Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Cison, una telefonata dei genitori incastra il sospettato. Lui: ho l’alibi
Contro di lui frasi carpite ai familiari. Papa nega («ho un alibi») ma resta in cella
CISON DI VALMARINO Sergio Papa, il giovane sospettato del duplice omicidio dei coniugi Nicolasi, a Cison di Valmarino, si è ieri difeso sostenendo di avere un alibi il giorno del massacro. Ma un telefonata dei genitori, intercettata dagli inquirenti, lo incastrerebbe. «Come ha potuto farlo?» si sarebbero detti infatti in una conversazione, che per gli inquirenti diventa un pesante elemento di prova.a pagina
CISON DI VALMARINO (TREVISO) «Ma come ha potuto farlo?». Poche parole, scambiate con la voce piegata dalla preoccupazione e dall’orrore di immaginare il proprio figlio come un assassino feroce. Eppure quelle frasi, quasi sussurrate e intercettate dai carabinieri, per il gip Gianluigi Zulian sono diventate l’elemento di prova più pesante a carico di Sergio Papa, il 36enne fermato all’alba di sabato con l’accusa di aver ucciso a coltellate Loris Nicolasi e la moglie Anna Maria Niola, nella loro villetta di Rolle.
Dai discorsi dei genitori emergerebbe chiaramente che sanno cos’è successo in via Marzolle e che a compiere il delitto è stato il loro figlio. Una prova che, involontariamente, sono stati proprio i famigliari a fornire agli inquirenti, contro la quale però Papa si difende.
Ieri, assistito dal suo avvocato Piergiorgio Oss, è comparso davanti al giudice per la convalida del fermo. E si è difeso: «Non sono stato io. Il giorno prima ho litigato con i Nicolasi ma il primo marzo non ero a Rolle». Per il giudice i gravi indizi di colpevolezza che hanno indotto il sostituto procuratore Davide Romanelli a firmare il provvedimento del fermo, sono fondati. E per questo, oltre a convalidarlo, su richiesta della procura ne ha disposto la custodia cautelare in carcere.
L’attenzione degli inquirenti si è spostata presto su Sergio Papa. Fin dalle prime ore dopo il delitto, quando i vicini e i famigliari della coppia uccisa hanno riferito di una lite, avvenuta il 28 febbraio tra i Nicolasi e quell’uomo che ogni tanto si vedeva bighellonare in giro, scoperto nella loro proprietà e allontanato duramente. Dargli un nome è stato facile. Ma lui era già sparito dalla zona e da Refrontolo, dove vivono i genitori. Ricompare il 4 marzo per andare a votare. Ma subito dopo, a casa Papa arriva una telefonata. I carabinieri convocano i genitori e il 36enne in caserma. La madre e il padre vanno subito. Il figlio capisce di essere nel mirino e scompare nuovamente.
Da quel momento, dopo il colloquio in caserma, gli inquirenti hanno un’arma in più. Le intercettazioni ambientali dei famigliari, dalle quali trapelerebbe chiaramente che sanno qualcosa del delitto. Qualcosa che solo chi l’ha commesso può avergli detto. E tutto il puzzle si compone, trovano il loro posto le varie tessere, diventate i gravi indizi di colpevolezza nelle 80 pagine del provvedimento di fermo: le dichiarazioni dei vicini che riferiscono della presenza, la mattina del 1 marzo, di quell’uomo, le celle telefoniche che collocano Papa nella zona di Cison, e il fatto che il 36enne, qualche tempo fa aveva lavorato per i Nicolasi come muratore. Un lavoro che l’uomo svolge saltuariamente, nell’alveo di una vita sbandata che lo porta a girovagare senza una meta precisa. Li conosceva e loro conoscevano lui. E proprio questo potrebbe aver fatto scattare la furia omicida.
Il movente resta da chiarire, forse il rancore per la lite o il desiderio di mettere a segno un furto nella villetta. Tra le prove, per ora, mancano quelle scientifiche. L’arma del delitto non è stata trovata ma nella casa degli anziani i Ris hanno trovato materiale biologico dal quale sarà estrapolato il Dna. Se risulterà essere quello dell’indagato, sarà la prova regina che lo incastra definitivamente. Anche i suoi vestiti saranno analizzati, a caccia di tracce di sangue della coppia. Sergio Papa però, dopo due giorni in cella, continua a dirsi innocente. Ieri lo ha fatto anche davanti al giudice: «Non sono stato io. Non ero a Rolle quel giorno e ci sono persone pronte a confermarlo». Ha detto di aver passato la notte a casa della nonna e di aver raggiunto, il mattino seguente, il fratello che vive a Miane. «È più sereno rispetto al momento del fermo - spiega l’avvocato Piergiorgio Oss - e ha voluto chiarire la sua posizione. Ha ammesso di aver incontrato i Nicolasi e che c’era stata una discussione. Ma che era finita lì».
Alle 15 di oggi, nel parco dell’ex villa Bidasio a Nervesa, l’ultimo addio alle due vittime, con una cerimonia laica.