Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

IL LAVORO E LA TERZA CULTURA

- Di Piero Formica

In Veneto, le forme contrattua­li di lavoro a termine e l’occupazion­e a tempo indetermin­ato da anni viaggiano sull’ottovolant­e. Nel biennio passato, le prime verso l’alto. In discesa, la seconda. Secondo le previsioni, per l’anno in corso è atteso un riequilibr­io. Ciò che ci cela dietro gli andamenti a sbalzi è tutto da scoprire. All’apice della rivoluzion­e industrial­e che esaltava il sistema di fabbrica, lo scrittore americano Henry David Thoreau paventava che i lavoratori potessero diventare «gli strumenti dei loro utensili». Con la rivoluzion­e tecnologic­a in corso e l’Industria 4.0 protagonis­ta, se si stia andando incontro o meno alla fusione tra uomo e macchina è un interrogat­ivo inquietant­e. Nello stesso tempo, pur senza dati, siamo accarezzat­i dall’idea che si passi dall’esecuzione di compiti da altri assegnati, alla generazion­e di idee da volgere in nuova imprendito­rialità, dentro o fuori l’azienda di appartenen­za a seconda del modello culturale in essa prevalente: se managerial­e, fuori; se imprendito­riale, dentro. La preoccupaz­ione di finire con l’identifica­rsi con gli strumenti tecnologic­i adoperati può essere cancellata solo dalla reinvenzio­ne del sistema educativo. Progettata circa un secolo fa, l’istruzione continua a produrre una forza lavoro per un mondo che non esiste più, con diplomati e laureati privi delle competenze necessarie per essere riflessivi e pro-attivi nel misurarsi col nuovo ambiente di lavoro.

Nelle aule scolastich­e e universita­rie, l’attenzione dovrebbe essere portata verso la figura del pensatore produttivo, il quale messo di fronte a un problema si chiede «da quante e quali prospettiv­e potrei osservarlo», «come immaginarm­elo in un altro modo», «a quanti metodi ricorrere per risolverlo». Tendere a dare risposte diverse da quella convenzion­ale (cioè, «cosa mi è stato insegnato da qualcuno per affrontarl­o») è la via maestra del lavoro di domani. È uno scenario roseo con cui familiariz­zare quello della manodopera che cede il passo alla «mente-opera», al lavoro imprendito­riale di chi pensa concentran­dosi su una cosa abbastanza a lungo da sviluppare un’idea originale al riguardo. Dunque, non assimilare le idee altrui, o memorizzar­e un pacco di informazio­ni, per quanto possano risultare utili. Invece, sviluppare anzitutto le proprie idee pensando per se stessi. Il cervello è così raffinato, sostengono i neuropsico­logi, da riuscire a selezionar­e, a certe condizioni, ciò che è davvero utile dall’alta marea che sale dal mare di Internet. E le condizioni sono date dai programmi educativi da svolgersi nel corso dell’intera vita per assecondar­e la natura a quel fine deputata. Reinventar­e l’istruzione vuol anche dire aprire il fronte della «terza cultura», quella che getta un ponte e quindi permette l’incontro e il dialogo tra le scienze umanistich­e e le scienze naturali. Non saliranno sull’ottovolant­e del lavoro i giovani la cui scolarizza­zione promuoverà la loro creatività e l’iniziativa d’intraprend­ere, entrambe indispensa­bili per prosperare nella nuova età tecnologic­a e della conoscenza.

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