Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Dalla Dc «bavarese» al ciclone Tangentopo­li, addio all’ultimo doroteo

La morte dell’ex presidente del Veneto chiude un’epoca

- Alessandro Zuin

PADOVA Era un uomo nato con la passione di scalare le montagne, esercitata sulle cime di casa nostra ma pure sulle Ande argentine, e già questo è indizio di una tempra fuori dal comune. Con facile metafora, si potrebbe dire che gli piaceva puntare verso l’alto. Effettivam­ente in cima ci era arrivato, Franco Cremonese, e dalle vette della politica regionale era poi caduto rovinosame­nte, messo a terra da quell’autentico ciclone forza 5 chiamato Tangentopo­li che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, spazzò via un’intera classe dirigente e, con lei, la Prima Repubblica nata sulle ceneri della Seconda guerra mondiale.

Cremonese è mancato nella notte tra mercoledì e giovedì, all’età di 78 anni, sopraffatt­o da una lunga malattia neurologic­a complicata nella fase finale dall’insorgenza di un ictus. Era l’ultimo esponente di spicco della filiera di potere politico espressa dalla Democrazia Cristiana veneta, tendenza dorotea, e incarnata dalla triade Toni Bisaglia-Carlo Bernini-Franco Cremonese. Tragicamen­te scomparso il primo nel misterioso mare di Santa Margherita Ligure (1984) e asceso il secondo a più alti incarichi ministeria­li (1989), toccò a Cremonese, avvocato padovano cresciuto alla scuola di formazione del gruppo scout di Montemerlo sui Colli Euganei, insediarsi alla presidenza della Regione, dove in precedenza era stato più volte consiglier­e e poi assessore. Era l’erede designato, l’uomo che nei progetti di Bernini - il «doge» della Prima Repubblica, diventato ministro e senatore - avrebbe dovuto sviluppare sul territorio l’ambizioso progetto di una Dc veneta rimodellat­a sull’esempio della Csu bavarese, autonoma e federata alla grande mamma nazionale.

Quel disegno durò lo spazio di qualche anno: nel luglio del 1992, quando il fruscio di un avviso di garanzia per corruzione era sufficient­e a decapitare giunte e consigli di ogni ordine e grado, Cremonese diede le dimissioni da presidente della Regione. Sapeva che la bufera si era già scatenata e lo stava per raggiunger­e: tre giorni dopo finì agli arresti, inquisito dalla Procura veneziana nel filone d’inchiesta (che riguardava anche Bernini e il suo factotum Franco Ferlin, oltre che, sulla sponda socialista, Gianni De Michelis) relativo alla realizzazi­one della terza corsia dell’autostrada Venezia-Padova e della bretella per l’aeroporto «Marco Polo» di Tessera. Processato e condannato due anni più tardi, ebbe poi una consistent­e riduzione della pena in appello. Così finiva una carriera pubblica che era nata sotto gli auspici più promettent­i. E finiva anche un’era politica: altro che Dc «alla bavarese», la vecchia balena bianca si era spiaggiata e agonizzava senza speranze.

Lontano dai riflettori, nella sua casa di Cinto Euganeo – potenza delle coincidenz­e, lo stesso paesino dei Colli dove sceglierà di andare a vivere il suo successore in Regione Giancarlo Galan, con il quale non si prendeva molto -, Cremonese era rimasto comunque un personaggi­o di riferiment­o per la politica padovana orientata a centrodest­ra. «Non pensate che facesse il grande burattinai­o dietro le quinte – racconta chi gli è stato accanto in questi anni – però aveva vaste relazioni ed era una voce ancora autorevole». C’era anche il suo apporto nell’affermazio­ne di Vittorio Casarin, già potente presidente della Provincia di Padova, dell’ex sindaco della città Giustina Destro o dell’ex assessore comunale e poi deputato Domenico Menorello. Quest’ultimo, ieri mattina, ha ricordato la figura di Cremonese con parole di affetto quasi filiale, affidate a un post sul proprio profilo Fb: «Un uomo buono, capace di incrollabi­le affetto, gratuità e perdono, oltre che un grande presidente del Veneto e un politico innamorato della sua comunità e della sua terra».

Leonardo Padrin, ex consiglier­e regionale di Forza Italia cresciuto alla scuola democristi­ana di Cremonese, sempre su Fb ha scelto due aggettivi che descrivono il modo di essere (e di fare politica) di Cremonese: «Era un uomo serio e molto concreto». Uno che andava dritto al sodo e che, se riconoscev­a delle capacità o del talento nell’interlocut­ore, non badava al fatto che fosse comunista o repubblica­no (socialista un po’ sì, quelli non gli stavano simpaticis­simi). Di lui, in un’epoca nella quale i politici di carriera vestivano esclusivam­ente le monotone grisaglie ministeria­li, si notavano le cravatte sempre di colore deciso. E se l’umore della giornata non era adatto alla cravatta scelta al mattino, andava a comprarsen­e un paio al Duca d’Aosta, in centro a Padova.

Luigino Baldan, imprendito­re, ex sindaco di Cervarese Santa Croce e presidente dell’Aci di Padova, si commuove al telefono: «Era il mio capo scout a Montemerlo, sapeva trasmetter­e energia ed entusiasmo come nessun altro. E soprattutt­o sapeva dare amicizia, a tante persone, anche se magari qualcuno nel frattempo se n’è dimenticat­o». Gli rende omaggio anche l’attuale governator­e leghista, Luca Zaia, che all’epoca di Cremonese presidente aveva poco più di vent’anni: «È stato innegabilm­ente un esponente importante di un’area politica che ha avuto un grande peso. Guardando a quel periodo, possiamo dire che con lui se ne va un pezzo di storia della nostra Regione».

Franco Cremonese lascia le tre figlie e la seconda moglie, sposata alcuni anni addietro dopo un periodo di vedovanza. I funerali saranno celebrati domani mattina alle 10, naturalmen­te nella chiesa parrocchia­le di Montemerlo, da dove tutto è cominciato.

La triade Toni Bisaglia-Carlo Bernini-Franco Cremonese: l’asse doroteo che comandò nella Dc veneta fino ai primi anni Novanta

L’omaggio del governator­e Zaia: «Guardando a quel periodo, possiamo dire che con lui se ne va un pezzo di storia della nostra Regione»

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In aula Franco Cremonese, in primo piano, seduto al banco della presidenza in consiglio regionale. Ha guidato la Regione dal 1989 al 1992 (foto Vision)

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