Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il rom: «Volevo pestare il prof» Appello per levargli la patria potestà
Da sinistra (Bettin) a destra (Donazzan): «Quell’uomo non può educare dei figli»
TREVISO Rabbia, preoccupazione. E la richiesta di provvedimenti per il rom che, nel Trevigiano, ha aggredito l’insegnante del figlio.
«Togliere la patria potestà a quei genitori per il bene del ragazzo» è l’appello che arriva sia dall’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan che dal sociologo Gianfranco Bettin. Appartengono a partiti agli antipodi ma concordano sulla valenza educativa della scuola e sulla necessità di tutelarla. Un grido d’allarme subito raccolto dal Comune di Treviso, che ha avviato un’indagine sulla famiglia nomade al centro della vicenda perché, come se non fosse bastata quella violenza, le parole che l’hanno motivata e giustificata non possono essere tollerate. «Quell’uomo è pericoloso - ha detto l’assessore alla scuola di Treviso, Anna Caterina Cabino - non ci sono scuse».
Il caso risale a due mesi fa, alle medie Casteller di Paese. Durante la ricreazione il professore di matematica Giuseppe Falsone aveva fatto uscire il tredicenne nel cortile con gli altri compagni. «Accompagnandolo con una mano sulla spalla» ha riferito il docente; percuotendolo e umiliandolo secondo la famiglia. Così il padre dell’adolescente si è presentato a scuola assieme al figlio maggiore e alla moglie, per dare una lezione a Falsone: «Mio figlio l’ha colpito sulla nuca, io l’ho spinto. Questo è quello che fa un padre». Davanti ai microfoni delle Iene ha poi raccontato di aver atteso quel giorno per vendicare il torto subito: «L’avrei pestato». Aggiungendo di sentirsi discriminato «perché sono un rom» e di non essere pentito. La moglie ha perfino rincarato: «È giusto, si risolvono così i problemi».
Donazzan, donna forte del centrodestra, non usa giri di parole: «Quei genitori non hanno alcun titolo per educare un figlio e, nel bene del ragazzo, andrebbe loro tolta la patria potestà. Ho scritto al sindaco di Treviso, comune nel quale la famiglia risiede, perché attivi i servizi sociali e il Tribunale dei minori».
Cabino, pur con cautela, apre: «Le preoccupazioni di Donazzan sono anche le nostre, le procedure di revoca non possono basarsi sul sentito dire o resoconti giornalistici, c’è un iter formale da seguire. Abbiamo allertato la polizia locale affinché, tramite la procura, si informi sulle persone coinvolte. La lettera dell’assessore regionale sarà acclusa agli atti per trovare una soluzione adeguata». L’assessora trevigiana è preoccupata: «La scuola è diventata uno sfogatoio di frustrazioni. Non possiamo accettare che vengano meno le norme di buona educazione, i rapporti civili tra le persone e in particolare nei confronti di chi esercita una funzione importante come quella educativa”.
Bettin, storico esponente della sinistra veneziana, dice che la revoca della patria potestà è un provvedimento necessario: «Un genitore ha rivendicato la violenza su un docente. Questo tipo di condotta va stroncata sul nascere. Mi aspetto una denuncia nei confronti di quel padre e una verifica della capacità dei genitori di reggere la responsabilità educativa. Cosa insegneranno al figlio?». Non intervenire, sottolinea Bettin, sarebbe gravissimo: «Il prof è sotto indagine da parte della dirigenza scolastica; non invece la famiglia. È intollerabile».