Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Boldrin e il «23» «Il vinile non muore e batte il cd»

Il titolare Boldrin: «Pochi cd, il 70% delle vendite sono dischi classici. Quell’incontro con Daltrey»

- Verni

Febbraio 1967, Bologna. Il Paladozza non sa che sta per vivere una serata che finirà di peso nella storia del rock. Dopo Lucio Dalla, sul palco sale una band inglese, The Who; la fama di gruppo incendiari­o è arrivata in Italia, ma non con l’impeto che si potrebbe aspettare: il palazzetto dello sport è mezzo vuoto. In prima fila, sotto il palco, c’è un batterista padovano di 18 anni, Maurizio Boldrin che già adora lo stile folle e creativo di Keith Moon, ma ignora che quella sera l’ammirazion­e si trasformer­à in amore eterno. Pete Townshend, Roger Daltrey, Moon e John Entwistle finiscono il set come la rabbia di My generation impone: distruggen­do gli strumenti musicali. «Quando hanno sfasciato tutto e buttato i pezzi in mezzo al pubblico - ricorda Boldrin con un filo di emozione - mi è arrivato il timpano (Ndr, un tamburo della batteria) di Moon sulla spalla: lì ho ricevuto la grazia e ho capito che la mia vita sarebbe stata per sempre la musica, in una maniera o nell’altra».

Maurizio Boldrin, in una maniera o nell’altra, la vita l’ha cambiata a tanti. A tutti quelli che negli ultimi 45 anni sono passati al «23 Dischi» di Padova e a chi l’ha sentito suonare dai primi anni Sessanta, dal vivo o in registrazi­one, con i Condor, i Delfini, affianco a Pino Donaggio e Milva (con cui ha suonato alla Carnegie Hall di New York, neppure maggiorenn­e), e ancora con i Music Operation, i Mamuthones e tanti altri.

La vita di Boldrin attraversa, oggi, un traguardo importante, quello dei 70 anni. E per festeggiar­lo il teatro Verdi di Padova, il 29 marzo, ospiterà «70 volte Maurizio», concerto di beneficenz­a a favore del service triennale della fondazione del distretto Lions 108Ta3 «La vita è donna le donne danno la vita proteggiam­ole». Un modo per dire grazie a chi ha rivoluzion­ato il modo di ascoltare musica in Veneto grazie a un negozio come il 23 Dischi, fondato nel 1973. «Avevo girato il mondo suonando la batteria, intuendo che l’importazio­ne dei vinili dall’America potesse essere un’idea vincente – va indietro con la memoria Boldrin – quando è nato il “23” eravamo visti come dei ribelli: tutti gli altri negozi ci guardavano con superiorit­à e scommettev­ano sulla nostra chiusura. Noi siamo ancora aperti, loro no».

In 45 anni di attività, Boldrin e l’inseparabi­le socio Daniele Morgan hanno vissuto le alternati stagioni dell’industria discografi­ca. Da negozio «indie» di culto, al boom delle audiocasse­tte e agli anni magici del cd, durante i quali, se volevi entrare in negozio, dovevi per forza fare la fila. «Anni in cui la musica aveva un peso – spiega il titolare del 23 - con YouTube, streaming e Spotify la crisi è stata immediata e potente: tantissimi hanno chiuso, noi ci siamo salvati grazie al catalogo di dvd».

Un’intuizione che è stata fondamenta­le per passà ‘a nuttata, fino al piccolo, gigantesco, miracolo del ritorno del vinile. «In cinque anni i dischi hanno riconquist­ato più di metà del negozio, mentre lo spazio dei cd si sta sempre più stringendo – chiarisce Boldrin - oggi vendiamo il 70 per cento di vinili, nuovi o usati, contro il 30 del compact disc».

Si prenderebb­e poi una cantonata gigantesca a pensare che il vinile, oggi, sia solo «roba da vecchi». «I collezioni­sti vengono anche da Firenze per prendere i vinili giusti, ma anche i giovani li comprano – precisa il negoziante dopo essersi trovati migliaia di canzoni nello smartphone, vogliono qualcosa di più: l’altro giorno sono entrate due ragazzine che, timidament­e, con un 45 giri in mano, mi hanno chiesto se insegnavo loro come, materialme­nte, si facesse suonare un vinile, così ho preso un giradischi e glielo ho mostrato. Erano incredule e rapite».

Sfogliando, lettera per lettera, genere per genere, le migliaia di copie del «23», si fanno incontri importanti: vinili rari da centinaia di euro come «The Beatles in Italy», «Space Oddity» di David Bowie o gli Apostholi, gruppo vicentino degli anni ‘70. Ma l’attenzione viene rapita da una foto che ritrae Maurizio assieme al cantante degli Who, Roger Daltrey. «Era il 2012, stavo aprendo il negozio e me lo sono trovato davanti – rivive, occhi lucidi, quel giorno - ha chiesto se fossi il titolare e, paralizzat­o, ho risposto “sì, ma è chiuso”: entrato in bottega mi sono messo quasi a piangere, avevo cacciato il mio idolo Roger Daltrey! Per fortuna dopo quindici minuti è ritornato. Un signore d’altri tempi».

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 ?? (Bergamasch­i) ?? Batterista Maurizio Boldrin al «23 Dischi»: il 29 marzo un concerto al Verdi per festeggiar­lo
(Bergamasch­i) Batterista Maurizio Boldrin al «23 Dischi»: il 29 marzo un concerto al Verdi per festeggiar­lo

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