Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Bancarotta fraudolenta: due anni a Mario Zaccariotto
Finì nei guai dopo il blitz della finanza nel caveau
GAIARINE A farlo finire nei guai, era stato un blitz della guardia di finanza che, negli uffici, nascosta dietro ad un appendiabiti aveva trovato la porta d’accesso a un caveau segreto.
Un buco nel muro nel quale erano stati infilati due cassetti, dentro ai quali erano custoditi contanti e contabilità sull’attività in nero della sua azienda di cucine dal 2005 al 2010. Per quei fatti Mario Zaccariotto ex titolare della «Zaccariotto Mario Spa», era finito alla sbarra accusato di evasione fiscale da 2 milioni di euro, frode fiscale e Irpef non pagata ed era stato assolto.
Ma nel 2012 la sua azienda, con 55 dipendenti, dopo un periodo di cassa integrazione era stata dichiarata fallita dal tribunale di Treviso e la finanza era tornata a mettere il naso nei suoi libri contabili. Un’indagine al termine della quale per lui si era aperto un nuovo processo per bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione, che si è chiuso nei giorni scorsi con una sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta per il crac dell’azienda.
Alla sbarra l’imprenditore era finito, in concorso, insieme all’amministratore unico Eros Corai, accusati di aver creato un passivo di 20 milioni di euro, tra depauperamenti del patrimonio aziendale, distrazione di denaro e beni.
I due sono stati condannati dal collegio dei giudici a una pena di 2 anni, con sospensione condizionale, per bancarotta fraudolenta aggravata per aver ceduto in affitto i capannoni dell’azienda e venduto il magazzino alla nuova società sorta dopo il fallimento della prima, la «Zaccariotto cucine Srl», a prezzi definiti dal curatore fallimentare «ridicoli». Secondo quanto accertato dagli inquirenti, infatti, avrebbero affittato il magazzino per 2500 euro mensili e lo avrebbero poi venduto a un prezzo di 440 mila euro a fronte di un valore di stima di oltre 1 milione di euro.
Operazioni che, secondo l’accusa, avrebbero contribuito ad aggravare il dissesto economico dell’azienda, condannandola al fallimento. Zaccariotto e Corai sono stati invece assolti dalle accuse di bancarotta documentale per le scritture contabili irregolari che non consentivano la puntuale ricostruzione del giro d’affari dell’azienda e del suo patrimonio. E da quella di bancarotta fraudolenta per la distrazione di alcuni milioni di euro relativi a un’operazione di «lease back», ossia la cessione del capannone con un contratto di leasing che sarebbe stato usato per coprire i buchi del bilancio e nascondere le perdite.
«I giudici hanno accolto in parte le istanze difensive – spiega Loris Tosi, legale di Zaccariotto -. Aspettiamo di leggere le motivazioni per valutare un appello che consenta di far cadere anche le altre accuse».