Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Banco Bpm vede il ritorno alla cedola Castagna: «Siamo l’alternativa a Intesa»
Fratta Pasini spinge, l’Ad frena: «Fare utili non basta». Entro giugno 300 filiali in meno
MILANO Banco Bpm fa rivedere ai soci il dividendo per l’anno prossimo. E vuole crescere in Veneto, fuori Verona, in alternativa a Intesa. La promessa della cedola, dopo anni di digiuno con il Banco, è uscita ieri alla Fiera di Milano, all’assemblea soci che ha approvato il bilancio 2017, primo test post-fusione. Assemblea senza scossoni, con il bilancio approvato dal 99,8% del capitale presente, il 40% del totale. Unico intoppo (molto relativo) il piano a cinque anni da 11 milioni di euro di incentivi a manager e dirigenti, su cui non sono mancati i mal di pancia e non solo dei piccoli soci, visto che due delle 4 votazioni di cui era composto sono passate con l’85% e il 90%. «Riguarda 250 persone, 44 mila euro di media, non pochi eletti. Spendiamo meglio e non di più per trattenere personale rilevante. Non mi sembra nulla di scandaloso», ha affermato l’amministratore delegato, Giuseppe Castagna.
Sul piano operativo, l’accento anche nel 2018 resta sulla riduzione della zavorra di crediti problematici ereditati dal passato. Castagna ha annunciato il raddoppio del piano di smaltimento, 17 miliardi in tre anni invece degli 8 iniziali: «Dai 30 miliardi di 18 mesi fa siamo già scesi a 23 e arriveremo a 13. È la riduzione più grossa mai fatta da una banca italiana», escludendo il piano Mps sostenuto dallo Stato. In parallelo, avanti con il taglio costi: i 320 milioni in tre anni salgono a 400, con altre 700 uscite nel 2018, dopo le 1.500 del 2017: 180 milioni di risparmi a regime. E ancora, meno filali: dopo le 170 chiuse nel 2017, le attuali 2.246 si ridurranno di 300, chiuse entro giugno.
Messa così, il rischio è di veder ruotare tutto intorno al taglio oneri. Forse anche per questo l’altro accento va sulla cedola. Quest’anno gli utili sono andati a riserva. Ma il cda rivendica nella lettera ai soci allegata al bilancio che l’operazione ha fatto rivalutare l’azione: «Non significa rimandare sine die la giusta remunerazione - si legge nella lettera-. Significa dare priorità alla rimozione delle cause che gravano sulla quotazione della banca». «Dalla fusione il titolo è salito del 24,5%, del 9% da inizio anno», dice Castagna. «Ma al pagamento vogliamo comunque tornare già dal corrente esercizio», si legge nella lettera del cda. «In tempi brevissimi», conferma dal palco il presidente Carlo Fratta Pasini. Castagna è più cauto, dopo l’assemblea: «Non basta far utili per distribuire dividendi. Nel 2018 prevediamo un buon risultato finale. Vedremo se mirare al dividendo o ad aumentare il valore in Borsa, su cui la riduzione degli Npl ha un peso importante».
Il richiamo alla cedola accende il faro sul buon andamento operativo della banca. Castagna parla del +9% della raccolta in conti correnti e depositi a vista, 7 miliardi in più, del +7,5% del risparmio gestito, del piccolo segnale del +0,8% degli impieghi in bonis, dell’utile netto a 557 milioni. «Anche i primi mesi 2018 vanno bene. Risultato non scontato, vista la riorganizzazione territoriale, con tremila dipendenti che hanno cambiato ruolo, clienti, portafoglio». E ora c’è da sfruttare l’accordo con Cattolica: «Siamo molto soddisfatti - dice il manager - e impegnati a ripagare la fiducia che Cattolica ha riposto sulla nostra rete».
L’obiettivo è chiaro. «Siamo diventati una banca che può competere con le due grandi», Intesa e Unicredit, aggiunge il manager riferendosi al mercato imprese. Un confronto che si vuole generalizzato, a Nordest. Un socio chiede a Castagna dell’impatto in Veneto dell’acquisizione da parte di Intesa di Bpvi e Veneto Banca. «C’è stato un prima e un dopo Intesa - è la replica -. Prima abbiamo approfittato molto di un clima di difficoltà, aumentando clienti e quote di mercato. Ma la situazione continua anche dopo: rappresentiamo un’alternativa. Non vogliamo essere la brutta copia dei due grandi player bancari, ma specializzarci nei nostri territori forti».
Castagna azzera invece le aggregazioni a breve. Si dice preoccupato «per un processo di consolidamento troppo veloce». Ovvero: è insensato per Banco Bpm muovere prima di aver estratto il valore dalla fusione: «Non pensiamo per i prossimi due anni di esser impegnati nel consolidamento. Abbiamo fatto un’operazione molto impegnativa, vogliamo portare a casa i frutti. Se ne riparlerà a fine 2019. Non si deve mettere troppa carne al fuoco, fare per forza un’operazione all’anno: sarebbe dannoso». E quali interlocutori tra due anni? Anche Mps? «Tutti i giocatori - è la replica - che, quando saremo pronti, saranno nella nostra condizione di fare un’operazione importante».
Per intanto l’esito del primo anno attrae nuovi investitori. In assemblea si presenta la cassa dei medici, l’Enpam: ha preso l’1% del capitale. Come Crt, la fondazione torinese nell’orbita Unicredit, salita oltre l’1%, lungo uno schema che Fondazione Cariverona aveva già inaugurato nel 2016. Mosse che Castagna e Fratta Pasini non possono che vedere ovviamente come un buon segnale anche in chiave di stabilizzazione dell’assetto proprietario.
Il manager
Vogliamo specializzarci nei nostri territori. Per due anni niente consolidamento con altri: prima vogliamo i frutti dalla nostra fusione