Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Vince la causa troppo tardi, via azienda svedese

Pirogassif­icatore, la Corte boccia Regione (e comitati)

- Di Marco de’ Francesco

«Non nel mio cortile». Ci risiamo. Il caso è quello della svedese Cortus, che voleva realizzare nel Trevigiano due pirogassif­icatori. Regione e comitati le hanno fatto la guerra. E a nulla è servita la sentenza della Corte che le dava ragione.

TREVISO «Non nel mio cortile». E ci risiamo. Il caso è quello della svedese Cortus Energy, azienda che realizza impianti di energia green per il proprio Paese e per altri, che aveva in animo di costruirne due nella Marca, uno a Paese e l’altro a Gaiarine. E ciò in partnershi­p con la Greenova di Pordenone. Si trattava di trasformar­e le potature delle viti in corrente elettrica e in acqua calda. Pochi anni fa la società scandinava ha «venduto» strutture del genere in California. Perché dunque, non piazzare esemplari simili nella terra del Prosecco, visto che ogni anno i filari della Marca lasciano a marcire 75mila tonnellate (i conti li fa il Sole 24 Ore) fra fusti, germogli, fogliame, e tralci? Ma niente, ecco subito spuntare il comitatone Nimby (acronimo inglese per Not in my back yard, appunto «Non nel mio cortile») che muove le fila della politica tanto da conseguire l’appoggio della Regione. Questa si mobilita e scrive una legge ad hoc per bloccare tutto (prescriven­do distanze particolar­i da singole case abitate e da centri abitati); e sebbene la norma venga ora silurata dalla Corte Costituzio­nale, il comitatone porta a casa la vittoria: gli Svedesi, vedendo la malaparata dal punto di vista dell’apprezzame­nto sociale, se la sono svignata. Saltano investimen­ti, in Veneto, pari a 33 milioni di euro. Il progetto era stato seguito vicino anche da Confindust­ria — come quello, per altro, dei termovalor­izzatori del Trevigiano, anch’essi falliti — , che oggi, benché i suoi rappresent­anti non intendano commentare ufficialme­nte — fa trapelare un certo sconforto per l’epilogo della vicenda.

Il muro degli oppositori, tuttavia, è stato granitico. «Ma per carità — sbotta l’assessore regionale all’ambiente Gianpaolo Bottacin —: è tutta un’altra storia. Gli svedesi se ne sono andati perché avevo portato una apposita delibera in giunta, per bocciare il progetto. Che è quindi stato affossato con un atto amministra­tivo. La faccenda della legge è un’altra. Al contempo, si era pensato di scrivere una normativa regionale in materia. Ora, la Corte Costituzio­nale ha detto che noi non abbiamo il potere di determinar­e la distanza di quel genere di impianti dalle abitazioni. È una delle facoltà che chiediamo allo Stato, a proposito della trattativa in corso con Roma per ottenere più autonomia. Da una parte l’Unione europea favorisce l’installazi­one di pirogassif­icatori (che trasforman­o materiale organico in gas, e questo viene utilizzato per produrre energia); dall’altra lo Stato non ci consente di decidere dove piazzarli. Ed è questo il punto».

Ma qual è la ragione del diniego amministra­tivo? Non si tratta di ottenere energia pulita? «Ho presentato la delibera in giunta — continua Bottacin — non perché gli Svedesi mi stessero antipatici, o perché ce l’abbia contro progetti di questo tipo. Il fatto è che si era riunita la “Commission­e tecnica ambiente” – di cui non fa parte solo la Regione, ma anche l’Arpav (l’agenzia regionale per la prevenzion­e e protezione ambientale), i Comuni interessat­i, le Ulss, e altri. Una delegazion­e tecnica, che aveva detto di no. E lo aveva fatto a ragion veduta, numeri alla mano. Particolar­mente compromess­a sembrava la situazione di Paese». Ma come sarebbe andata, a Paese? Secondo il primo cittadino, Francesco Pietrobon, le cose stanno così: «La contrariet­à non era sull’impianto in sé, ma su dove si trattava di piazzarlo. Una struttura simile, sulle coste ventose bagnate dal Mare del Nord, fa solo del bene. Da noi è un po’ diverso. D’inverno l’aria stagna, e il Pmi schizza verso l’alto. Quindi, la scelta del sito specifico è di per sé strategica». E quello scelto a Paese non andava bene? «La struttura — continua Pietrobon — doveva essere realizzata a 100 metri dal borgo principale del comune, che fa 11mila abitanti; e più o meno alla stessa distanza dalla maggiore frazione, Castagnole, che fa 4.500 abitanti. Decisament­e, non era il posto giusto». C’erano altre ragioni per dire di no al progetto? «Direi proprio di sì — continua Pietrobon —: mancavano valutazion­i sul beneficio ambientale ed energetico. Facciamo un esempio: invece di utilizzare il gasolio, utilizziam­o l’energia del pirogassif­icatore. Ma se per far funzionare quest’ultimo dobbiamo mobilitare centinaia di camion che portano i resti delle vigne... Per noi, comunque, è una faccenda passata». Sta di fatto che l’investimen­to è sfumato e gli svedesi di Cortus Energy se ne sono andati altrove.

L’assessore Bottacin

Da una parte l’Europa favorisce l’installazi­one di pirogassif­icatori, dall’altra lo Stato non ci consente di decidere dove piazzarli. Noi avevamo bocciato quel progetto

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