Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Vicenza, maglia a prova di hacker è suo il «derby della bellezza»
Finalissima sul web, battuto il Venezia con la divisa della Coppa
Ormai è assodato, gli PADOVA hacker ci guardano, 24 ore su 24. E, quando gli gira, attaccano e falsificano. Se, come riferiscono molte cronache relative al «Russiagate», lo fanno quelli assoldati da Putin per far vincere a Donald Trump le elezioni americane, c’è da inquietarsi.
Ma se il blitz informatico riguarda le maglie da calcio «storiche» di Vicenza e Venezia nella finalissima virtuale, disputata a colpi di migliaia di like arrivati da tutta Italia, della «Machenesanno’s Cup», la tentazione più forte è spegnere tutto, riservando le comunicazioni importanti di nuovo a carta, penna e francobollo. Per fortuna, sempre a proposito di tecnologia, la Machenesanno’s Cup ha un suo «Var», che funziona meglio di quanto si veda talvolta in serie A, scucendo dalle maglie arancioneroverdi dei lagunari lo scudetto della nostalgia, per assegnarlo a quelle biancorosse che i giocatori berici indossarono il 29 maggio 1997, nella finale di Coppa Italia vinta contro il Napoli. Seguirà, domani mattina a Vicenza, nella sede dell’Associazione italiana calciatori, la cerimonia di premiazione con «titolo» consegnato nelle mani di Fabio Viviani, uno che di quella squadra, allenata da Francesco Guidolin, è stato una bandiera. Fosse andata diversamente, non si potrebbe raccontare il lieto fine di una storia che è stravagante esattamente come lo sono milioni di italiani dell’anno 2018: disamorati di tutto, ma non ancora della squadra del cuore.
Forte di questa convinzione il milanese Andrea Bini, che lavora nella comunicazione, si inventa nel 2015 la pagina facebook «Serie A Operazione Nostalgia», rivolta a quanti intendono il calcio anche come insostituibile memoria, pubblica e privata. «Chiamati» dalle sue rievocazioni della Coppa delle Coppe vinta nel 1999 dalla Lazio di Vieri & Salas, piuttosto che del minuscolo Castel di Sangro per due anni di fila protagonista in serie B, i contatti diventano presto centinaia di migliaia, ispirando iniziative amarcord a catena. Una di queste è la «Machenesanno’s Cup», torneo a eliminazione diretta fra le maglie più amate di vent’ anni fa: dai turni di qualificazione alla finale vince la divisa che riceve più like di gradimento nel tempo stabilito. Come suggerisce il nome maccheronico, la competizione è fatta apposta per attrarre sul web quei tifosi, soprattutto di provincia, gelosamente legati alla squadra della propria città non certo dagli scudetti di Inter o Milan, ma da ragioni sentimentali e familiari che perderebbero tempo a cercare di spiegare a quanti hanno occhi solo per la Champions’ League. Tipi da liquidare, per l’appunto, con un altezzoso «ma che sanno, quelli?».
Ciò spiega prima l’uscita ai quarti dell’Inter marchiata Pirelli e della Juve a righe esagerate di Lippi, poi le semifinali che oppongono da una parte la storica casacca biancorossa di capitan Gianni Lopez al rosso grifone del Perugia del presidente Gaucci, e dall’altra la casacca asfalto tricolore indossata dal Venezia di Alvaro Recoba alle bianche divise di un Parma da gita a Wembley, dove peraltro vincere la Coppa delle Coppe del ’93. Ne scaturisce il derby veneto della finale, «partita» digitale inevitabilmente destinata a chiudersi sul filo di lana tra un Venezia appena risalito in B e da un Vicenza appeso, in serie C, alle incerte sorti di un fallimento pilotato. Nel giorno previsto votano infatti in dodicimila, con «like» che arrivano da tutta Italia. A pochi minuti dalle 12 del 6 febbraio, ora fissata per la fine della sfida, i biancorossi, avanti di cento voti, vengono in un amen scavalcati da trecento gradimenti arrisi ai neroverdi. Troppi, e per di più provenienti da profili falsi, scritti, guarda un po’, in caratteri cirillici. Il pronto riesame delle preferenze restituisce il trionfo ai veri vincitori. Con una tempestività e una trasparenza che a Washington e Mosca, per ora, non fa testo.