Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Dal mefedrone alle botte al Pride: Ongaro a processo
Pestaggio alla sfilata gay del 2016, fra i tre sotto accusa uno dei fratelli dello scandalo droga
TREVISO In tre a processo per il pestaggio di Simone Carnielli, il 43enne organizzatore del Gay Pride di Treviso che fu picchiato la notte del 18 giugno 2016 in piazzale Burchiellati, mentre smontava il palco della manifestazione. Alla sbarra Riccardo Ongaro, il 26enne già noto alle cronache per essere finito in carcere con l’accusa di aver gestito in città, insieme al fratello Alberto, un giro di spaccio di mefedrone. Imputati insieme a Ongaro, difeso dall’avvocato Andrea Zambon, anche Alberto Gatto, 37 anni, difeso dall’avvocato Marco Furlan, e Sozza Rahil 27, rappresentato dall’avvocato Ilaria Pempinella. I tre sono finiti alla sbarra con un decreto di citazione diretta a giudizio firmato dal pubblico ministero Mara Giovanna De Donà, e devono rispondere di minacce e lesioni. Non c’è l’aggravante dell’omofobia, perché la legge che doveva introdurla si è arenata in Senato da quattro anni. Il processo avrebbe dovuto iniziare ieri ma, per un errore di notifica, è stato rinviato al prossimo ottobre quando la vittima e l’associazione Shake Lgbte di Conegliano si costituiranno parte civile.
Carnielli fu aggredito la notte del 18 giugno 2016 alla fine del primo Gay Pride trevigiano. Mentre stava smontando il palco in piazza Burchiellati, fu stato circondato da un gruppo di dieci persone di ritorno dall’Elvis Day sulle Mura. Prima lo insultarono, poi si allontanarono salvo tornare poco dopo per colpirlo con calci, pugni e perfino cinghiate finché il 43enne riuscì a fuggire soccorso da un’amica che aveva chiamato la polizia. Era scattata un’indagine e gli uomini della Digos avevano identificato tre dei presunti aggressori, incastrati dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza del Comune. Per Ongaro si tratta di un nuovo processo, dopo quello per lo spaccio del mefedrone che, dopo una vera e propria battaglia di perizie, si era chiuso con un’assoluzione, perché al momento dell’arresto, la droga spacciata non era tabellata.
L’organizzatore
Prima fu insultato, quindi preso a calci pugni e cinghiate: si salvò grazie a un’amica
Il precedente Riccardo Ongaro finì in carcere per spaccio ma la droga, all’epoca, non era tabellata: fu assolto