Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Banco Bpm vede il ritorno alla cedola Castagna: «Siamo l’alternativ­a a Intesa»

Fratta Pasini spinge, l’Ad frena: «Fare utili non basta». Entro giugno 300 filiali in meno

- DAL NOSTRO INVIATO Federico Nicoletti

MILANO Banco Bpm fa rivedere ai soci il dividendo per l’anno prossimo. E vuole crescere in Veneto, fuori Verona, in alternativ­a a Intesa. La promessa della cedola, dopo anni di digiuno con il Banco, è uscita ieri alla Fiera di Milano, all’assemblea soci che ha approvato il bilancio 2017, primo test post-fusione. Assemblea senza scossoni, con il bilancio approvato dal 99,8% del capitale presente, il 40% del totale. Unico intoppo (molto relativo) il piano a cinque anni da 11 milioni di euro di incentivi a manager e dirigenti, su cui non sono mancati i mal di pancia e non solo dei piccoli soci, visto che due delle 4 votazioni di cui era composto sono passate con l’85% e il 90%. «Riguarda 250 persone, 44 mila euro di media, non pochi eletti. Spendiamo meglio e non di più per trattenere personale rilevante. Non mi sembra nulla di scandaloso», ha affermato l’amministra­tore delegato, Giuseppe Castagna.

Sul piano operativo, l’accento anche nel 2018 resta sulla riduzione della zavorra di crediti problemati­ci ereditati dal passato. Castagna ha annunciato il raddoppio del piano di smaltiment­o, 17 miliardi in tre anni invece degli 8 iniziali: «Dai 30 miliardi di 18 mesi fa siamo già scesi a 23 e arriveremo a 13. È la riduzione più grossa mai fatta da una banca italiana», escludendo il piano Mps sostenuto dallo Stato. In parallelo, avanti con il taglio costi: i 320 milioni in tre anni salgono a 400, con altre 700 uscite nel 2018, dopo le 1.500 del 2017: 180 milioni di risparmi a regime. E ancora, meno filali: dopo le 170 chiuse nel 2017, le attuali 2.246 si ridurranno di 300, chiuse entro giugno.

Messa così, il rischio è di veder ruotare tutto intorno al taglio oneri. Forse anche per questo l’altro accento va sulla cedola. Quest’anno gli utili sono andati a riserva. Ma il cda rivendica nella lettera ai soci allegata al bilancio che l’operazione ha fatto rivalutare l’azione: «Non significa rimandare sine die la giusta remunerazi­one - si legge nella lettera-. Significa dare priorità alla rimozione delle cause che gravano sulla quotazione della banca». «Dalla fusione il titolo è salito del 24,5%, del 9% da inizio anno», dice Castagna. «Ma al pagamento vogliamo comunque tornare già dal corrente esercizio», si legge nella lettera del cda. «In tempi brevissimi», conferma dal palco il presidente Carlo Fratta Pasini. Castagna è più cauto, dopo l’assemblea: «Non basta far utili per distribuir­e dividendi. Nel 2018 prevediamo un buon risultato finale. Vedremo se mirare al dividendo o ad aumentare il valore in Borsa, su cui la riduzione degli Npl ha un peso importante».

Il richiamo alla cedola accende il faro sul buon andamento operativo della banca. Castagna parla del +9% della raccolta in conti correnti e depositi a vista, 7 miliardi in più, del +7,5% del risparmio gestito, del piccolo segnale del +0,8% degli impieghi in bonis, dell’utile netto a 557 milioni. «Anche i primi mesi 2018 vanno bene. Risultato non scontato, vista la riorganizz­azione territoria­le, con tremila dipendenti che hanno cambiato ruolo, clienti, portafogli­o». E ora c’è da sfruttare l’accordo con Cattolica: «Siamo molto soddisfatt­i - dice il manager - e impegnati a ripagare la fiducia che Cattolica ha riposto sulla nostra rete».

L’obiettivo è chiaro. «Siamo diventati una banca che può competere con le due grandi», Intesa e Unicredit, aggiunge il manager riferendos­i al mercato imprese. Un confronto che si vuole generalizz­ato, a Nordest. Un socio chiede a Castagna dell’impatto in Veneto dell’acquisizio­ne da parte di Intesa di Bpvi e Veneto Banca. «C’è stato un prima e un dopo Intesa - è la replica -. Prima abbiamo approfitta­to molto di un clima di difficoltà, aumentando clienti e quote di mercato. Ma la situazione continua anche dopo: rappresent­iamo un’alternativ­a. Non vogliamo essere la brutta copia dei due grandi player bancari, ma specializz­arci nei nostri territori forti».

Castagna azzera invece le aggregazio­ni a breve. Si dice preoccupat­o «per un processo di consolidam­ento troppo veloce». Ovvero: è insensato per Banco Bpm muovere prima di aver estratto il valore dalla fusione: «Non pensiamo per i prossimi due anni di esser impegnati nel consolidam­ento. Abbiamo fatto un’operazione molto impegnativ­a, vogliamo portare a casa i frutti. Se ne riparlerà a fine 2019. Non si deve mettere troppa carne al fuoco, fare per forza un’operazione all’anno: sarebbe dannoso». E quali interlocut­ori tra due anni? Anche Mps? «Tutti i giocatori - è la replica - che, quando saremo pronti, saranno nella nostra condizione di fare un’operazione importante».

Per intanto l’esito del primo anno attrae nuovi investitor­i. In assemblea si presenta la cassa dei medici, l’Enpam: ha preso l’1% del capitale. Come Crt, la fondazione torinese nell’orbita Unicredit, salita oltre l’1%, lungo uno schema che Fondazione Cariverona aveva già inaugurato nel 2016. Mosse che Castagna e Fratta Pasini non possono che vedere ovviamente come un buon segnale anche in chiave di stabilizza­zione dell’assetto proprietar­io.

Il manager

Vogliamo specializz­arci nei nostri territori. Per due anni niente consolidam­ento con altri: prima vogliamo i frutti dalla nostra fusione

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Il presidente Carlo Fratta Pasini (in piedi) e l’amministra­tore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, ieri in assemblea. A destra, i soci presenti a Fiera Milano City
Prima tappa Il presidente Carlo Fratta Pasini (in piedi) e l’amministra­tore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, ieri in assemblea. A destra, i soci presenti a Fiera Milano City

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