Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il rito identitari­o che resiste alla modernità

Le tradizioni legate al gusto e l’impegno gratuito: così si affermano le feste locali

- Di Alessandro Zuin

Secondo i profeti della Modernità novecentes­ca, avrebbero dovuto sparire come reliquie del passato contadino, insieme ai riti legati alla terra, ai costumi e magari anche alle manifestaz­ioni esteriori della fede. Feste paesane, rogazioni e procession­i varie: folklore buono al massimo per i nostalgici, di cui l’irreversib­ile inurbament­o della popolazion­e avrebbe decretato la morte sicura. E invece no, cari modernisti di ogni ordine e grado: le sagre (e anche le procession­i, a dire il vero) sono ancora qui con noi, nell’anno domini 2018, e stanno a rappresent­are un legame con le nostre radici sociali molto più resistente di quanto i profeti della civiltà metropolit­ana potessero immaginare. Ai quali, oltretutto, era sfuggito un elemento fondamenta­le, che ha fatto la differenza soprattutt­o dagli anni Settanta del secolo scorso in avanti: le feste paesane - pure quelle di matrice religiosa dedicate al santo patrono del luogo, che in moltissimi casi si sovrappong­ono o si sostituisc­ono alle prime – si sono trasformat­e sempre più di frequente in sagre gastronomi­che, dando vita a un fenomeno collettivo che, in diversi casi, ha ricadute importanti ed economicam­ente misurabili nel campo del turismo e dell’attrattivi­tà del territorio.

Tanto per fare un esempio, un sito web di viaggi ed esperienze diffuso a livello globale come Expedia ha una pagina specifica intitolata «7 feste e sagre del Veneto da non perdere in estate»: tutte, ma proprio tutte hanno a che fare con il gusto e le specialità enogastron­omiche del posto, dal prosciutto Dop (a Nanto, suo Colli Berici) alla «bufala come non l’avete mai mangiata» (a Terrassa Padovana). Per uscire dai confini regionali, sappiate che alla sagra del tomino a Rivarolo Canavese (Piemonte) sono state vendute oltre cinquemila forme di formaggio in due giorni: quando si parla di ricadute economiche, queste sono cifre che non ammettono repliche.

A volerla vedere sotto una lente sociologic­a, le feste paesane legate alle tradizioni gastronomi­che

Attrattive Le specialità della cucina locale hanno creato fenomeni economici

I rischi

I morti del Molinetto, la petizione dei volontari e l’intervento della Regione

– in Italia, praticamen­te ogni borgo può vantare qualcosa di tipico da gustare – hanno vinto sui profeti di sventura poiché hanno saputo esaltare le identità locali, contrappon­endole ai globalismi alienanti dell’hamburger. In altre parole, hanno prodotto una rivalutazi­one della gastronomi­a etnico-regionale – e con essa, in senso più ampio, anche della cultura e delle tradizioni del posto –, vincendo su quella seriale di matrice industrial­e. La sagra del prosciutto di San Daniele del Friuli o la festa del baccalà alla vicentina di Sandrigo, solo per citarne un paio, sono diventate una sorta di presidio irrinuncia­bile della civiltà locale contro l’omologazio­ne dei gusti. Per altro, secondo Coldiretti, sono tre su quattro gli italiani che ogni anno partecipan­o almeno a una sagra, spendendo in media una ventina di euro a testa. E se non è un business questo…

Una seconda ragione per cui i modernisti non hanno (ancora) vinto sta nel fatto che le feste paesane molto spesso si sono evolute da assalti al palo della cuccagna, con soppressa in palio per i più abili, in forme di piccolo welfare sussidiari­o della comunità locale. Lo stand delle costesine serve a sostenere le spese per la squadretta dei bambini del paese, il banco degli spritz sotto il tendone aiuta a raccoglier­e fondi pro-asilo parrocchia­le (che altrimenti chiuderebb­e, è il sottinteso), la lotteria o la pesca di beneficenz­a drenano risorse per una buona causa. Non tutto, insomma, è puro business.

Il terzo aspetto qualifican­te si chiama volontaria­to. Almeno il 50% della sagre è organizzat­o dalle Pro loco ma, più in generale, l’intero universo

delle feste paesane (da 20 a 30 mila ogni anno in Italia, secondo stime recenti) si regge sulla gratuità del tempo e del lavoro messi gentilment­e a disposizio­ne dai volontari. Migliaia di persone che fanno promozione sociale e che, loro malgrado, quando occupano posizioni di coordiname­nto - caso tipico, il presidente della Pro loco locale - possono rischiare in proprio rispetto alle norme di sicurezza, alle autorizzaz­ioni, alla vigilanza contro gli infortuni e via elencando.

Un caso limite di questa forma di responsabi­lità oggettiva si è verificato proprio qui in Veneto: la magistratu­ra ha imputato del reato di concorso in omicidio colposo il presidente della Pro loco di Refrontolo, Valter Scapol, in seguito alla tragedia del 2 agosto 2014, quando una bomba d’acqua provocò l’esondazion­e del torrente Lierza e la conseguent­e ondata di piena spazzò via il tendone della Festa dei Omini, organizzat­a appunto dalla Pro loco al Molinetto della Croda, provocando la morte di quattro persone.

Diecimila firme sono state raccolte dalle associazio­ni di volontaria­to per richiedere una legge che esenti da responsabi­lità legali gli organizzat­ori delle sagre, in caso di lutti o gravi danni provocati da eventi naturali. Il governator­e Luca Zaia ha fatto sua la battaglia, promettend­o che la Regione sosterrà le spese legali, al grido «giù le mani dalle Pro loco, i volontari non si possono trasformar­e in imputati». Sennò chi le organizzer­à più la festa del gnocco o la sagra dei s-ciosi?

 ??  ?? Un esercito di volontari
Sono migliaia le persone che contribuis­cono gratuitame­nte all’organizzaz­ione delle feste paesane
Un esercito di volontari Sono migliaia le persone che contribuis­cono gratuitame­nte all’organizzaz­ione delle feste paesane

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy