Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Siamo il secondo partito della regione ed è solo l’inizio»
VENEZIA Non basta l’ipotesi, poi non così peregrina, di due ministri veneti in un possibile esecutivo Cinque Stelle e il successo a valanga in tutto il Paese per sciogliere le lingue ai pentastellati veneti che, anche ieri, si sono attenuti alla linea romana: «Non parla nessuno finché i neo eletti non saranno convocati a Roma e debitamente istruiti sulle posizioni comune». E si parla di fine settimana. I ministri di cui sopra, per inciso, sarebbero il 37enne Riccardo Fraccaro, imprenditore e deputato uscente nato a Montebelluna ma trentino d’adozione in predicato per gli Affari Regionali e l’ex olimpionico di nuoto Domenico Fioravanti, novarese di nascita ma veronese d’adozione naturalmente allo Sport.
Niente. Bocche cucite per evitare scivoloni ai «novellini» su temi sdrucciolevoli some i vaccini e l’immigrazione o l’Europa, per pescare a caso. Alla fine il sentiment del Movimento in Veneto è affidato a un comunicato che più istituzionale non si può: «Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto in Veneto un risultato straordinario: è la seconda forza politica in Veneto e in molte zone i voti che i cittadini hanno espresso per il M5S raggiungono percentuali altissime». L’incipit è questo. E il proseguo non è da meno, si citano le performance più eclatanti, dalla «presa» di Venezia in cui il M5S è il primo partito ai picchi (invero notevoli) di Chioggia, Mira e, naturalmente, quel 39% nella rossa e operaia Marghera.
I pentastellati rivendicano i successi all’uninominale dei volti provenienti dalla società civile per arrivare a un’unica frase secca che però è un’ipoteca sul futuro prossimo: «E questo segna l’inizio di un nuovo percorso politico in Veneto». Il guanto di sfida al doge Zaia è stato lanciato. Il capogruppo Jacopo Berti e i suoi si ascrivono la conversione degli astenuti «grazie al lavoro sul territorio i veneti hanno deciso di alzare la testa». Intanto, ieri a Rovigo, si è tenuta una delle riunioni ormai non certo carbonare dei dissidenti interni di Patrizia Bartelle. Il tema? Lo spiega Enrico Chiuso, consigliere comunale a Salzano: «I nostri vertici daranno ora ascolto alla base? O faranno come Renzi che hanno ignorato l’insofferenza interna arrivando all’implosione? Non vogliamo strappare, vogliamo crescere, insieme, ma ci devono ascoltare. Sapremo di che pasta sono fatti i nostri vertici nelle prossime settimane».