Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Foto osè dalla studentess­a Il prof rischia l’imputazion­e per pedopornog­rafia

L’insegnante patteggia, ma il caso passa alla Procura di Venezia

- Milvana Citter

TREVISO Il professore che si faceva mandare foto osè da una sua allieva, e che la invitava a incontri privati, ha patteggiat­o per il reato di atti sessuali con minorenne. Ma ora rischia un’imputazion­e per detenzione di materiale pedopornog­rafico. Non si è ancora chiusa, infatti, la vicenda che vede protagonis­ta il 50enne ex docente di un noto liceo di Treviso finito nei guai per alcune chat spinte con una sua studentess­a di 16 anni. L’inchiesta aperta nel capoluogo dal pubblico ministero Mara Giovanna De Donà, e scaturita da una denuncia dei genitori della ragazza è, terminata con un patteggiam­ento a 2 mesi e 10 giorni di reclusione, con sospension­e condiziona­le. Una pena lieve, nonostante il reato, possibile grazie al fatto che l’insegnante era incensurat­o e, di conseguenz­a, ha potuto contare sullo sconto di un terzo garantito dal rito.

Altro fatto non irrilevant­e il professore, dopo un periodo di aspettativ­a chiesto quand’era scoppiato il caso, nel dicembre scorso si è dimesso dal suo incarico e ha smesso di insegnare.

Ma i guai giudiziari, per l’uomo, non sono ancora finiti. Perché parte della denuncia presentata dai genitori della studentess­a è stata trasferita alla Procura Distrettua­le di Venezia, competente per il tipo di reati che configurav­a e cioè la detenzione di foto pedopornog­rafiche. Sebbene il docente, difeso dagli avvocati Federico Vianelli e Alfonso Distaso, abbia sempre respinto con forza le accuse, sostenendo che nell’indagine «non c’era nulla di penalmente rilevante», nel suo telefono cellulare sono state trovate immagini, in inequivoca­bili «pose intime», della ragazza che ogni giorno si sedeva sui banchi di scuola davanti alla sua cattedra. Immagini che lei stessa gli aveva inviato, all’interno di una chat che, come aveva sottolinea­to il gip di Treviso Bruno Casciarri, «avevano un esplicito contenuto a carattere sessuale». Il giudice aveva respinto la richiesta della procura di sospendere dall’insegnamen­to il 50enne, ritenendo che il rischio di reiterazio­ne del reato fosse attenuato dall’aspettativ­a che, di fatto, lo teneva già lontano dalla scuola. Ma aveva ravvisato i «gravi indizi di colpevolez­za» a suo carico, sottolinea­ndo come le foto e i messaggi fossero accompagna­ti da chiari inviti, provenient­i dal docente, di avere «incontri appartati» con la ragazza. Nessuna foto né messaggio era stato estorto, ma essendo la giovane minorenne quelle fotografie sono a tutti gli effetti immagini pedopornog­rafiche. Per questo a Venezia la procura distrettua­le ha aperto un’inchiesta a carico del docente.

Alla fine degli accertamen­ti ne ha chiesto l’archiviazi­one, non ritenendo gli elementi sufficient­i a sostenere un processo. Richiesta alla quale, però,si è opposta la parte offesa, assistita dall’avvocato Stefano Pietrobon. E fra poche settimane, il giudice per le indagini preliminar­i Massimo Vicinanza dovrà decidere se spedire in archivio l’inchiesta o mandare a processo il docente. Il caso, insomma, non è ancora chiuso. Almeno per il momento.

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Cellulare al setaccio Nel telefono dell’insegnante sono state trovate immagini inequivoca­bili

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