Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ciambetti: «Le sanzioni alla Russia costano ai veneti 700 milioni l’anno»
Regione filo sovietica, il presidente del Consiglio incassa l’appoggio di Confindustria
VENEZIA Era il marzo del 2014 e la Russia aveva appena annesso la Crimea, quando Stati Uniti e Unione Europea decisero di punire il blitz con l’embargo su armi, petrolio e gas. Nell’agosto dello stesso anno, Vladimir Putin rispose con il blocco alle importazioni di carne, pesce, frutta, verdura e latticini dall’Ue. Fin qui, nulla che riguardi il Veneto. Non almeno fino al maggio del 2016, quando il consiglio regionale approvò una risoluzione che chiedeva il ritiro delle sanzioni contro Mosca. Due anni dopo, il copione si ripete: mercoledì infatti Palazzo Ferro Fini ha approvato una nuova risoluzione che impegna la giunta a consolidare i rapporti «con gli enti territoriali russi in ambito economico, commerciale e culturale».
Tutto questo mentre Usa e Russia sono sull’orlo della guerra in Siria. «Non è stato intenzionale, la discussione è slittata di qualche settimana per motivi tecnici - spiega il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti, che un mese fa era a Mosca per controllare la regolarità delle elezioni - Tra l’altro l’esercito russo aveva annunciato che gli occidentali stavano preparando un attacco in Siria e avrebbero usato un falso attacco chimico come pretesto, per cui le notizie dei civili uccisi con i gas sono un po’ sospette». In Veneto però il problema è un altro: «Le sanzioni alla Russia hanno provocato un danno di 700 milioni all’anno - continua Ciambetti -. L’embargo è un metodo ottocentesco che provoca effetti distorti, tanto che il tema è entrato anche nell’agenda di Salvini e Di Maio. La dissonanza tra gli intenti e i risultati è evidente: da un lato la Russia si rivolge ad altri mercati come Marocco e Turchia, da cui ha iniziato ad importare l’ortofrutta; dall’altro i russi producono in casa beni che prima importavano dall’Italia, come le mozzarelle che ora escono dai loro nuovi caseifici. E tornare su questi mercati non sarà semplice». Per il Veneto, insomma, il dialogo con la Russia è una priorità: «Chi opera sul mercato globale la pensa come noi conclude Ciambetti -. La settimana prossima porteremo diverse aziende al forum di Yalta per valutare un loro insediamento in Crimea».
Le imprese sono soddisfatte: «Le sanzioni alla Russia sono molto penalizzanti - dice Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto -. Noi non siamo seduti ai tavoli diplomatici e dunque non sappiamo come uscire da questa situazione, ma apprezziamo molto il segnale lanciato dalla Regione e sposiamo in pieno il contenuto. Non possiamo dire se questa è la via giusta, ma da qualche parte bisogna pur cominciare». Sul piano politico, Zoppas non vede controindicazioni: «La Russia non è l’unico Paese al centro delle tensioni internazionali. E non credo che basti leggere i giornali per sapere esattamente cosa sta succedendo».
Chi ridimensiona l’iniziativa del Veneto è Rosario Alessandrello, presidente della Camera di commercio italorussa con sede a Milano (secondo cui l’attacco con le armi chimiche, per inciso, è «una bugia»): «Risoluzioni come queste hanno un senso per difendere le aziende del territorio, ma le Regioni non hanno poteri in fatto di politica estera. In questo senso contano di più le dichiarazioni di Putin, che ha definito l’Italia un Paese amico». «La Russia è l’ottavo partner internazionale delle aziende veronesi - dice Alberto Righini (Ordine dei commercialisti) -. Il mercato russo ama i prodotti italiani e paga il prezzo giusto senza ridurre le marginalità. E’ un Paese difficile, ma chi riesce a entrare viene premiato. E la mafia è un falso mito».
La risoluzione della Regione ha incassato il sì dei Cinquestelle: «Forse riportare la questione in aula è stato ridondante, ma ben venga se questo serve ad aiutare le nostre imprese - dice Jacopo Berti (M5S) -. Non si possono vessare le aziende per fare un dispetto alla Russia». L’unica voce fuori dal coro è quella che si leva dall’opposizione: «L’intento è giusto ma l’obiettivo è sbagliato, perché è stato Putin a introdurre la sanzione ed è lui che deve toglierla - dice Piero Ruzzante (LeU) -. Il nostro export con la Russia è dell’1,6%, quello con l’Ue è del 60%: se voglio tutelare la comunità, guardo prima all’Ue. Il calo delle esportazioni è legato anche a quello del prezzo del petrolio; dal 2016 al 2017, l’export verso la Russia è aumentato dello 0,2% perché la loro economia è in crescita. E visto lo scenario internazionale, approvare quest’atto ora è un’ulteriore follia».
Ciambetti L’utilizzo di armi chimiche in Siria era stato preannunciato come falso pretesto per lanciare i missili, la notizia è un po’ sospetta
Zoppas
Non siamo seduti ai tavoli diplomatici e non sappiamo qual è la soluzione, ma apprezziamo molto il segnale della Regione