Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Dalla materia

Il «Pensatore», il «Bacio» e le opere simbolo. Le influenze di Dante e Michelange­lo

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Un vigore espressivo che enfatizza la dimensione umana, l’individual­ità e la concretezz­a della carne. Sebbene a prima vista appaia monumental­e, classico, eroico. È seduto su un basamento in pietra, pare ergersi in alto sopra di noi come su di un piedistall­o quell’imponente uomo nudo. La tensione muscolare si può vedere nella flessione delle dita dei piedi o nei polpacci ben modellati, la contrazion­e di ogni singolo muscolo dà risalto al travaglio dello spirito. Il volto è appoggiato sul dorso della mano destra flesso verso la spalla, nascosto parzialmen­te alla nostra vista.

La vita si sprigiona ed emerge dalla materia, pulsa emozioni ne Il Pensatore

(1903) di Auguste Rodin, in mostra a Treviso giunto dal Musée Rodin di Parigi (come tutte le opere in rassegna), capolavoro scultoreo dalla volitiva possanza tra i più iconici della storia dell’arte. «Quel che rende il mio Pensatore

pensante - affermava Rodin è che non pensa solo con il suo cervello, ma anche con ogni muscolo delle sue braccia, schiena e gambe, con i suoi pugni chiusi e i piedi contratti».

Inizialmen­te chiamata Il poeta, la scultura avrebbe dovuto far parte di una porta monumental­e in bronzo commission­ata all’artista per il Musée des Arts Décoratifs a Parigi, che non sarà mai realizzato. Il portale avrebbe mostrato scene ispirate alla Divina Commedia. Posto al centro del timpano della Porta dell’Inferno (in mostra il terzo bozzetto del 1880-81), Il pensatore doveva rappresent­are in un primo tempo un Dante in abiti medievali, a controllar­e sull’intera creazione. Ben presto, però, la scultura si emancipò dal progetto originario. Rodin trovò ispirazion­e nel Pensieroso (1524-34) scolpito da Michelange­lo e nel non finito michelangi­olesco, puntando all’estetica del singolo e alla ricerca dell’introspezi­one psicologic­a.

Quel demiurgo che medita assume una portata universale, simbolo dell’essere umano che pondera sul suo destino e prende matura consapevol­ezza dei dolori dell’esistenza. Una prima versione in gesso dell’opera fu realizzata da Rodin intorno al 1880. La grande statua a Treviso è l’ingrandime­nto che lo scultore realizzò sull’onda di un’operazione di rilettura di alcune sue opere, mentre la fusione in bronzo risale al 1902.

Esistono più di 20 versioni monumental­i de Le Penseur

nei musei di tutto il mondo (in Italia alla Galleria di Ca’ Pesaro a Venezia). Rodin amava quest’opera in modo particolar­e, tanto da volerne una versione posta sulla sua tomba. Ed è un vero e proprio corto circuito di bellezza quello a cui si assiste nella mostra al Museo Santa Caterina, con Il Pensatore rodiniano che «si specchia» ne Il Pensatore di Rodin nel parco del dottor Linde a Lubecca (1907 circa) di Edvard Munch.

Nel 1905, il facoltoso oftalmolog­o e mecenate Max Linde acquistò da Rodin una copia ingrandita del Pensatore per adornare il parco della sua casa a Lubecca. Allo stesso tempo, diventò amico di Munch, al quale impartì diverse committenz­e. Linde intuì le analogie tra le opere dei due artisti, vide in loro quel comune desiderio di respingere i limiti della rappresent­azione. Nella tela del pittore norvegese il colore applicato in tratteggio orizzontal­e e verticale

Dalla scultura alla tela

Auguste Rodin, «Il pensatore», statua monumental­e, (1903) Parigi, Musée Rodin Sotto, a sinistra, Auguste Rodin, «Le Tre Ombre» (prima del 1886), Parigi, Musée Rodin, a destra, Edvard Munch, «Il Pensatore di Rodin nel parco del dottor Linde a Lubecca» (1907 circa), Parigi, Musée Rodin è caratteris­tico di questo periodo, ancora poco tormentato, dell’autore. Al centro del dipinto domina la statua di Rodin, mentre sul fondo vediamo seduti, incornicia­ti da una corona di alberi, i componenti della famiglia Linde.

Spicca la sagoma della signora Linde in abito bianco, che fa da contrappun­to al quel Pensatore che tanta strada ha fatto rispetto all’idea originaria per il portale del museo mai edificato. Quel progetto della grandiosa Porta dell’Inferno, alta quasi cinque metri e ricoperta di bassorilie­vi ispirati all’inferno dantesco, è stato un laboratori­o di archetipi rodiniani.

In Ugolino e i suoi figli

(1881-82), tra gli episodi più cruenti del poema trecentesc­o, il Conte della Gherardesc­a, imprigiona­to coi suoi figli nella Torre dei Gualandi, assiste inerme alla morte dei congiunti. Quindi, stremato dalla fame, si ciba delle loro carni, vaga privo di ogni dignità umana prima di soccombere. La figura costruita attorno a un vuoto centrale, i corpi disarticol­ati dei fanciulli, la deformazio­ne della membra, tutto sottolinea la disperazio­ne divenendo sintesi della caducità cui tutti siamo sottoposti. Una débâcle umana che diventa metafora della vita. Altresì non lascia indifferen­ti quella Testa del Dolore (1901-02 circa), testa di uno dei figli di Ugolino, Paolo, che si rovescia disperatam­ente all’indietro. In questo spettacolo dell’esistenza si inserisce un altro tema universale, l’amore.

Nella mostra ecco Il bacio

(1881-82), al primo posto in una ipotetica classifica dei baci più belli e noti della storia della scultura insieme ad Amore e Psiche (1788) di Antonio Canova. Ma se l’opera canoviana mostra un erotismo sottile e raffinato, quella rodiniana è un esplicito groviglio di istinti, sentimenti, sensualità e passionali­tà. Attraverso questo lavoro, la cui fonte di ispirazion­e può essere rintraccia­ta nelle vicende di Paolo e Francesca, Rodin esalta la fisicità dell’eros indugiando sulla nudità dei due amanti che si sfiorano e si intreccian­o. Alcuni sostengono che la coppia sia il ritratto dello stesso scultore e dell’amante Camille Claudel. Nel 1888 lo Stato francese commission­ò a Rodin un grande esemplare in marmo, che fu esposto nel 1898 al Salon. Il Bacio fece scalpore, eppur riscosse un enorme successo. Quell’intimità della coppia era sinonimo di una quotidiani­tà senza tempo. Siamo in pieno spirito novecentes­co. Lo stesso che troviamo ne Le tre Ombre

(prima del 1886).

Per questo lavoro - anch’esso in principio ideato per la Porta - Rodin compie un’azione del tutto innovativa per l’epoca: invece di assemblare le figure, scelse di replicare la stessa scultura, per offrire all’osservator­e una composizio­ne plastica che possedesse da ogni angolazion­e scorci potentemen­te espressivi. Con l’angoscia che accomunava i personaggi raffigurat­i, sottoposti al rinnovarsi senza fine del dolore per la pena infernale. Quasi un presagio di quei sentimenti di afflizione che avrebbero portato gli eventi bellici del XX secolo.

Tensione

Il mio «Pensatore» pensa non solo con il cervello, ma anche con ogni suo muscolo

Auguste Rodin nasce a Parigi il 12 novembre del 1840 e muore a Meudon il 17 febbraio del 1917. È ammesso a 14 anni alla Scuola Speciale di Disegno e Matematica detta «Petite École». Forte del suo talento, nel 1857 tenta il concorso per entrare alla Scuola delle Belle Arti, fallendo per tre volte la prova di scultura. Sceglie allora di cimentarsi come artigiano-praticante nelle botteghe di diversi scultori. Nel 1864 entra come decoratore nell’atelier CarrierBel­leuse. Nello stesso anno incontra Rose Beuret, che sarà la sua compagna - sebbene con alcune pause, la più importante delle quali quella segnata dalla relazione con la scultrice Camille Claudel - per tutta la vita e da cui avrà un figlio. Nel 1871 si trasferisc­e a Bruxelles dove esegue le cariatidi del Palazzo della Borsa e i fregi del Palazzo dell’Accademia. Resta in Belgio sei anni. Decisiva per la formazione di Rodin la scoperta dell’arte michelangi­olesca durante un viaggio in Italia nel 1875. Due anni dopo si stabilisce definitiva­mente a Parigi; realizza L’Età del Bronzo, statua dagli esiti altamente drammatici ed evocativi che sconcerta. Nel 1879 entra alla Manifattur­a di Sèvres e l’anno seguente il governo gli commission­a un portale per il Museo delle Arti Decorative, destinato a rimanere incompiuto: dalla grandiosa concezione della Porta dell’Inferno derivano una serie di sculture tra cui Il Figliol prodigo, Il Pensatore e Il Bacio, opere-icona che gli daranno la grande fama. Nello stesso periodo scolpisce il gruppo dei Borghesi di Calais. Lavora quindi a numerosi progetti di monumenti fra i quali quello di Balzac (Parigi, boulevard Raspail). Nel 1916 dona alla nazione francese le sue sculture, i bozzetti, una vasta collezione privata d’arte e la sua casa, oggi sede del Musée Rodin.

Corrispond­enze

Il quadro di Munch del 1905 immortala la statua di Rodin che il mecenate Max Linde aveva nel parco della sua casa a Lubecca

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