Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Si fece aiutare in sala dall’infermiera, chirurgo assolto
TREVISO E’ un luminare della chirurgia protesica, con 15 mila interventi eseguiti e una tecnica chirurgica da lui ideata. Ma era finito a processo con l’accusa di esercizio abusivo della professione medica perché, durante i suoi interventi presso la casa di cura Giovanni XXIII di Monastier, avrebbe fatto operare sui pazienti personale non medico. In particolare una «specialista di prodotto» di un’azienda produttrice delle protesi. Un caso, che aveva interessato varie strutture ospedaliere in Italia e che era stato portato alla ribalta della cronaca da un servizio televisivo delle Iene. Ma ieri, il professor Carlo Callea difeso dall’avvocato Vincenzo Grosso, è stato assolto con formula piena e con lui la coimputata Arianna Federico. Nessuna irregolarità si è, infatti, consumata nella sala operatoria dove il professore ha operato, per questo entrambi sono stati assolti perché il fatto non sussiste.
Una vicenda che inizia qualche anno fa quando il caso scoppia a livello nazionale con le prime denunce ai carabinieri dei Nas, relative alla presenza nelle sale operatorie durante gli interventi di specialisti inviati dalle aziende produttrici di protesi, esperti delle stesse e in grado di fornire informazioni direttamente sul campo ai chirurghi incaricati di impiantarle. Personale non medico, quindi, e che, secondo le denunce, non si sarebbe limitato a guardare e fornire indicazioni, ma avrebbe operato sui pazienti. Cosa contestata, dopo un’ispezione dei Nas alla casa di cura di Monastier, anche ad Arianna Federico, «specialista di prodotto» di una di queste aziende, che ha partecipato ad alcuni degli interventi eseguiti dal professor Callea. Al chirurgo veniva imputato di averle consentito di posizionare un divaricatore su un paziente, una manovra che spetta al personale medico. Accuse sempre respinte da Callea che, durante il processo, anche avvalendosi della consulenza del professor Carlo Moreschi, è riuscito a dimostrare che l’unica azione compiuta dalla Federico è stata quella di tenere fermo il divaricatore, posizionato dal medico. Ma non solo, che la stessa poteva farlo in quanto infermiera professionale strumentista e quindi titolata a farlo. Per questo ieri, entrambi, sono stati assolti con formula piena.