Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Paese senza leader», il libro e il dibattito
La carrozza Italia, dorata e agghindata da parata, con le bandiere e i pennacchi, è a un passo dal baratro, frenata da due ronzini che guardano l’abisso sbalorditi. Ma come ci è arrivata, la carrozza Italia, sull’orlo del precipizio? Bisognerebbe chiederlo ai passeggeri stipati alle spalle dell’avvilito cocchiere, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: nella vignetta di Giannelli ci sono tutti, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (con Dudù), Matteo Salvini e Massimo D’Alema, mentre Beppe Grillo sta sul tetto irriverente. Ma per chi le cerca, molte risposte si trovano anche tra le pagine dell’esordio in libreria del direttore del Corriere della Sera
Luciano Fontana, che scandaglia gli anni della Seconda Repubblica oramai agli sgoccioli alla ricerca del perché l’Italia sia diventata «Un Paese senza leader» (Longanesi, 223 pagine, 16,90 euro).
Un viaggio tra i protagonisti «dimezzati» della politica italiana, tra retroscena e aneddoti sapidissimi, incontri, ritratti e dialoghi a tu per tu, frutto non soltanto dei tre anni trascorsi da Fontana alla guida del principale quotidiano italiano (la direzione del Corriere è un «confessionale laico» ha ricordato Francesco Verderami) e, prima, dei diciotto passati all’Ufficio centrale di via Solferino, ma anche degli undici vissuti al desk politico dell’Unità. C’è quindi molto di «giornalistico» in questo saggio politologico che oggi, alle 18, nel Salone Palladio di Palazzo Bonin Longare a Vicenza, sarà al centro del dialogo tra l’autore e il presidente della Confindustria berica Luciano Vescovi, presentati da Marino Smiderle del Giornale di Vicenza.
La provocazione iniziale, quella da cui nasce la riflessione di Fontana, è questa: l’Italia si è irrimediabilmente arresa al male oscuro dell’ingovernabilità? Siamo al collasso – o all’impazzimento, se si preferisce - del sistema politico? È davvero questa la fine della Seconda Repubblica? E cosa ci attende dopo il 4 marzo? «Penso che queste elezioni, destinate a consegnarci un parlamento senza maggioranza, siano il compimento del processo iniziato già nella scorsa legislatura, con l’inaspettato successo del Movimento Cinque Stelle e l’imporsi di un sistema tripolare, oggi se si vuole perfino più frammentato» spiega il direttore del Corriere.
Partiti che si sgretolano, gruppi politici allo sbando e leader che in pochi mesi compiono inarrestabili ascese e rovinose cadute rendono impossibile una guida salda. Ma forse le cose non vanno poi tanto male. L’Olanda è rimasta senza governo sette mesi, la Spagna addirittura dieci. E sono ancora lì. Non sarà perché le burocrazie si «autogovernano», perpetuandosi nel tempo con spirito di sopravvivenza?
Fontana ammette che «l’idea fa breccia in alcuni ambienti imprenditoriali, convinti che una politica debole, relegata nell’angolo, magari solo per un breve periodo, lasci le energie dell’economia e della società civile libere di esprimersi al massimo delle loro potenzialità» ma si mostra scettico: «Può forse funzionare in Paesi solidi come quelli del Nord o la Germania, non in Italia dove troppe urgenze, dal debito pubblico alle infrastrutture, dal sistema giudiziario al lavoro, hanno bisogno di essere prese per mano e affrontate con un progetto di lungo periodo, chiaro, fortemente “politico”». E peggio sarebbe se ad occuparsene fossero le burocrazie che semmai, per Fontana, «sono uno dei problemi da risolvere più in fretta».
In chiusa, il direttore riserva una riflessione sul percorso autonomista avviato da Veneto, Lombardia ed Emilia, che oggi saluterà a Roma la firma dell’intesa col governo: «Credo che l’autonomia, avvicinando l’amministrazione ai problemi del territorio e migliorando il controllo dei cittadini su quanto viene fatto, sia un processo positivo, soprattutto al Nord dove le classi dirigenti hanno dimostrato competenza ed efficienza e dove a tutt’oggi resta irrisolta la “questione settentrionale”, specie dal punto di vista fiscale. È necessario, però, che la politica locale inserisca la sua azione in un disegno comune, che abbia sempre come fine ultimo il bene del Paese tutto. Altrimenti si rischia di disarticolare ancora di più il sistema politico-istituzionale». E toccherebbe, ancora una volta, ricominciare tutto daccapo.
Fontana Ci sarebbe bisogno di un governo forte