Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Confindustria, un presidente e tre vice per la territoriale che sfida Milano
Padova-Treviso, governo con garanzie territoriali. Via a un road show di 8 incontri
TREVISO Questione di numeri. Ma anche, e soprattutto, di mentalità. La grande Confindustria del Veneto centrale, il cui nome provvisorio da sottoporre agli associati è «Assindustria Veneta - Imprenditori Padova Treviso», che sarà consacrata dalle assemblee parallele sotto lo stesso tetto di Confindustria Padova e Unindustria Treviso il 15 giugno, al padiglione «Aquae» di Marghera, ha l’ambizione di fare un salto di qualità, ponendosi tra le maxi-territoriali che stanno assumendo un ruolo trainante in Confindustria. Come il colosso Assolombarda, ma anche Confindustria Emilia, che ha fuso Modena e Ferrara con Bologna, dove non a caso si sono riuniti un mese i due consigli di presidenza di Treviso e Padova, nel primo via libera alla fusione. E il passo in avanti, lo si voglia o no, lancia una sfida nel campo confindustriale veneto, che appare oggi quanto mai ingessato.
Le regole per farla funzionare sono nel piano industriale di 200 pagine approvato l’altra sera a Padova, nell’Aula magna dell’Università, da oltre un centinaio di consiglieri dei due consigli generali di Padova e Treviso. Nella scansione temporale, con il 31 dicembre termineranno le due associazioni e dalla primavera 2019 ci sarà un presidente unico per 3.400 imprese, con 160 mila addetti. Più delle 3.200 di Confindustria Emilia e seconda territoriale (anche per contribuzione, intorno a 16 milioni di euro) di Confindustria, dietro solo alle seimila di Assolombarda. I due presidenti, Maria Cristina Piovesana e Massimo Finco, sono coscienti della sfida, in Veneto e oltre. «Speriamo di diventare un catalizzatore di energie per tutto il Veneto», dice la prima. «Saremo un sistema che gioca una partita più ampia, oltre i confini regionali», fa eco il secondo.
Le regole che Assindustria Veneta si sta per dare apre ad un’associazione da subito unica, con strumenti di garanzia territoriali. Il presidente sarà affiancato da un vice vicario, espressione dell’altro territorio, e 4 anni dopo, al rinnovo, ci sarà lo scambio incrociato tra cariche e territori. Ai piani alti vi saranno inoltre due vicepresidenti, sempre uno per area, delegati a curare i rapporti con le altre istituzioni provinciali.
Lo schema di governo prevede l’insediamento di un consiglio di presidenza di 20 membri, paritetico tra le due province, e di un consiglio generale di 68 elementi, 60 dei quali in proporzione agli iscritti due territori. Schema che permette fin d’ora di prevedere l’inserimento nel sistema di altre territoriali (si pensi al dialogo nel recente passato fra Treviso e Belluno).
Ma il vero punto di forza di Padova-Treviso (che dovrebbe essere guidata dal direttore di Treviso Giuseppe Milan), è sui servizi prestati dai cento dipendenti divisi in servizi unici organizzati sulle due sedi, in un impianto già rodato dall’esperienza di «Sistema aperto», cioè la messa a fattor comune a tutti gli associati di Padova e Treviso dei servizi. Unica eccezione riguarda la formazione: Treviso presterà i suoi servizi su scala provinciale e lo stesso farà Padova con la Niuko posseduta con Vicenza, che non ha accettato di rivedere il governo su base proporzionale, di fronte a un possibile ingresso di Treviso. Ma nessuno ha forzato decisioni di fronte all’impasse.
Lo schema definito sarà ora sottoposto alla base prima dell’assemblea di giugno in una serie di otto incontri territoriali equamente distribuiti tra Padova e Treviso, in cui Finco e Piovesana si presenteranno insieme a spiegare il progetto e raccogliere osservazioni e proposte di ritocco.