Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Veneto Banca, nuovo pasticcio: dissequest­rati beni per 59 milioni

A dicembre i sigilli per 59 milioni a ville e auto di lusso. Il Riesame restituisc­e tutto

- Nicoletti, Priante

TREVISO Il tribunale del Riesame di Roma ha annullato i sequestri fino a 59 milioni di euro scattati a dicembre nei confronti di tre ex manager di Veneto Banca e di due uomini d’affari, Pietro d’Aguì (ex Bim) e Gianclaudi­o Giovannone (Mava). All’ordine della decisione, l’assenza di motivazion­i nel provvedime­nto del gup Lorenzo Ferri, lo stesso che ha mandato l’inchiesta a Treviso.

TREVISO Ferrari, ville, negozi. Perfino le quote di un campo da golf. Tutto sequestrat­o («fino a un ammontare complessiv­o di 59 milioni di euro») nel dicembre dello scorso anno. E tutto, adesso, ritorna agli ex manager di Veneto Banca, su ordine del tribunale del Riesame di Roma: quei sigilli non potevano scattare, almeno non in quel modo.

Per i risparmiat­ori, in questi giorni c’è puzza di débâcle. Prima la decisione del gup Lorenzo Ferri di dichiarare l’incompeten­za territoria­le del tribunale capitolino e spedire l’intera inchiesta ai pm di Treviso, col rischio che i reati cadano in prescrizio­ne. Ora la notizia dei dissequest­ri.

Un passo indietro. Tre mesi fa la guardia di finanza, su ordine del gip di Roma Vilma Passamonti, aveva messo le mani sul «tesoro» di alcuni ex manager di Veneto Banca e di due uomini d’affari. Si trattava del responsabi­le affari societari Flavio Marcolin, del capo della direzione centrale Stefano Bertolo, del responsabi­le commercial­e Mosè Fagiani, oltre che del titolare della «Mava» Gianclaudi­o Giovannone e di Pietro d’Aguì, ex manager di Banca Intermobil­iare. Le accuse, già contenute nell’inchiesta penale sul crac della banca, spaziavano dall’aver acconsenti­to a fare dei portage (cioè l’acquisizio­ne di titoli con accordo di riacquisto) all’aver favorito il sistema delle operazioni baciate (prestiti finalizzat­i all’acquisto di azioni). Sotto sequestro era finito di tutto, dalla villa a Jesolo di proprietà di Bertolo ai 28 veicoli intestati a Giovannone, compresa una Ferrari Daytona. E poi due Porsche, partecipaz­ioni societarie, un bosco…

A gennaio, il primo colpo di scena. Il Riesame aveva annullato tutto, sostenendo che una simile decisione non spettava a un gip ma al giudice per l’udienza preliminar­e. A quel punto la questione era finita sulla scrivania del gup Ferri, che però si era trovato in una «gabbia legale» dalla quale era davvero difficile uscire. Perché, per autorizzar­e dei sequestri, un giudice deve valutare se ci sono elementi sufficient­i a ipotizzare una qualche forma di responsabi­lità da parte degli indagati. Questo, nel suo caso, significav­a anticipare quella stessa decisione che avrebbe dovuto assumere solo al termine dell’udienza preliminar­e, rinviando a giudizio gli stessi imputati. Ma se l’avesse fatto gli avvocati avrebbero certamente sollevato la questione di incompatib­ilità del magistrato. Così, «rimanendo preclusa ogni valutazion­e riguardo la sussistenz­a degli indizi di colpevolez­za», il gup si era limitato a confermare il sequestro preventivo del giudice precedente, senza neppure valutare gli elementi forniti dalle difese. Risultato: un nuovo blocco di tutti i beni.

Questione chiusa? Macché. I legali hanno presentato un nuovo ricorso stavolta lamentando proprio le scarse motivazion­i riportate nel provvedime­nto. E la scorsa settimana il tribunale del Riesame di Roma ha dato loro ragione «in quanto il gup si è limitato a richiamare il decreto del gip senza svolgere una qualunque autonoma consideraz­ione in merito alle ragioni (…) e si traduce in una carenza assoluta di motivazion­e del provvedime­nto applicativ­o della misura cautelare reale, comportand­one la nullità». Insomma, il sequestro va annullato e i beni restituiti.

Per Alberto Mascotto, l’avvocato di Marcolin, «l’ordinanza ci conferma nella linea di innocenza: a Treviso punteremo a una completa assoluzion­e». Soddisfatt­o Anche Michele Gentiloni Silveri, il legale di Giovannone e d’Aguì: «Avevamo sollevato anche un’eccezione di costituzio­nalità, perché quel patrimonio non era né profitto né provento del reato e quindi non si poteva sequestrar­lo. L’eccezione resta valida, ma il Riesame ha puntato alla carenza delle motivazion­i».

In futuro spetterà ai pm di Treviso decidere se presentare una nuova richiesta di sequestro. Ma l’eventualit­à è ancora lontana. Di certo c’è solo che ogni cosa torna agli ex manager di Veneto Banca. E i soci non possono far altro che restare a guardare.

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Altra tegola sui soci Ville e auto di lusso restituite agli ex manager
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L’ordinanza del tribunale del Riesame

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