Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Prima di essere celebre, Rodin era solo. E la celebrità, una volta sopraggiunta, lo ha reso forse ancora più solo... L’opera di cui mi accingo a parlare cresce ogni giorno come una foresta
«E avrai la grazia delle grandi cose». Forse un sentimento interiore ha parlato così al giovane Rodin, ma con un tono infinitamente più sommesso delle parole del monaco, a uno dei primi bivi della sua vita. Perché egli cercava proprio questo: la grazia delle grandi cose.
Ecco dunque un compito, grande quanto il mondo. E colui che lo affrontò fissandolo con lo sguardo era uno sconosciuto dalle mani che cercavano pane, nell’oscurità. Era totalmente solo, e se fosse stato un vero sognatore avrebbe potuto sognare un sogno bello e profondo, un sogno che nessuno avrebbe compreso, uno di quei sogni interminabili sui quali una vita può scorrere con la rapidità di un giorno. Ma questo giovane uomo che si guadagnava da vivere nella manifattura di Sèvres era un sognatore il cui sogno saliva lungo le mani, e subito iniziò a dargli una forma. Sapeva da dove fosse necessario cominciare: una pacatezza radicata dentro di lui gli mostrò il saggio cammino.