Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Licenziato un disabile la fabbrica in sciopero
Alla Npe (ex Procond) di Longarone. I sindacati: «Dignità violata, l’azienda faccia un passo indietro»
L’ azienda licenzia un disabile. E i colleghi entrano in sciopero. Succede alla Npe, l’ex Procond di Longarone, nel Bellunese, azienda finita in mani cinesi ma guidata da management entrata nell’orbita del gruppo De’ Longhi, dove i sindacati hanno impugnato il licenziamento.
LONGARONE Uno sciopero corale, con presidio. «Hanno partecipato tutti, operai e impiegati», la spiega così Luca Zuccolotto della locale Fiomm Cgil. «D’altra parte – afferma Matteo Caregnato di Fim Cisl – i lavoratori hanno capito che si tratta di una vicenda che va oltre le sorti di un singolo individuo: riguarda la dignità e l’etica del lavoro in generale». Capita a Longarone. Ieri hanno incrociato le braccia in serie, dalle 13 alle 14 e dalle 14 alle 15, prima un gruppo e poi l’altro dei dipendenti della Npe, la ex-Procond, ora di proprietà cinese ma con management De’Longhi.
«Il fatto – continua Zuccolotto – è che hanno licenziato un lavoratore appartenente alle cosiddette categorie protette. Tutelato dalla legge 68/99». Quella norma, cioè, che ha come obiettivo «la promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato». Per la verità la persona in questione aveva iniziato anni fa come tutti gli altri. La sua particolare condizione, sulla quale i sindacati non si dilungano per questioni di privacy, è emersa successivamente, nel corso del tempo. L’altro fatto è che il lavoratore ha superato il «comporto di malattia» (periodo durante il quale al datore di lavoro viene impedito di licenziare il dipendente malato) ed è pertanto stato silurato.
«Non ce lo aspettavamo – afferma Caregnato – per un insieme di motivi. Anzitutto il dipendente, dopo un periodo di malattia, era tornato a lavorare; in secondo luogo, se è vero che ha superato il periodo di comporto, è anche vero che molti giorni di malattia erano legati alla sua particolare condizione; in terzo luogo perché il dipendente è conosciuto da tutti come un gran lavoratore, e come una persona onesta e corretta». Insomma, non è il caso di chi si è allungato un po’ la malattia – dicono i sindacati - ma quello di chi ha dovuto affrontare le conseguenze della disabilità. Di qui il gesto di solidarietà andato in scena ieri, con striscioni e bandiere davanti al cancello dello stabilimento.
In realtà il licenziamento è avvenuto la scorsa settimana. «Speravamo che l’azienda tornasse indietro nella propria decisione – afferma ancora Caregnato – ma invece è andata dritta. Prima di scioperare abbiamo atteso la versione di Npe che si è limitata ad osservare il superamento del periodo protetto». E ora, che si fa? «Noi – continua Caregnato – abbiamo subito impugnato il licenziamento, chiedendo la reintegra del lavoratore. Stiamo a vedere cosa succede. Intanto, il dipendente è a casa, con la Naspi, l’una indennità mensile di disoccupazione». La via giudiziaria non è affatto esclusa, ma i sindacati preferirebbero una strada più soft. «L’azienda anzitutto faccia un passo indietro. Noi siamo aperti al dialogo, alla conciliazione», afferma ancora Caregnato.
Lo stabilimento bellunese (290 dipendenti) faceva parte del gruppo bolognese Selcom, fortemente indebitato e finito in concordato. Poi, nel settembre del 2017 è stato acquisito da De’Longhi, gruppo trevigiano attivo nel settore degli elettrodomestici. Infine, a fine febbraio di quest’anno l’impianto è stato acquistato dai cinesi di H&T. «Dal momento, però – termina Caregnato – che è rimasto il management De’Longhi, non sappiamo se la decisione di licenziare il dipendente sia stata presa dagli amministratori o dalla proprietà. Anche questo è un fatto da chiarire».