Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Gheorghe, due figli e il lavoro a Marghera «Ha sempre aiutato il suo assassino»

- E. Bir. (Ha collaborat­o Giacomo Costa) © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

MIRA (VENEZIA) Pacato, rispettoso, educato. Mai un ritardo nei pagamenti, mai un accenno di aggressivi­tà. Gheorghe Suta aveva preso in affitto l’appartamen­to al primo piano in una palazzina di via Mare Mediterran­eo a Mira due anni fa.

«Era arrivato con la moglie e il figlio di quattro anni - racconta il proprietar­io della casa, Renato Boaretta -. Avevano convissuto per circa un anno, poi la compagna era tornata in Romania». Qui non era riuscita ad ambientars­i. «Lui è rimasto da solo per un po’», dice Boaretta. Fino a qualche mese fa, quando ha chiamato il proprietar­io per chiedergli un favore. «Mi ha chiesto se poteva ospitare due persone finché non trovavano una sistemazio­ne», dice Boaretta. Così anche Georgian Ionut Bejeranu e il terzo coinquilin­o si sono sistemati in casa. «La settimana prossima avrei dovuto conoscerli e tra venti giorni sarebbe dovuto arrivare un parente di Suta. Saremmo dovuti andare in Comune per la residenza di questo familiare aggiunge il proprietar­io della casa -. Suta era una persona tranquilla. Molto serio, per bene. Mai aggressivo. Averlo come inquilino era un lusso per me. Per questo non mi spiego come sia potuta accadere una cosa del genere».

Boaretta non conosceva le tensioni tra la vittima e il suo assassino. Entrambi uscivano la mattina presto per andare al lavoro e rientravan­o la sera. Di liti accese - almeno in casa non ce n’erano mai state, anche se la convivenza nell’ultimo periodo stava diventando sempre più difficile. Secondo alcune indiscrezi­oni sembra che Bejenaru e il terzo coinquilin­o non tollerasse­ro più la vittima, almeno dal punto di vista lavorativo. Bejenaru, apprendist­a operaio, voleva che Suta fosse più gentile con lui. Continuava a ripetergli­elo ma la vittima non cambiava atteggiame­nto. Una tensione, questa, aggiunta ai turni già pesanti e alle ore di lavoro interminab­ili. I lavoratori stranieri a Fincantier­i sono quasi tutti in appalto, e pochi tra loro si appoggiano ai sindacati. Era così anche per Bejenaru e Suta. «Questi lavoratori fanno vite difficili, avvicinarl­i è complicato - spiega Paolo Dorigo, di Slai Cobas - alla distanza culturale si somma il muro alzato da alcune imprese, che fanno vivere queste persone quasi sotto ricatto. Non stupisce che il numero di vertenze sia sempre più basso, anche se i problemi non mancano».

In un contesto simile anche i piccoli screzi rischiano di degenerare: «Stiamo parlando di persone che tra un turno e l’altro hanno il tempo di dormire ma non di farsi anche la doccia, che timbrano il cartellino con la polvere del giorno prima ancora addosso, per cui ogni pranzo e ogni cena si traducono in un panino mangiato seduti per terra». Anche la Fiom Cgil si è mossa per capire dove fossero impiegati i due romeni: «Oggi i lavoratori romeni sono tutti in appalto, e nessuno di loro è vicino ai sindacati – rimarca il segretario Antonio Silvestri – Una situazione aggravata dal Jobs Act, che ha precarizza­to ancora di più il settore».

Il padrone dell’appartamen­to Gheorghe Suta era una persona tranquilla. Molto serio, per bene. Mai aggressivo. Averlo come inquilino era un lusso per me.

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