Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il Foro Boario di Davanzo: sogno, declino e rilancio
Allo Iauv un’esposizione ripercorre la storia dell’architettura padovana di Giuseppe Davanzo. La forma di un tendone da circo si fonde con quella dei templi indonesiani. I progetti per il recupero
Giusto cinquant’anni sono passati dalla realizzazione di un’opera che fece, allora, storia e, non da oggi, polemica. È del Foro Boario di corso Australia nella periferia di Padova che si parla, metafisico progetto firmato dall’architetto Giuseppe Davanzo (Treviso 19212007). La «reggia per i buoi» come la definì il critico Pier Carlo Santini in un bell’articolo sulla Fiera Letteraria del 25 aprile 1968, tornata recentemente più volte alla luce fredda della cronaca per l’assegnazione di riuso alla francese Leroy Merlin, quella Versailles bovina destinata a una sorte di abbandono, combattuta variamente negli anni con brillanti – più o meno – adattamenti di riuso, oggi è al centro di una mostra, aperta fino al 13 aprile, nello spazio espositivo «Gino Valle» al Cotonificio di Santa Marta dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. L’esposizione a cura di Roberta Albiero, Giovanni Mucelli e Martina Davanzo con la collaborazione dell’Archivio Progetti, intende focalizzare il problema del riuso – dopo accurato restauro – di una delle opere capitali dell’architetto Giuseppe Davanzo, il cui progetto vinse il concorso di idee nel 1963 e che venne realizzata tra il 1965 e il ‘69. L’opera, allora estremamente innovativa, di Davanzo, allievo e poi assistente di Carlo Scarpa, insiste su un area di circa 120 mila metri quadrati, di cui 35 mila coperti e si presenta come un gigantesco tendone da circo, con due lanterne che svettano sopra una infinita e digradante distesa di piccole coperture. La vista richiama senza dubbio il superbo tempio di Borobudur in Indonesia, calato in una poco affascinante periferia patavina. Che farne? Così si sono interrogati gli studenti dell’Atelier di Sostenibilità Ambientale, del corso di laurea in Architettura e Cultura dl Progetto: alcune risposte sono in mostra, esposte accanto a modellini 3D che tentano di reinventare quello spazio afflitto dall’abbandono.
Le ipotesi dei giovani aspiranti progettisti, basate sullo studio di materiali e tecniche costruttive impiegati, si articolano sostanzialmente intorno a un riuso di tipo artigianale-commerciale, improntato alla produzione di materiali riciclati e al ecommerce. Ma in mostra troveremo anche le tavole originali del progetto di Davanzo, il modello, lo schizzo del tendone da circo – origine dell’idea; accanto, le foto in un bianco e nero storico dei lavori in corso, con quelle strutture prefabbricate che diventarono il laboratorio di sperimentazione degli anni Sessanta, così esteso come mai ancora si era tentato. E insieme alle foto d’epoca di Luciano Svegliado, gli scatti frutto di una recente ricognizione fotografica di Paolo Mazzo, e immagini di dettagli, ancora incisivi, ancora di forte effetto.
La questione del Foro Boario di Davanzo si colloca ben al di là di un’ ottica comunale, investendo il suo eventuale riutilizzo una zona molto vasta e sensibile, soprattutto per ragioni di viabilità – presa tra ferrovia e tangenziale, richiedendo provvedimenti riguardanti l’impatto idrogeologico dell’area, riflessioni paesaggistiche di respiro regionale. Essendo inoltre e non ultimo, il Foro Boario di Davanzo, bene architettonico vincolato dal 2008, il suo futuro investe anche la complessa questione del restauro di opere d’arte o di interesse artistico del secolo scorso, il breve e cementificato Novecento, con tutte le implicazioni che il degrado rapido del cemento armato comporta.