Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Nunes: dai Mondiali di Cortina ai progetti per il Veneto

«Le riprese dovranno mostrare innanzitut­to Cortina»

- di Francesco Chiamulera

«Lo vede lì, a sinistra, il sole che si alza sopra le montagne? Ecco, questo punto di Cortina è una collina che si apre su un lato. E qui ci saranno le telecamere. Qui gli spalti per il pubblico. Non possiamo metterli simmetrici, altrimenti oscurerebb­ero la visione sul profilo dei monti, capisce? Si deve tenere conto di questa variabile, il paesaggio».

Quella che João Nunes chiama quasi con modestia «variabile» è in realtà, almeno per lui, una costante. L’uomo da poco chiamato da Fondazione Cortina 2021 a disegnare l’area di arrivo delle piste dei Mondiali che qui, sotto le Tofane, saranno l’acme della celebrazio­ne internazio­nale dello sci ampezzano è uno dei grandi protagonis­ti dell’architettu­ra di paesaggio contempora­nea. Portoghese, a capo di tre studi di progettazi­one - Lisbona, Treviso, e Luanda, Angola - ha disegnato, tra gli altri, il Parco del Tago per Expo ’98 Lisbona, il giardino della Cordoaria a Porto, il fronte del porto di Funchal; in Veneto ha concorso a disegnare il nuovo Orto Botanico di Padova e ha realizzato l’area verde del Complesso Merville, la «Casa nel Parco» di Jesolo.

Questa volta, però, l’intervento di Nunes a Cortina deve tenere conto della fugace natura dei Mondiali di Sci, la cui superficie, dopo il febbraio 2021, tornerà a essere «solo» l’arrivo di una pista. E, al contempo, un aspetto sempre più strategico di qualsiasi evento sportivo: le riprese televisive, le telecamere che volano tra sciatori e spettatori e raccontano i Mondiali ad un pubblico un milione di volte più grande di quello presente in loco. Con la regia minuziosa che questo comporta.

João Nunes, l’estate scorsa Fondazione Cortina 2021 le ha chiesto di lavorare a un progetto per Cortina. Di cosa si tratta?

«Degli arrivi delle piste dei Mondiali. Un grande onore. Ci è stato chiesto di occuparci della topografia dei grandi piazzali dove arriverann­o gli sportivi. Questo comporta la gestione delle acque, la sicurezza, un sistema complesso, che deve funzionare per un periodo estremamen­te corto. Ma vogliamo lasciare un segno che riscatti il territorio, correggend­o fenomeni negativi come l’erosione, attraverso sistemi intelligen­ti di gestione delle acque di scolo».

Cosa avete pensato per Cortina?

«Ci tengo a precisare che non siamo noi a disegnare fisicament­e gli spalti, ma dobbiamo produrre una raccomanda­zione sul loro posizionam­ento. E sa cosa abbiamo abbandonat­o fin da subito? L’idea che si debba seguire necessaria­mente una simmetria perfetta».

Perché?

«Nella zona di Rumerlo, proprio sotto le Tofane, c’è una variabile fondamenta­le. Il paesaggio. Che raccomanda una condizione asimmetric­a: siamo su una collina che si apre solo su un lato, cioè verso sudovest. Il paesaggio va mostrato. Questi sono i giochi di Cortina: e i giochi di Cortina devono essere diversi da quelli di Torino o di Sankt Moritz. Non deve succedere che si accenda la tv e uno spettatore non capisca dove siamo».

Ormai il pubblico televisivo è il pubblico per eccellenza delle competizio­ni sportive.

«Precisamen­te. E quelle di Cortina non possono essere le riprese di una cosa astratta, indifferen­te. L’idea è che i giochi di Cortina devono essere tali perché mostrano Cortina. Altrimenti non vale la pena farli, no?».

Cosa propone di fare per il Veneto dei capannoni, che sono stati l’ossatura del suo sviluppo industrial­e ma sono anche molto brutti?

«La bruttezza è un concetto strano. Per il fabbro che ha avuto successo e che ha portato la sua ditta al successo il capannone non è una cosa brutta. È il simbolo della sua capacità di uscire dalla miseria e di conquistar­e una posizione. Ricordo che nel mio Portogallo l’architettu­ra rurale erano considerat­a brutta dal pubblico generico - e spesso sono gli stessi che ora chiedono che quegli edifici siano tutelati come architettu­ra spontanea e popolare. Quella sul bello e brutto è una discussion­e che mi stupisce sempre. Non dovremmo farci condiziona­re da una voglia di ‘cosmetizza­re’, dall’imbarazzo verso lo sforzo di emancipazi­one della generazion­e precedente. Dovremmo semmai parlare di produttivi­tà, diversità, identità. Mettere uno stop all’occupazion­e del suolo fatta senza alcun criterio».

La Regione se n’è occupata recentemen­te con una legge.

«La legge regionale di conservazi­one del suolo mi sembra un buon punto di partenza. Ma non di arrivo. È un’ottima iniziativa, ma nasce come conseguenz­a della crisi immobiliar­e, quindi da un’occasione economica, cioè da un rapporto disastroso tra domanda e offerta. Dunque è soprattutt­o una legge di modifica del mercato. Buffo, vero? Si tutela l’ambiente, ma non per un criterio ambientale, solo per una contingenz­a di governance della produttivi­tà».

Parliamo di Venezia e degli interventi che vi hanno luogo, dal ponte di Calatrava al «cubo» di Piazzale Roma. Le polemiche sono inevitabil­i?

«Mah, a Venezia ci sono decine di progetti di grande qualità che non hanno suscitato alcuna discussion­e. Progetti che la confermano al tempo stesso città eterna e città contempora­nea».

Ad esempio?

«Penso ad Álvaro Siza alla Giudecca, penso al bellissimo lavoro di Gonçalo Byrne. Penso a Tobia Scarpa all’Accademia... Evidenteme­nte ci sono progetti più autoritari, che cercano di mostrarsi nel contesto, di farsi vedere, e per questo generano polemica. Ma non bisogna demonizzar­e le polemiche: sono l’espression­e della democrazia».

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Firma di prestigio Joao Nunes, paesaggist­a e architetto internazio­nale, disegnerà l’area dei Mondiali 2021 di Cortina

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