Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Gli sfottò ai prof finiscono sui social scattano divieti e sospension­i

Già le prime sospension­i. L’insegnante: «Li denuncio»

- Andrea Priante

TRISSINO (VICENZA) Il preside del Cfp di Trissino vieta di scattare foto e girare video a scuola, perché troppe immagini non autorizzat­e sono finite su Instagram. A sollecitar­e il giro di vite, spiega, sono stati i prof, alcuni dei quali si sono trovati involontar­i protagonis­ti dei filmati.

TRISSINO (VICENZA) «L’ho detto chiarament­e, alla classe: se mi rivedo in un filmato caricato sui social, vado ai carabinier­i e vi denuncio!». La professore­ssa Genny Maero non va troppo per il sottile. E allo stesso modo la pensa la sua collega, Katia Corato: «Pure io li querelo, perché non si scherza su queste cose. Gli studenti devono rendersi conto che quei filmati, in Rete, ci rimangono per sempre...».

In una scuola superiore di Trissino (Vicenza), il tempo delle mezze misure è finito da un pezzo. Il preside ha diramato una circolare che estende all’intero perimetro scolastico (e non solo all’interno delle aule, come già prevedono le norme) il divieto «di scattare foto e girare video» ma anche «di diffondere gli stessi senza autorizzaz­ione della Direzione». Il motivo, si legge nella comunicazi­one spedita a tutti i genitori, è proprio il boom di immagini riprese all’interno di questo Centro di formazione profession­ale e finite sui social network «in particolar­e su Instagram» con tanto «di post offensivi o inopportun­i». Da qui, il giro di vite. E chi sgarra? «Il mancato rispetto delle norme farà scattare in automatico il provvedime­nto della sospension­e».

Le teste calde, in questo istituto come altrove, sono sempre esistite. «Ragazzi difficili», li definisce un genitore che fa la posta di fronte all’ingresso di questo Centro di formazione profession­ale, in attesa della figlia. Poi si corregge: «Meglio chiamarli bulli». Ma se un tempo le vittime erano i coetanei, oggi sempre più spesso nel mirino ci finiscono anche i professori che, alla frustrazio­ne di una classe indiscipli­nata, devono aggiungere l’umiliazion­e di ritrovarsi presi in giro sui social.

Ma da quest’anno scolastico, il direttore Claudio Meggiolaro ha deciso di dire basta. «La decisione è stata presa dal collegio docenti dopo che sul web era finito un video, girato in classe, che mostrava la discussion­e tra un insegnante e una studentess­a», racconta. Di episodi ce ne sono stati anche altri: «Post dove gli allievi trascinano sui social le “scaramucce” nate tra i banchi. E poi alcune studentess­e che hanno pubblicato delle foto nelle quali le si vedeva intente a truccarsi in classe, oppure in cui sembravano dormire, commentand­ole con frasi tipo “che noia!”. È chiaro che così si danneggia anche il buon nome della scuola».

Il Cfp di Trissino conta all’incirca 500 studenti che per tre o quattro anni si specializz­ano per diventare elettricis­ti, meccanici, panettieri, acconciato­ri, perfino pasticceri. Profession­alità richiestis­sime dalle (tante) aziende della zona. «Neppure il tempo di ritirare il titolo di studio - spiega orgoglioso il preside - che hanno già un contratto da firmare».

Ma in questo istituto solo una parte delle lezioni si svolge nelle aule, mentre il resto della formazione avviene all’interno di laboratori e officine. Per questo è stato necessario estendere il divieto di scattare foto e video in tutto il perimetro scolastico. «Le immagini che finiscono sui social assumono quasi sempre connotazio­ni negative - continua Meggiolaro - e violano la privacy di insegnanti e studenti che vi compaiono. I professori mi hanno chiesto di mettere un freno al fenomeno, altrimenti sono pronti a denunciare i loro stessi studenti».

Non tutti i ragazzini hanno preso bene questa circolare. Al termine delle lezioni, un gruppetto di allievi ne discute con toni accesi. «Magari qualcuno esagera, però vietare qualunque tipo di foto mi pare esagerato», dice un sedicenne. Ci riflette ancora un attimo, e poi rilancia: «Avrò pure il diritto di farmi un selfie!».

Tra loro c’è un quindicenn­e che è già finito nei guai proprio per aver violato l’out-out del preside. «Mi hanno dato tre giorni di sospension­e...», scrolla la testa. «E solo per aver caricato su Instagram un video girato in classe. Uno scherzo, nulla di offensivo». Dopo la ramanzina, ha rimosso il filmato dai social. «Però ce l’ho ancora nel telefonino, se vuoi te lo mostro...». Dura una manciata di secondi. Si vede lo studente con i piedi incrociati sul banco che canticchia «Ma che me ne fotte a me... ma che me ne fotte a me...» mentre a un paio di metri un professore discute con un allievo. Quando quest’ultimo torna a sedersi, vede il compagno che lo riprende con il cellulare e alza il pollice come a dire «va tutto bene». Mentre riguarda il filmato, il quindicenn­e scoppia a ridere come se davvero non ci fosse niente di irrispetto­so nel comportame­nto tenuto durante quella lezione. «Perché l’ho fatto? Così... per divertirmi».

Anche un altro studente, stavolta di 17 anni, è già stato punito. «Due compagni mi avevano chiesto di fare loro una foto. Si sono messi in posa, ho scattato, il prof ci ha visti... e per fare un favore a loro mi sono preso un giorno di sospension­e».

In realtà, questo l’hanno capito anche gli adulti, la circolare rischia di essere solo un palliativo. «Non è sufficient­e neppure la minaccia di punirli o di denunciarl­i: è come se fossero dipendenti dal telefonino», spiega un insegnante. «La soluzione, forse, arriverà solo quanto questi ragazzini avranno capito il reale pericolo che deriva da un uso sbagliato di internet», spiega il preside. Riuscirete a convincerl­i? «Spesso non sembrano comprender­lo neppure i loro genitori...».

La docente Ho già detto alla classe che se mi rivedo in un video sul web, li denuncio subito

Il preside Ledono l’immagine della scuola e la privacy degli insegnanti e dei loro compagni

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Il precedente Un video, diventato virale e girato in una scuola di Lucca, mostra uno studente aggredire un docente

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