Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza stanziati i soldi Ora la nomina del commissario
nale, Angelo Borrelli, un tecnico esterno oppure uno nominato dal presidente del Veneto. Il quale commenta: «Quando ho presentato la richiesta dello stato di emergenza per i Pfas, nel settembre 2017, sono stato attaccato da mezzo mondo, mi dicevano che il governo non l’avrebbe mai accolta. Invece l’ha fatto, anche se ai tempi supplementari. Si sono persi un sacco di mesi ma la decisione del governo è comunque un passo importante per mettere la parola fine in tempi brevi a una problematica tanto delicata e che abbiamo affrontato con rigore». «E’ un decreto fondamentale, che raccoglie il grido d’allarme della popolazione (continue le proteste di Greenpeace e delle Mamme no Pfas, ndr) — concorda il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti —. Grazie al contributo del ministero il costo del progetto non graverà integralmente sulla tariffa del servizio idrico».
Cosa è stato fatto
L’emergenza Pfas (sostanze dagli anni ‘50 utilizzate per la produzione di pentole, suppellettili per la casa, tessuti, carta per le pellicole fotografiche e per contenitori di alimenti) è scoppiata nel 2013, quando il Cnr nazionale ne ha segnalato la presenza nella falda acquifera dei 21 Comuni veneti citati (300 mila abitanti). Il dito è stato puntato contro l’azienda Miteni di Trissino, che in effetti alla fine del gennaio 2017 ha presentato una denuncia alla Procura di Vicenza per segnalare il ritrovamento nel proprio terreno, vicino al torrente Poscola, di «sacchi di plastica contenenti rifiuti industriali».
La Procura ha aperto un’inchiesta e indagato l’azienda più nove dirigenti, con l’accusa di adulterazione dell’acqua e inquinamento ambientale. La Miteni ha precisato che i rifiuti risalgono all’epoca in cui lo stabilimento era «Rimar» (Ricerche Marzotto), ma l’Arpav ha disposto il sequestro dell’area e avviato