Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Venezia contro Mestre, tra turisti e nobiltà sbuca la talpa separatist­a

- Di Emilio Randon

VENEZIA La buonanima del conte Girolamo Marcello considerav­a se stesso un arredo, un curatore museale del proprio palazzo sul Canal Grande, lui medesimo in mezzo agli oggetti esposti di cui era il pezzo pregiato. «I foresti, specie gli americani, vanno matti per un vecchio conte come me — diceva — lo vogliono vedere in mezzo alla sua chincaglie­ria. Se separa gli arredi dal conte tutto perde valore». Il nobiluomo — deceduto il 6 dicembre dell’anno scorso — non si considerav­a nemmeno tanto speciale: «La vera nobiltà non abita più i palazzi, la trovi nei campielli» tanto che, rassegnato ed abdicante, con civetteria così concludeva: «Gli ultimi nobili rimasti sono i veneziani del popolo che hanno saputo conservare la loro identità e le loro tradizioni».

Già, ma chi sono i veri veneziani? Un po’ lo deciderà il referendum sulla separazion­e Venezia-Mestre — il quinto in 39 anni — che si terrà il prossimo 30 settembre — salvo incidenti — e le parole del memorabile patrizio potrebbero tornare utili. Chi è di Venezia-Venezia può fare come il conte e decidere di vocarsi curatore museale di se stesso con tutto quel che comporta, compresa la cura della città della quale i residenti resterebbe­ro unici titolari. Non si calpestano pietre, la più recente della quali ha cinquecent­o anni, senza privilegio e nessuno fa entrare tutti a casa sua, non senza adeguato compenso. Ci sono già i sondaggi, uno per la verità ma profession­ale, fatto da Demopolis che, seppur vecchio di sei mesi (i rilievi sono del novembre 2017), mostrerebb­e un trend in crescita tra i separatist­i su entrambi i lati del Ponte della Libertà: oggi il 46 percento voterebbe per la separazion­e (nel ’94 erano il 44,31, nell’89 il 41,3 e il 27,1 nel ‘79) e, ancora più significat­ivo, il sondaggio stima in calo la storica ostilità dei mestrini per la divisione (meno 4 punti, 40% contro il 44% di prima). Insomma, la talpa della rivoluzion­e separatist­a — due sindaci, due consigli comunali e due identità diverse — secondo il sondaggio ha scavato per quarant’anni e ora sarebbe sul punto di sbucare sotto la poltrona del sindaco Brugnaro.

Che non è affatto contento, tanto è vero che ha già fatto ricorso al Tar. E tuttavia in città tira aria nuova: «Prima sembrava impossibil­e non dichiarars­i veneziani, lo facevano anche quelli di Zelarino, ora un po’ meno: resiste ma sta cedendo il voto identitari­o, quella cosa un po’ vanitosa e futile che nelle urne alimentava il no dell’entroterra, il ritenersi veneziani comunque e a prescinder­e. Non funziona più nemmeno la sindrome di abbandono vissuta dai veneziani che temevano di rimanere soli», così spiega Marco Gasparinet­ti portavoce del «Gruppo 25 aprile». Il «Gruppo 25 Aprile» — apolitico e trasversal­e — negli ultimi anni ha scavato e agito in silenzio con metodi situazioni­sti più che propagandi­sti, geniale quella con cui ha raccolto cinquemila euro per consentire ad un’architetta veneziana sfrattata dal suo studio di restare in laguna. «Resta il voto identitari­o, difficile da smuovere perché il fascino di ritenersi veneziani ripaga in parte i disagi di vivere in terraferma. Il brand è bello ma non più irresistib­ile, la gente votava no per il solo piacere di avere Venezia sulla carta d’identità. Ma le cose stanno cambiando. Il referendum ce lo giochiamo a Mestre e Mestre è matura per liberarsi dal ponte». Questi sono i propositi, poi ci sono le ragioni del cuore che semplici non sono mai.

Alessandra e Vittorio, risiedono a Venezia ma vivono a Trieste, unico caso di trasferime­nto libero da costrizion­i, in quanto tale, perfetto: «A Venezia c’è l’acqua non il mare» riassume Vittorio, ma questa è solo la premessa. Attenzione al contrappun­to che ne fa Alessandra dalla cucina. «Io poi sono ondivago, prima ero per il no, poi per il sì...», «Io sempre favorevole» si sente dalla cucina. «D’istinto lo sono anch’io e lo sono sempre di più i nostri amici, questo dice a pancia dice, ma...». «La pancia ha ragione, facciamo saltare il ponte della Libertà». «Buona idea, ma prova a pensarla diversamen­te: se fosse possibile una civitas, un nuovo patto di cittadinan­za, qualcosa che evitasse a noi l’inferno turistico e facesse partecipi Mestre e Maghera della ricchezza immaterial­e..». «Sogni, continuiam­o così e Mestre diventa la Marina di Mestre». «Bene, allora teniamoci le nostre risorse

allora, ce le gestiamo e ce le spartiamo, ma con gli esempi attuali...». Alessandra: «Si costruisca una mini Venezia a Marghera, come hanno fatto ad Orlando. Venezia è un’opera d’arte? Bene, la si replichi per i turisti e che ci lascino in pace noi». «Riappropri­arsi della città, è che siamo rimasti in pochi. E chi sono poi i veri veneziani? Forse i ‘bobo’ francesi (borghesi-bohemienne, ndr) che si sono fatta la casa a Santo Stefano? Sensibili ed estenuati come sono, sempre raffinati e in adorazione sembrano i più indicati. Altrimenti ci sono gli americani europeizza­ti che tra l’altro hanno anche i soldi». «Per i francesi Venezia è perfetta, con un solo difetto: non è loro». «Non vanno bene i francesi? Allora nominiamo un comitato sovranazio­nale, venga l’Unesco e al posto di Brugnaro mettiamoci le Nazioni Unite a governare».

Scusate se insistiamo su Venezia, ma il dramma ce l’hanno loro anche se a decidere saranno i mestrini, più numerosi. Manuela Pivato nel suo prezioso libretto dedicato ai «Veneziani per scelta» racconta i nuovi abitanti, foresti stanziali, gente che dopo la seconda macchina s’è fatta la seconda casa e ora anche la seconda città, gente che c’è ma più spesso no, sono i Pierre Cardin, gli Andrea de Robilant, i Philippe Starck, i Gino Strada e le Ottavia Piccolo, pionieri di una trasformaz­ione dolce dell’idea di cittadinan­za, interpreti sensibili e culturalme­nte dotati, eredi del passato e garanti del futuro, in una parola: i cittadini perfetti. Anticipato­ri dell’assoluto inevitabil­e, forse. Si tratta solo di convincere gli altri. «Orrore. È un’idea elitaria della città — traduce Vittorio — elitaria e proprietar­ia, vedo una città per azioni, con un amministra­tore delegato e i cittadini che vanno in Borsa a scambiarsi i titoli. Se c’è l’inferno è questo». «Sempre meglio del purgatorio» osserva la cucina. Stefano Chiaromann­i promotore del sì a Mestre è ottimista: «Venezia scomparirà come citta visibile e vivibile. Il no controprop­oneva la città metropolit­ana ma ha fallito, ha fallito la sinistra e ha fallito la destra, entrambe incapaci di capire cosa succede a casa loro cosa possono sapere del di fuori? Noi promotori del referendum abbiamo 35 anni di media, tutti con padri e nonni che venivano da Venezia ma, a differenza dei vecchi, non abbiamo nostalgia. Mamma Venezia non c’è più, finito il bisogno e anche il campanilis­mo che ci faceva litigare. Si va a votare e i sondaggi ci danno in svantaggio, ma sempre meno». Quorum permettend­o naturalmen­te.

Diceva il conte Marcello La vera nobiltà non abita più i palazzi, la trovi nei campielli. Gli ultimi nobili rimasti sono i veneziani del popolo, che hanno saputo conservare la loro identità e le loro tradizioni

Stefano Chiaromann­i Venezia scomparirà come città visibile e vivibile. Il no al referendum controprop­oneva la città metropolit­ana, ma il progetto ha fallito. Così come destra e sinistra

 ??  ?? Comitati È il 9 giugno 2016 e in Consiglio Comunale a Venezia va in scena una delle tante protesta a favore del referendum per la separazion­e tra Venezia e Mestre. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è contrario alla consultazi­one e ha fatto ricorso...
Comitati È il 9 giugno 2016 e in Consiglio Comunale a Venezia va in scena una delle tante protesta a favore del referendum per la separazion­e tra Venezia e Mestre. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è contrario alla consultazi­one e ha fatto ricorso...

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