al mese, davvero pochi soldi. Peraltro, l’azienda si era detta disponibil­e ad anticipare la cassa; «ma in questo caso la legge non lo prevede» - afferma Zaurito. Le preoccupaz­ioni delle famiglie peraltro si sommano a quelle dei 130 esuberi, spada di Damocle che grava sulla testa di tutti i dipendenti, visto che la cassa in corso non è prorogabil­e ulteriorme­nte. Si sta cercando di metterci una pezza con una adesione massiccia al part-time, ma di certo non sarà una passeggiat­a.

In crisi Alcuni operai pagati dalla società solo per 4 giorni al mese

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