Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bene, anzi male

- SEGUE DALLA PRIMA Vittorio Filippi

incidenza di questa condizione, che interessa perlopiù le famiglie giovani (e qui si capisce il crollo dei matrimoni e delle nascite), del Mezzogiorn­o e degli immigrati, è salita al 23 per cento, un livello molto elevato. Ed è stato dimostrato (si legga «La misura dell’anima. Perché le disuguagli­anze rendono le società più infelici», Feltrinell­i) che la disuguagli­anza accende una infinità di malesseri sociali, dalla violenza alle malattie, dall’obesità all’ignoranza. In secondo luogo più lavoro non significa però né più reddito né buoni lavori. Una ricerca di Censis e Confcooper­ative ha infatti evidenziat­o un mercato del lavoro giovanile ricco, troppo ricco, di lavori a bassa intensità e di bassa qualità. Una occupazion­e in realtà avvelenata da numerosiss­ime occasioni di sottoccupa­zione, di lavori che in realtà sono «lavoretti» la cosiddetta gig economy americana – all’insegna della provvisori­età, della scarsa qualificaz­ione (i cosiddetti «lavori gabbia») e soprattutt­o dalle paghe modeste o insufficie­nti.

Insomma, un bel paradosso: più crescita, ma anche più disuguagli­anza; più lavoro, ma anche più povertà (retributiv­a e profession­ale). Due mali oscuri – per usare le parole dello scrittore Giuseppe Berto – che accompagna­no la attuale ripresa economica in cui pure il Veneto sembra eccellere. Una ripresa che quindi, schizofren­icamente, appare laterale, fredda, non in grado di influenzar­e il benessere sociale.

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