Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il quadro
In Veneto sono 70mila i pazienti dei Centri di salute mentale, ma si calcola che i malati siano almeno 200mila. I servizi psichiatrici possono contare su un investimento pari al 2,9% del Fondo sanitario, contro una media nazionale del 5%. E i reparti di Psichiatria sono stati dimezzati da 40 a 20.
Le residenze psichiatriche sono 236 (su un totale di 400 presidi tra ambulatoriali, comunità semiresidenzial i e residenziali) e accolgono 2037 degenti. Fino al 31 dicembre 2017 il 40% della retta era a carico dei pazienti e il 60% la pagava la Regione con un fondo dedicato di 12 milioni di euro, che però per il 2018 non è stato rifinanziato. Ora il 60% della retta è in capo ai malati e 1500 di loro rischiano di essere dimessi VENEZIA L’allarme lo avevano già lanciato a fine settembre le associazioni degli specialisti e le famiglie dei malati, mandando una lettera a tutti i consiglieri regionali per denunciare che il «nuovo» Piano sociosanitario, la riduzione delle Usl da 21 a 9 e la conseguente riorganizzazione dell’assistenza sul territorio ma anche negli ospedali hanno fortemente penalizzato le cure psichiatriche in Veneto. Cifre alla mano, negli ospedali le Unità operative complesse di Psichiatria sono state dimezzate da 40 a 20, i primariati azzerati e rimessi a bando (stavolta nazionale) in seguito al cambio dei confini delle Usl, le risorse per le comunità terapeutiche bruscamente ridotte.
«Morale: 70mila pazienti dei Centri di salute mentale(ma i malati sono almeno 200mila) possono contare su un investimento pari al 2,9% del Fondo sanitario, contro una media nazionale del 5% — spiega il dottor Lodovico Cappellari, coordinatore regionale della Società italiana di Psichiatria —. E inferiore alla media italiana, a causa del blocco del turn over, è anche la dotazione di personale medico e di altre figure professionali indispensabili ai Dipartimenti di Salute mentale. Per i malati tutto ciò comporta tempi di attesa più lunghi, il rischio di cure inadeguate, prese in carico difficili, solitudine legata a una riorganizzazione dei Centri d’igiene mentale e delle strutture di riabilitazione su base provinciale. Il che significa — avverte Cappellari — che se finora abbiamo sempre cercato di mandare i pazienti nei presidi più vicini a casa, adesso potrebbero doversi spostare a diversi chilometri di distanza, con seri disagi pure per le famiglie dei ricoverati. Vuol dire che invece di una volta alla settimana li vedranno una volta al mese».
Ma il nodo più grosso è la compartecipazione alla rette delle strutture di residenzialità