Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Molinetto, capo d’accusa da riscrivere
Non c’è nesso di causa tra contestazioni e morti alla festa dei Omi 2014. Pm al lavoro
TREVISO Nel capo d’imputazione manca il nesso di causa tra la contestazione mossa agli imputati, tecnici comunali di Refrontolo e presidente della locale Pro loco, e le quattro morti nella piena del Lierza la notte del 2 agosto 2014, durante la Festa dei Omi. Il giudice ha imposto un nuovo stop al processo per il disastro del Molinetto della Croda, chiedendo al pm di riformulare il capo d’imputazione e scusandosi coi parenti delle vittime per i tempi lunghi.
REFRONTOLO Nel capo d’imputazione manca il nesso di causa tra la contestazione mossa agli imputati e la morte di Maurizio Lot, Giannino Breda, Luciano Stella e Fabrizio Bortolin trascinati via dal Lierza in piena la notte del 2 agosto 2014, durante la Festa dei Omi.
Per questo il giudice per l’udienza preliminare Angelo Mascolo ha imposto un nuovo stop al processo per il disastro del Molinetto della Croda.
Il giudice ha chiesto al pubblico ministero Mara Giovanna De Donà, di riformulare il capo d’imputazione a carico dell’architetto Annalisa Romitelli, all’epoca dei fatti responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Refrontolo, del geologo Celeste Granziera che per conto dello Studio Tepco ha redatto il Pat comunale e del presidente della Pro Loco Valter Scapol che, in concorso, devono rispondere di omicidio colposo plurimo.
La tragedia, secondo quanto contestato dal pm Laura Reale (che ha coordinato le indagini e chiesto il rinvio a giudizio dei quattro imputati prima di lasciare la procura di Treviso), si è consumata perché il tendone della Festa dei Omi travolto dalle acque del fiume Lierza, non doveva essere in quel luogo.
Nel Pat (Piano di assetto del territorio) quella zona era classificata come non esondabile, mentre in precedenza era prevista a rischio esondazioni e così è stata classificata dopo il disastro nel nuovo Pat adottato dal Comune (con una nota tecnica aggiuntiva che ne vieta l’utilizzo).
Per questo, è stato chiesto il processo per Saccon, Romitelli e Granziera. Diversa la posizione di Scapol, al quale viene contestato di aver concesso il tendone senza chiedere l’autorizzazione al Comune e senza osservare le norme di sicurezza. Secondo il giudice preliminare Mascolo però, la contestazione, così com’è formulata, non sarebbe sufficiente a stabilire il nesso di causa, cioè la correlazione tra il mancato inserimento nel Pat e la morte dei quattro partecipanti alla festa, travolti e trascinati via dal fiume in piena.
La sola classificazione come zona esondabile non avrebbe, infatti, evitato che la piena spazzasse via la tensostruttura della Pro Loco. Né che la tensostruttura si trovasse in quel luogo dove stava da dieci anni e dove, ad agosto, ospitava la Festa d’Estate con centinaia di partecipanti.
Per evitarlo sarebbero serviti appositi divieti e norme precise imposti dal Comune. Così come un controllo dell’area, con un monitoraggio della piena, come avviene per tutte le aree a rischio del territorio.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 3 aprile, su richiesta del pubblico ministero, per avere il tempo necessario a riformulare il capo d’imputazione sulla base di queste ulteriori valutazioni.
Inevitabilmente quindi, i tempi del processo si allungano e di questo, durante l’udienza, il giudice Mascolo si è scusato con i parenti delle vittime che si sono costituiti parte civile, i famigliari di Maurizio Lot e il fratello di Fabrizio Bortolin, assistiti dagli avvocati Carlo Broli e Omar Bottaro: «Mi dispiace – avrebbe detto in aula il magistrato -, ma questo è il modo corretto di procedere per un giusto processo».
La zona della festa
Il pericolo idrico non indicato nel Pat per l’area non è sufficiente