Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Confiscati 2 milioni a Maniero. Sorella assolta, cognato condannato
Il gip: il tesoro della Mala del Brenta investito in Svizzera, ma non in case e auto
VENEZIA L’ex cognato di Maniero, accusato da quest’ultimo di aver ricevuto parte suo «tesoro» e di averlo riciclato, è stato condannato dal giudice a 4 anni e 10 mesi. Assolta invece la sorella di Felicetto. A «Faccia d’Angelo» sono stati confiscati due milioni di euro.
VENEZIA Verità, mezze verità, bugie. La storia si ripete. O così, almeno, par di capire dal dispositivo del gip Massimo Vicinanza, che ieri ha condannato a 4 anni e 10 mesi Riccardo Di Cicco, 61enne odontoiatra toscano ed ex cognato di Felice Maniero, ma ha dimostrato di non credere a tutto quello che l’ex boss della Mala del Brenta disse ai pm di Venezia nel 2016: ovvero che a partire dagli anni Ottanta aveva consegnato a Di Cicco 33 miliardi di vecchie lire e che questi li aveva investiti in Svizzera e, in parte, usati per acquistare immobili e auto. Anzi, il gip ha pure disposto una maxi-confisca ai danni di «Faccia d’angelo» per due milioni di euro: probabilmente, in attesa delle motivazioni, la somma che Maniero avrebbe riavuto da Di Cicco negli anni e che dunque va restituita allo Stato perché è il frutto di spaccio di droga e rapine.
La procura aveva contestato a Di Cicco e all’ex moglie Noretta Maniero (sorella di Felice) il riciclaggio con 5 modalità: l’acquisto nel 1989 di una villa a Santa Croce sull’Arno, quello di una villa a Marina di Pietrasanta nel 2004, un’abitazione a Fucecchio comprata nel 2011, varie auto e infine le operazioni finanziarie che avevano come fulcro il conto Monastero aperto nel 2003 in Svizzera presso la Deutsch Bank. Il giudice ha condannato il solo Di Cicco per quest’ultima ipotesi, che peraltro lui stesso aveva ammesso, anche se limitandola a 11 miliardi di lire consegnati a metà anni Novanta ed escludendo invece i 22 miliardi riferibili al decennio precedente. Noretta Maniero è stata invece dichiarata prescritta da questa accusa, probabilmente ritenendo un suo ruolo solo prima del 2000, visto che il termine per quel reato è di 18 anni.
Nel dispositivo viene di chiarata prescritta anche l’accusa del primo acquisto, il che farebbe pensare che però avvenne con soldi di provenienza illecita. Anche perché la villa fu comprata nel 1989, quando Di Cicco da appena tre anni esercitava la professione di odontoiatra e dunque, anche credendo alla tesi difensiva che facesse largo uso di pagamenti in nero fin oltre il doppio di quelli fatturati, non avrebbe potuto racimolare i 160 milioni necessari. Il giudice ha invece assolto Di Ciccio e l’ex moglie, seppur con formula dubitativa, per l’acquisto degli altri due immobili e delle auto, ritenendo che non sia stato provato che i soldi non fossero dei ricavi, seppur illeciti, dell’odontoiatra. E questo, secondo il difensore, l’avvocato Giulio Venturi, potrebbe riaprire la partita della confisca disposta dal tribunale proprio nelle scorse settimane e già appellata.
Ha invece tenuto l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, contestata dai pm Giovanni Zorzi e Paola Tonini. «Un altro punto su cui faremo sicuramente appello - dice il legale perché la Cassazione dice che l’agevolazione deve essere diretta nei confronti dell’associazione mafiosa, non di uno solo dei suoi membri, seppure apicale».