Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Nomadi dentro» Rock e impegno al Gran Teatro Geox

La storica band presenta a Padova l’ultimo album. Il fondatore Carletti: «Yuri, il nuovo cantante, ha voce possente e grande presenza scenica Il Nobel a Bob Dylan? Ci sta, personalme­nte lo darei anche a Guccini»

- Verni

«Essere “Nomadi dentro” vuol dire credere in quello che si fa e portarlo in giro a testa alta. I Nomadi sono un viaggio senza fine, intrapreso quasi per scherzo, che poi è diventato una cosa seria che dura da 55 anni». Beppe Carletti, fondatore e musicista dei Nomadi, spiega così il nuovo album che ha deciso di presentare nella tournée teatrale che sabato sarà al Gran Teatro Geox di Padova (ore 21.30, info www.zedlive.com).

Perché la scelta di presentare «Nomadi dentro» in un tour teatrale?

«Questo disco si presta molto al teatro, ci sono dei testi che vanno ascoltati. Il teatro è il posto migliore, specialmen­te per chi li sente per la prima volta».

«Decadenza», il primo singolo, è una canzone molto dura. Il presente è così disperante?

«È disperante ma c’è spazio per migliorare. Abbiamo quasi toccato il fondo, non ci resta che risalire. Tutte le nostre canzoni descrivono il momento che stiamo vivendo».

I Nomadi hanno sempre toccato temi come l’ecologia, l’antimilita­rismo, la pace e la giustizia. Rispetto agli esordi, la situazione è migliorata o peggiorata?

«Direi che è peggiorata. Il caos che c’è adesso politicame­nte prima non c’era. Molte cose sono rimaste come erano: cantiamo ancora Dio è morto e sembra scritta oggi».

La musica può cambiare il mondo?

«Non può cambiare il mondo, la musica serve a raccontarl­o. Quando Bob Dylan negli anni Sessanta raccontava la guerra del Vietnam, non l’ha fatta fermare, ma mise al corrente il pubblico di quello che stava accadendo. Con una canzone è più facile farlo».

E del Nobel a Dylan che cosa ne pensa? «Mi sembra bello dare il

premio Nobel della letteratur­a a un cantante. Ci sta che l’abbiano dato a Dylan, è un grande artista dei nostri tempi. Personalme­nte lo darei anche a Francesco Guccini».

Guccini ha deciso di smettere con la musica, è un’idea a cui ha mai pensato? «Quando è morto Augusto (Ndr, Daolio) ci ho pensato

davvero bene, era una grande responsabi­lità continuare senza di lui. Poi ho capito che continuand­o lo avremmo fatto rivivere».

Oggi per chi suona?

«Suono per me e, facendo questo, suono per la gente. Faccio il mestiere più bello del mondo, ci divertiamo, ti applaudono e ti pagano: non è una cosa così scontata».

Yuri Cilloni è il nuovo cantante dei Nomadi, come mai è stato scelto e che cosa non andava più bene nel padovano Cristiano Turato?

«Con Cristiano c’era un contratto di cinque anni e arrivati alla scadenza siamo andati ognuno per la propria strada. Yuri è arrivato al momento giusto. Ha una voce possente e una grande presenza scenica. Per me è un cerchio che si chiude, abbiamo iniziato con una voce emiliana come quella di Augusto e adesso c’è Yuri».

Tornerebbe mai sul palco dell’Ariston?

«Certo, non la trovo una cosa blasfema. L’importante è rimanere fedeli a se stessi».

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Mito Giuseppe «Beppe» Carletti, fondatore dei Nomadi, in concerto
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