Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Salvini in piazza: basta divisioni, batteremo Manildo
Il leader leghista lancia i candidati di Marca: «Stop ai profughi a Treviso». L’appello a Genty
TREVISO La presentazione dei candidati leghisti al parlamento, organizzata in piazza dei Signori con la benedizione di Salvini e Zaia per ricompattare le truppe leghiste, è stata anche l’occasione per chiamare a raccolta tutto il centrodestra in vista delle elezioni comunali di primavera, lanciando ultimi (ma non accorati) appelli a Giancarlo Gentilini e ai suoi fedelissimi che hanno rotto il fronte padano: «Basta divisioni, dobbiamo essere uniti contro il centrosinistra» ha detto il candidato sindaco Mario Conte. «Le porte del K3 sono sempre aperte, ci rivolgiamo a tutti» ha sottolineato il segretario provinciale Dimitri Coin, e per tornare lì dove tutto era cominciato, in municipio a Ca’ Sugana, si torna al vecchio simbolo: «Alle amministrative sarà Lega Nord».
Ieri sotto la Loggia dei Trecento - che per dirla con le parole del presidente della Regione Luca Zaia «è un luogo che per noi leghisti porta fortuna, tutte le nostre campagne sono cominciate qui» - è arrivato anche Matteo Salvini, leader nazionale. Non è stato solo un comizio per incitare la calata su Roma, ma ben ancorato alla realtà trevigiana: profughi, imprese, perfino un accenno al Tiramisù. Ma se quello è stato solo un accenno, la questione immigrazione è impellente: «L’ex caserma Serena ci costerà 8 milioni di euro nel 2018, basta profughi. Con la Lega al governo ne sbarcheranno meno e ne rimpatrieremo di più. Per chi scappa dalla guerra Treviso sarà casa, ma è generosa e accogliente prima coi trevigiani e gli italiani».
Attorno aveva i candidati di Marca, presentati uno per uno dal segretario regionale Gianantonio Da Re, introdotti come «uomini e donne di buona volontà»: eccoli quindi Ingrid Bisa, Massimo Candura, Dimitri Coin, Angela Colmellere, Marica Fantuz, Sonia Fregolent, Franco Manzato, Giuseppe Paolin e Gianpaolo Vallardi. Il momento ufficiale è stato organizzato in piazza assieme a Salvini e Zaia per tentare di mettere a tacere le polemiche sulle candidature scelte dalle segreterie e l’esclusione degli uomini più vicini al governatore: fra gli oltre 250 presenti c’erano pochi Zaia-boys, ma si sono notati Presti e Busolin; non potevano mancare gli esponenti storici come Gian Paolo Gobbo e Giampaolo Dozzo, sindaci e consiglieri regionali, anche politici extra-leghisti come Gigi Caldato e Acampora; niente gentiliniani, se non sotto i portici al di là della piazza per controllare la situazione. L’ex sceriffo non viene mai citato ma ripetutamente evocato. «Fra un mese tornerò da premier – ha chiuso Salvini -, prima manderemo a casa Renzi e poi Manildo, sono due tempi della stessa partita e serve l’apporto di tutti i militanti»: un modo per strappare applausi certi in una piazza dei Signori blindata, col il timore di un blitz del centro sociale e degli antagonisti che però non si è verificato.
L’anatema
La caserma Serena ci costerà 8 milioni nel 2018 Accoglienza solo a chi scappa dalla guerra