Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Commozione per il 7 aprile «Fu morte e distruzione, ma la città seppe ripartire»
TREVISO Come (quasi) ogni anno splendeva il sole su Treviso e sulla Torre Civica quando alle 13.05 sono partiti i rintocchi del campanone, per ricordare il 7 aprile 1944 quando gli aerei americani bombardarono la città, lasciando una striscia di distruzione, macerie e il sangue di 1.600 vittime. In piazza dei Signori alle celebrazioni solenni c’erano i rappresentanti delle istituzioni e molti cittadini, per uno degli appuntamenti più sentiti nel capoluogo; fra loro anche alcuni sopravvissuti di quel tragico Venerdì Santo. «Il cielo era scuro, io e mio fratello siamo usciti di corsa di casa, a Porta Filippini – racconta Giorgio Fanti, che oggi ha 94 anni -. La bomba era caduta poco distante, fra il municipio e via Inferiore. Tutto intorno era un disastro. I miei amici mi aspettavano ai Canottieri, sul Sile, dov’è caduta un’altra bomba. Se li avessi raggiunti sarei morto anch’io».
In piazza c’era un gazebo dell’associazione nazionale vittime di guerra, con spille e magliette con la scritta «Stop alle bombe sui civili» che gli amministratori hanno indossato durante la cerimonia. «Le persone non possono essere derubricate a danno collaterale di una guerra – ha detto il sindaco Giovanni Manildo -. Per Treviso questa giornata è importante perché nonostante il dolore ci ricorda la spinta per ricostruire la città e un grande senso di comunità».