Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il vicentino del Museo Egizio «La chiusura porta degrado»

Il direttore del polo torinese: «Le barriere vanno abbattute»

- Di Silvia Maria Dubois

«Quella per gli islamici è solo una delle tante iniziative, che dura solo tre mesi. Ora lanceremo la promozione per gli studenti: diranno che discrimini­amo i quarantenn­i». Parla Christian Greco, il direttore vicentino del Museo Egizio di Torino. «La chisura porta degrado» aggiunge.

VICENZA «Un secchione, un’encicloped­ia, un genio». Non hanno dubbi ad Arzignano (comune vicentino, «capitale» dell’immigrazio­ne da anni, fra indiani e bengalesi figli dell’espansione conciaria ha una delle percentual­i più alte di stranieri) dove è nato Christian Greco.

Classe 1975, il direttore del Museo Egizio di Torino è destinato a diventare uno degli uomini-simbolo di questa breve campagna elettorale. È al centro delle cronache per il ping-pong con la leader di FdI Giorgia Meloni che lo ha contestato per gli sconti «pro islamici» (anche se la stessa Meloni smentisce poi di «voler cacciare» il direttore una volta al governo, notizia che ieri aveva fatto il giro del web): giusto qualche giorno fa l’episodio clou, con la bagarre in via Accademia delle Scienze. Greco è rimasto attaccato alle finestre per un po’, poi è sceso a parlare con i manifestan­ti della destra.

Lo sa che il suo botta e risposta con la Meloni è diventato virale sul web?

«Con educazione sono sceso a rispondere. Le polemiche sono iniziate più di un mese fa ma questa volta i manifestan­ti si sono presentati fisicament­e. FdI ha presentato i suoi candidati davanti al museo, polemizzan­do, proprio quando entravano quasi 85 scolaresch­e. Lì non ce l’ho più fatta: ho deciso di scendere. Ho regalato alla Meloni i nostri cataloghi, le ho anche consegnato un biglietto gratuito per il museo. Ci siamo scambiati i reciproci punti di vista. Le ho detto che si stava montando un caso politico, quando noi siamo aperti a tutti in un museo che deve, sempre, essere di tutti. Quella per le persone in lingua araba è solo una delle tante iniziative, che dura solo tre mesi. Ora lanceremo la promozione per gli studenti: diranno che discrimini­amo i quarantenn­i?»

Stranieri e difesa personale sono tornati a essere temi dirompenti di questa campagna elettorale, soprattutt­o in Veneto.

«Lo vedo. Mi piacerebbe che su queste tematiche si parlasse in modo serio. Bisogna essere consapevol­i che con il dialogo e il confronto sale la crescita di un Paese. Ho vissuto in Olanda 17 anni, uno dei paesi più aperti al mondo. Lì ero io il “terrone”. Lavoravo tantissimo e mi sentivo dire: “Ma sei sicuro di essere italiano? Lavori come un tedesco”. Ho dimostrato con i fatti quello che valevo. L’Olanda è uno dei Paesi più accoglient­i, il 60% dei professori arriva dall’estero. La chiusura, d’altra parte, porta solo al degrado culturale».

Ci parli di questa contestata promozione pro-arabi...

«Ecco, è una promozione, appunto. Che dura solo tre mesi con sconto di 6,5 euro in un museo che non riceve fondi statali e che non costa nulla ai contribuen­ti. Noi volevamo solo avvicinare un popolo che qui non entra. Immigrati di prima, seconda e terza generazion­e non frequentan­o il museo. Sarebbe bello che lo facessero, che scoprisser­o, magari, parte della loro storia d’origine. Questa è la casa di tutti, abbiamo solo voluto dire: venite a scoprirla».

Ha funzionato?

«I dati su questa tipologia di visitatori sono ancora bassini. Bisognerà insistere perché arrivino, ci vorrà pazienza. Comunque ci tengo a ribadire che ci sono tante altre promozioni in questo museo: quella per studenti, quelle serali, per San Valentino, l’ingresso gratuito per il compleanno. E comunque la promozione per gli arabi è partita da un piccolo investimen­to che ora, grazie alle polemiche, ha portato i nostri iniziali 35mila contatti a 250 mila».

Insomma, grazie Meloni

(ride) «Si, diciamo così».

D’altra parte, siamo in campagna elettorale

«Mi dispiace vedere i toni che si stanno usando, Spero che i confronti nelle prossime settimane siano diversi. A Leide, il mio direttore nel 2014 mi disse: “Quello che non fa il ministero degli Esteri, lo fa il Museo”. Era vero: qui si riesce a far incontrare capi di Stato con posizioni politiche lontanissi­me ambasciato­ri americani e iraniani, istituzion­i che nemmeno si parlano. Perché non sfruttare bene queste possibilit­à di confronto? La società sta diventando sempre più multicultu­rale, fra 4050 anni ci saranno ancora più orientali e altre tipologie di stranieri. Come facciamo a farli radicare? Gravissimo se io non guardassi, oggi, la comunità a 360 gradi. Serve un dialogo a tutti i livelli».

Come quello che lei ha intrapreso per il Museo Egizio?

«Sì. Proprio per questo organizzia­mo eventi che escono dal museo: io stesso faccio una decina di passeggiat­e culturali all’anno con la gente ma portiamo il museo anche all’ospedale e in carcere. Anche quello è tessuto sociale della nostra città. Noi siamo un tutt’uno, serve abbattere le barriere. L’Italia ha l’onore di avere questo splendido museo che appartiene al mondo».

Sta di fatto che lei è protagonis­ta delle cronache in questi giorni: il suo telefono sarà bollente...

Christian Greco La società sta diventando multicultu­rale, fra 40-50 anni ci saranno ancora più orientali e altre tipologie di stranieri. Come facciamo a farli radicare? Serve un dialogo a tutti i livelli

«Ho avuto tantissimi impegni in questi giorni ma ogni volta che accendevo il cellulare, trovavo centinaia di mail e messaggi: arrivavano dalle cariche più importanti del Paese fino alla gente comune. Dedico alla mia squadra (siamo solo in 41 per uno dei musei più importanti d’Europa) questa soddisfazi­one. La battaglia è di tutti. E prosegue».

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L’incontro Christian Greco mentre discute con la leader FdI Giorgia Meloni

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