Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Dalla Dc «bavarese» al ciclone Tangentopoli, addio all’ultimo doroteo
La morte dell’ex presidente del Veneto chiude un’epoca
PADOVA Era un uomo nato con la passione di scalare le montagne, esercitata sulle cime di casa nostra ma pure sulle Ande argentine, e già questo è indizio di una tempra fuori dal comune. Con facile metafora, si potrebbe dire che gli piaceva puntare verso l’alto. Effettivamente in cima ci era arrivato, Franco Cremonese, e dalle vette della politica regionale era poi caduto rovinosamente, messo a terra da quell’autentico ciclone forza 5 chiamato Tangentopoli che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, spazzò via un’intera classe dirigente e, con lei, la Prima Repubblica nata sulle ceneri della Seconda guerra mondiale.
Cremonese è mancato nella notte tra mercoledì e giovedì, all’età di 78 anni, sopraffatto da una lunga malattia neurologica complicata nella fase finale dall’insorgenza di un ictus. Era l’ultimo esponente di spicco della filiera di potere politico espressa dalla Democrazia Cristiana veneta, tendenza dorotea, e incarnata dalla triade Toni Bisaglia-Carlo Bernini-Franco Cremonese. Tragicamente scomparso il primo nel misterioso mare di Santa Margherita Ligure (1984) e asceso il secondo a più alti incarichi ministeriali (1989), toccò a Cremonese, avvocato padovano cresciuto alla scuola di formazione del gruppo scout di Montemerlo sui Colli Euganei, insediarsi alla presidenza della Regione, dove in precedenza era stato più volte consigliere e poi assessore. Era l’erede designato, l’uomo che nei progetti di Bernini - il «doge» della Prima Repubblica, diventato ministro e senatore - avrebbe dovuto sviluppare sul territorio l’ambizioso progetto di una Dc veneta rimodellata sull’esempio della Csu bavarese, autonoma e federata alla grande mamma nazionale.
Quel disegno durò lo spazio di qualche anno: nel luglio del 1992, quando il fruscio di un avviso di garanzia per corruzione era sufficiente a decapitare giunte e consigli di ogni ordine e grado, Cremonese diede le dimissioni da presidente della Regione. Sapeva che la bufera si era già scatenata e lo stava per raggiungere: tre giorni dopo finì agli arresti, inquisito dalla Procura veneziana nel filone d’inchiesta (che riguardava anche Bernini e il suo factotum Franco Ferlin, oltre che, sulla sponda socialista, Gianni De Michelis) relativo alla realizzazione della terza corsia dell’autostrada Venezia-Padova e della bretella per l’aeroporto «Marco Polo» di Tessera. Processato e condannato due anni più tardi, ebbe poi una consistente riduzione della pena in appello. Così finiva una carriera pubblica che era nata sotto gli auspici più promettenti. E finiva anche un’era politica: altro che Dc «alla bavarese», la vecchia balena bianca si era spiaggiata e agonizzava senza speranze.
Lontano dai riflettori, nella sua casa di Cinto Euganeo – potenza delle coincidenze, lo stesso paesino dei Colli dove sceglierà di andare a vivere il suo successore in Regione Giancarlo Galan, con il quale non si prendeva molto -, Cremonese era rimasto comunque un personaggio di riferimento per la politica padovana orientata a centrodestra. «Non pensate che facesse il grande burattinaio dietro le quinte – racconta chi gli è stato accanto in questi anni – però aveva vaste relazioni ed era una voce ancora autorevole». C’era anche il suo apporto nell’affermazione di Vittorio Casarin, già potente presidente della Provincia di Padova, dell’ex sindaco della città Giustina Destro o dell’ex assessore comunale e poi deputato Domenico Menorello. Quest’ultimo, ieri mattina, ha ricordato la figura di Cremonese con parole di affetto quasi filiale, affidate a un post sul proprio profilo Fb: «Un uomo buono, capace di incrollabile affetto, gratuità e perdono, oltre che un grande presidente del Veneto e un politico innamorato della sua comunità e della sua terra».
Leonardo Padrin, ex consigliere regionale di Forza Italia cresciuto alla scuola democristiana di Cremonese, sempre su Fb ha scelto due aggettivi che descrivono il modo di essere (e di fare politica) di Cremonese: «Era un uomo serio e molto concreto». Uno che andava dritto al sodo e che, se riconosceva delle capacità o del talento nell’interlocutore, non badava al fatto che fosse comunista o repubblicano (socialista un po’ sì, quelli non gli stavano simpaticissimi). Di lui, in un’epoca nella quale i politici di carriera vestivano esclusivamente le monotone grisaglie ministeriali, si notavano le cravatte sempre di colore deciso. E se l’umore della giornata non era adatto alla cravatta scelta al mattino, andava a comprarsene un paio al Duca d’Aosta, in centro a Padova.
Luigino Baldan, imprenditore, ex sindaco di Cervarese Santa Croce e presidente dell’Aci di Padova, si commuove al telefono: «Era il mio capo scout a Montemerlo, sapeva trasmettere energia ed entusiasmo come nessun altro. E soprattutto sapeva dare amicizia, a tante persone, anche se magari qualcuno nel frattempo se n’è dimenticato». Gli rende omaggio anche l’attuale governatore leghista, Luca Zaia, che all’epoca di Cremonese presidente aveva poco più di vent’anni: «È stato innegabilmente un esponente importante di un’area politica che ha avuto un grande peso. Guardando a quel periodo, possiamo dire che con lui se ne va un pezzo di storia della nostra Regione».
Franco Cremonese lascia le tre figlie e la seconda moglie, sposata alcuni anni addietro dopo un periodo di vedovanza. I funerali saranno celebrati domani mattina alle 10, naturalmente nella chiesa parrocchiale di Montemerlo, da dove tutto è cominciato.
La triade Toni Bisaglia-Carlo Bernini-Franco Cremonese: l’asse doroteo che comandò nella Dc veneta fino ai primi anni Novanta
L’omaggio del governatore Zaia: «Guardando a quel periodo, possiamo dire che con lui se ne va un pezzo di storia della nostra Regione»