Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’attentato commissionato dal prozio
Monfumo, bomba contro la casa: arrestato con l’esecutore. Economico il movente
MONFUMO (TREVISO) Una faida familiare scatenata per motivi economici, e nello specifico per investimenti immobiliari andati male. Sarebbe questa la motivazione dell’attentato ai danni di Simone Rech, giovane imprenditore di Monfumo, il 3 ottobre scorso. Arrestati il prozio di Rech, il 71enne Attilio Bergamin, e Primo Possamai, rispettivamente mandante ed esecutore. Il bersaglio era il padre di Simone: il figlio sarebbe stato scelto «per fargli più male».
MONFUMO Un attacco dinamitardo, contro il figlio del suo rivale. «Per fargli più male» e vendicarsi del patrimonio perso a causa sua. Sarebbe questo il movente che ha spinto Attilio Bergamin, imprenditore 71enne di Volpago del Montello, ad assoldare l’amico Primo Possamai, 51 anni, di Nervesa della Battaglia e a commissionargli il raid punitivo contro il nipote e il pronipote, cioè Emanuele e Simone Rech. All’alba di ieri i due sono finiti in manette.
L’esplosione
Secondo i carabinieri sono loro, in qualità di mandante e di esecutore materiale, gli autori dell’attentato messo a segno la notte del 3 ottobre scorso, quando una bomba artigianale era stata lanciata contro la porta dell’abitazione di Simone Rech, in via Biss a Monfumo. Un ordigno, fabbricato utilizzando residuati bellici della Prima Guerra Mondiale, che aveva letteralmente sventrato la porta blindata e scagliato schegge che avrebbero potuto uccidere. Simone Rech e la moglie, al momento dell’esplosione (attivata probabilmente con un timer) stavano fortunatamente dormendo al piano superiore.
L’indagine
Gli accertamenti dei carabinieri di Castelfranco Veneto, guidati dal capitano Alessandro Albiero, e del nucleo investigativo di Treviso, nell’azienda vitivinicola gestita da Simone Rech, sono entrate nel vivo grazie all’analisi delle telecamere installate nella zona: a circa 4 chilometri dalla villetta, infatti, un occhio elettronico ha catturato il passaggio di un’auto, l’unico veicolo in transito prima e dopo l’attentato. Partendo da quelle immagini gli inquirenti sono risaliti a una targa e quindi al proprietario: Possamai, ossia il 51enne di Nervesa, disoccupato con alle spalle precedenti di polizia anche specifici in materia di esplosivo. «Da lì è iniziata un’attività di tipo tradizionale – spiega il comandante provinciale dell’Arma, Gaetano Vitucci -, tecnica ma anche informativa, che ci ha consentito di ricostruire le frequentazioni dell’uomo e di risalire al mandante». Intercettazioni, appostamenti e acquisizioni di informazioni sul territorio avrebbero portato gli inquirenti all’amicizia ventennale tra Possamai e Bergamin, nell’alveo della quale sarebbe maturato il progetto criminale. Bergamin avrebbe chiesto un «favore» all’amico, per vendicarsi di Emanuele Rech, il nipote. Lo avrebbe fatto a titolo gratuito: non ci sarebbero, infatti, riscontri in merito a un tornaconto ottenuto dal 51enne per il raid.
La faida col parente
Ma perché lanciare una bomba contro la casa di Simone Rech? Per farla pagare al padre Emanuele, reo - secondo Bergamin - di avergli fatto perdere denaro e beni con operazioni immobiliari finite malissimo. Tra i due l’acredine era di lungo corso. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso si sarebbe materializzata pochi giorni dopo il lancio della bomba, quando la casa di Bergamin sarebbe andata all’asta proprio per quei guai finanziari. Per questo sarebbe scattato il raid a casa del nipote. Colpendo, nello specifico, il pronipote per «fare più male» all’uomo.
Il blitz dei carabinieri
All’alba di ieri cinquanta carabinieri, con l’ausilio del nucleo cinofili e degli artificieri, sono entrati in azione per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Gianluigi Zulian su richiesta del pubblico ministero Anna Andreatta. I due devono rispondere a vario titolo di estorsione, danneggiamento seguito da incendio e violazione della legge 825 del 1967 in materia di fabbricazione di armi da guerra. A carico di Bergamin il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Per Possamai, invece, si sono spalancate le porte del carcere di Santa Bona, a Treviso. Nella sua casa di Nervesa, i carabinieri e gli artificieri hanno ritrovato decine di residuati bellici, alcuni inattivi e altri con ancora la polvere da sparo. Sono stati tutti sequestrati e saranno ora sottoposti a perizia balistica.