Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Trapianti: record di «volontà di donazione»
L’Aido: indice di rifiuti più basso d’Italia. Il chirurgo: bisogna investire in tecnologia
VENEZIA Il 2017 è stato un anno record per i trapianti in Veneto: sono aumentati gli interventi e le donazioni. Migliaia di dichiarazioni di volontà di donare gli organi sono state raccolte dai Comuni.
VENEZIA L’avevano data per spacciata nel 2011. Aveva 38 anni e un tumore al pancreas degenerato in metastasi al fegato. L’altro giorno è passata a salutare la sua seconda famiglia: medici e infermieri del Centro trapianti di fegato dell’Azienda ospedaliera di Padova, che le hanno regalato una seconda vita. Con un intervento finito sotto i riflettori del mondo il primario, professor Umberto Cillo, otto anni fa eseguì su di lei il primo autotrapianto: estrasse il fegato dall’addome, lo ripulì dalle metastasi fuori dal corpo e lo reimpiantò. E oggi la signora conduce una vita normale. Come il bambino di 6 anni colpito da epatite fulminante scatenata da un farmaco anti Tbc e nel 2007 sottoposto, sempre da Cillo, al primo «trapianto ausiliario» d’Italia. Metà del suo fegato venne rimossa e al posto dell’altra ne fu posizionata una ricavata dall’organo di un donatore cadavere, che rigenerò la prima.
Altri due piccoli sopravvissero grazie a questa tecnica e anche le loro famiglie sono rimaste in contatto con il reparto padovano, che nel 1997 eseguì su un bimbo croato il primo trapianto di fegato da donatore vivente (il padre) e nel 2004 tornò alla ribalta con Alessandro e Riccardo Spada, i 22enni genovesi protagonisti del primo caso di trapianto di fegato in Europa tra gemelli omozigoti e quinti anti-rigetto. Alessandro, il rugbista salvato dalla generosità del fratello, ha poi sposato l’infermiera che l’ha assistito. Storie di ordinaria eccellenza che hanno portato il Veneto sul tetto dei record: nel 2017 le donazioni sono aumentate del 34% (da 146 a 196), a fronte di una crescita nazionale del 15,8%; i trapianti effettuati sono stati 646 contro i 590 del 2016 (+9,5% rispetto al +6,8% nazionale); e i rifiuti alla donazione registrano la percentuale più bassa del Paese: 15,6%, a fronte di un 28,5% di media. E di conseguenza si sono accorciate le liste d’attesa, che ora contano 1296 pazienti invece dei 1353 del 2016. «Un anno eccezionale, dopo un decennio di stabilità — conferma la presidente nazionale dell’Aido, Flavia Petrin — dovuto all’impegno di Aido, Admo e Aned nella formazione degli operatori impegnati nella diffusione della cultura della donazione, alla qualità della rete trapiantologica del Veneto, al sostegno della Regione. E dei Comuni, che hanno iniziato a raccogliere la dichiarazione di volontà a donare dei cittadini al rinnovo della carta d’identità».
Si riferisce al progetto «Una Scelta in Comune», partito due anni e mezzo fa e ora adottato da 202 municipalità, che hanno registrato 83.415 dichiarazioni: 69.301 sono «sì». Le Usl ne hanno raccolte 17mila in 20 anni. «E’ un Veneto solidale — commenta Bertilla Troietto, presidente regionale dell’Aido — che regala speranza di vita a chi è in lista d’attesa. La collaborazione dei Comuni è fondamentale nell’agevolare una scelta libera e consapevole: l’80% di chi non vuole donare gli organi non è adeguatamente informato. Nel dubbio, il cittadino dice no. Nessuno parla volentieri del fine vita, ma se si spiega che donare è una scelta di civiltà a vantaggio dell’intera collettività, le cose cambiano». «Abbiamo bisogno di donatori, anche perchè quelli a disposizione sono anziani — avverte il professor Cillo, presidente della Società italiana Trapianti d’organo — l’età media si attesta sui 62 anni, ma tanti ne hanno 70, 80 anche 90. E ciò spiega i pochi cuori disponibili e soprattutto il fatto che molti pazienti muoiono in lista d’attesa. Un plauso va ai Centri trapianti, che riescono a utilizzare anche organi in passato giudicati border line ma oggi rivitalizzati da macchine a perfusione. La tecnologia ci viene incontro, quindi il settore necessita di finanziamenti e investimenti».
E poi c’è la crisi di «vocazioni»: sempre meno giovani scelgono di fare i chirurghi nei Centri trapianti, perchè è un mestiere faticoso e con scarsi incentivi economici. «Si lavora anche 40 ore di seguito — ammette Cillo — e le équipe che vanno a prendere l’organo a centinaia di chilometri di distanza devono per di più sorbirsi ore in ambulanza, prima e dopo il prelievo». Perchè sotto i 500 chilometri non si può usare l’elicottero (motivi di budget). «La Regione mette in campo un’organizzazione ai massimi livelli, scientifici e tecnologici — dice l’assessore alla Sanità, Luca Coletto —. Sosteniamo investimenti continui in macchinari e professionalità».
Luca Coletto
La Regione mette in campo un’organizzazione ai massimi livelli, scientifici e sul versante delle attrezzature e delle professionalità