Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Mose, Orsoni impugna l’assoluzione E la fine dei lavori slitta a metà 2019
VENEZIA Che non se la fosse messa via, l’avevano dimostrato le dichiarazioni di fuoco dopo l’uscita delle motivazioni due mesi fa. «La prescrizione forse, più che salvare me, ha salvato la procura», aveva detto l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, mentre il tribunale aveva ritenuto credibile Federico Sutto, l’ex segretario di Giovanni Mazzacurati che aveva dichiarato di avergli portato 250 mila euro in contanti in studio per la campagna elettorale del 2010 da parte del Consorzio Venezia Nuova. Ora, però, arriva il colpo di scena: Orsoni ha fatto ricorso in Corte di Cassazione.
L’ex sindaco, avvocato, continua dunque la sua battaglia in tribunale, anche se i dettagli del ricorso sono indicativi della strategia difensiva. Orsoni non sfiderà la procura sulla falsità del racconto di Sutto, ma su un aspetto strettamente giuridico: l’applicabilità delle legge sul finanziamento dei partiti al candidato sindaco. Già nel corso del processo, infatti, era spuntata una sentenza della Suprema Corte che aveva deciso un caso simile avvento a Lucca, dicendo che la norma nata per i partiti nel 1974 ed estesa nel 1981 ad altre figure (candidati consiglieri comunali, regionali, europarlamentari e così via) non prevede però la figura di chi corre per la carica di primo cittadino, anche perché è solo dal 1993 che vige l’elezione diretta. Il tribunale aveva liquidato la questione affermando che il candidato sindaco può essere incluso per analogia con i consiglieri comunali, mentre la Cassazione in quella sentenza della scorsa estate era stata più restrittiva. Nei giorni sono scaduti i termini per l’impugnazione della sentenza, che aveva condannato 4 imputati su otto: l’ex ministro Altero Matteoli (poi deceduto) e il suo amico imprenditore Erasmo Cinque, il veneziano Nicola Falconi e l’avvocato romano Corrado Crialese: i primi tre per corruzione, Crialese per millantato credito. Tutti hanno fatto ricorso e dunque il processo Mose, seppur in versione «mini», tornerà di fronte ai giudici della Corte veneziana.
Intanto ieri il provveditore alle opere pubbliche Roberto Linetti, all’assemblea dei comitati privati, ha detto che «in questo momento i cantieri sono fermi», anche per i noti problemi tra Consorzio Venezia Nuova e imprese. «Il Mose nella visione ottimistica sarà completato e funzionante tra un anno a partire da oggi», ha aggiunto. Dunque non sarà rispettato il termine del 31 dicembre previsto dal cronoprogramma. (a. zo. – g. b.)