Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
IL LAVORO E LA TERZA CULTURA
In Veneto, le forme contrattuali di lavoro a termine e l’occupazione a tempo indeterminato da anni viaggiano sull’ottovolante. Nel biennio passato, le prime verso l’alto. In discesa, la seconda. Secondo le previsioni, per l’anno in corso è atteso un riequilibrio. Ciò che ci cela dietro gli andamenti a sbalzi è tutto da scoprire. All’apice della rivoluzione industriale che esaltava il sistema di fabbrica, lo scrittore americano Henry David Thoreau paventava che i lavoratori potessero diventare «gli strumenti dei loro utensili». Con la rivoluzione tecnologica in corso e l’Industria 4.0 protagonista, se si stia andando incontro o meno alla fusione tra uomo e macchina è un interrogativo inquietante. Nello stesso tempo, pur senza dati, siamo accarezzati dall’idea che si passi dall’esecuzione di compiti da altri assegnati, alla generazione di idee da volgere in nuova imprenditorialità, dentro o fuori l’azienda di appartenenza a seconda del modello culturale in essa prevalente: se manageriale, fuori; se imprenditoriale, dentro. La preoccupazione di finire con l’identificarsi con gli strumenti tecnologici adoperati può essere cancellata solo dalla reinvenzione del sistema educativo. Progettata circa un secolo fa, l’istruzione continua a produrre una forza lavoro per un mondo che non esiste più, con diplomati e laureati privi delle competenze necessarie per essere riflessivi e pro-attivi nel misurarsi col nuovo ambiente di lavoro.
Nelle aule scolastiche e universitarie, l’attenzione dovrebbe essere portata verso la figura del pensatore produttivo, il quale messo di fronte a un problema si chiede «da quante e quali prospettive potrei osservarlo», «come immaginarmelo in un altro modo», «a quanti metodi ricorrere per risolverlo». Tendere a dare risposte diverse da quella convenzionale (cioè, «cosa mi è stato insegnato da qualcuno per affrontarlo») è la via maestra del lavoro di domani. È uno scenario roseo con cui familiarizzare quello della manodopera che cede il passo alla «mente-opera», al lavoro imprenditoriale di chi pensa concentrandosi su una cosa abbastanza a lungo da sviluppare un’idea originale al riguardo. Dunque, non assimilare le idee altrui, o memorizzare un pacco di informazioni, per quanto possano risultare utili. Invece, sviluppare anzitutto le proprie idee pensando per se stessi. Il cervello è così raffinato, sostengono i neuropsicologi, da riuscire a selezionare, a certe condizioni, ciò che è davvero utile dall’alta marea che sale dal mare di Internet. E le condizioni sono date dai programmi educativi da svolgersi nel corso dell’intera vita per assecondare la natura a quel fine deputata. Reinventare l’istruzione vuol anche dire aprire il fronte della «terza cultura», quella che getta un ponte e quindi permette l’incontro e il dialogo tra le scienze umanistiche e le scienze naturali. Non saliranno sull’ottovolante del lavoro i giovani la cui scolarizzazione promuoverà la loro creatività e l’iniziativa d’intraprendere, entrambe indispensabili per prosperare nella nuova età tecnologica e della conoscenza.