Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Aziende e rifiuti, allarme roghi
Sospetta impennata delle ditte a fuoco: lo spettro della criminalità organizzata Ieri l’incendio della Se.fi a San Donà. Escalation di casi in Veneto: faro dell’Antimafia
Un incendio ha distrutto uno stabilimento per il trattamento di rifiuti a San Donà di Piave. Per ore i residenti si sono dovuti barricare in casa. Le cause sarebbero legate a un fenomeno di autocombustione, ma quello del Veneziano è solo l’ultimo di una lunga serie di incendi in aziende si smaltimento dei rifiuti. Un fenomeno che preoccupa l’Antimafia per il timore che dietro alcuni episodi ci sia la mano della criminalità organizzata.
VENEZIA Un grosso incendio è divampato nella serata di lunedì in un’azienda di smaltimento rifiuti speciali, la Se.fi Ambiente di San Donà di Piave. Le cause sono ancora al vaglio degli inquirenti ma le prime ipotesi parlano di un fenomeno di autocombustione. L’impressione, però, è che in Veneto chiunque infili le mani nel business delle ‘monnezze rischi grosso. Al punto che, nella relazione diffusa poche settimane fa, la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle Mafie mette nero su bianco il fatto che «desta attenzione il ripetersi di incendi dolosi che hanno distrutto beni strumentali di varie aziende, in particolare nel settore dei rifiuti». Nella nostra regione i commissari hanno riscontrato, solo negli ultimi anni, 55 roghi in ditte collegate allo smaltimento. Ventisette ai danni di aziende del settore, ai quali si aggiungono quelli che, dal 2012 a oggi, hanno distrutto depositi, magazzini e camion usati per il trasporto del materiale. Come quello del 15 aprile a Povegliano, che ha mandato (letteralmente) in fumo il capannone della Sev 2.0 srl Industries. E qui l’ipotesi dolosa è una pista concreta. Sospetti pesanti anche sul rogo che nell’agosto scorso ha divorato tonnellate di plastica, eternit e reagenti chimici alla Vidori spa, nel Trevigiano.
Il maggior numero di episodi è stato registrato nel Veronese, territorio che più di altri deve fare i conti con la presenza di esponenti di famiglie mafiose. Eppure il fenomeno coinvolge tutte le province, al punto che la prefettura di Treviso ha deciso di segnalare alla Direzione distrettuale antimafia di Venezia «tutti gli eventi incendiari riguardanti il ciclo di trattamento dei rifiuti». Insomma, il sospetto è che dietro questa strana catena di roghi che negli ultimi anni ha coinvolto le imprese che lavorano nel trattamento e nello smaltimento di scorie, ci sia (anche) lo zampino della criminalità organizzata.
«Quello dei rifiuti è un business molto remunerativo - spiega Alessandro Naccarato, tra i componenti della Commissione - e quindi è evidente che le mafie cerchino di inserirsi. Alcuni dei roghi registrati in Veneto sono probabilmente collegati tra loro: dare fuoco ai depositi o ai macchinari può servire a indebolire il concorrente, intimorirlo, ma anche a comprometterne la chance di vittoria in una gara d’appalto».
Incendi e non solo. Nella relazione 2016 di un’altra Commissione parlamentare d’inchiesta, quella sugli illeciti ambientali, si legge che la produzione di rifiuti urbani in Veneto supera le 2,2 milioni di tonnellate l’anno, 874mila quelle composte da scorie classificate come «pericolose». E numeri così muovono cifre da capogiro, con il rischio che qualcuno ci speculi. Nella nostra regione «il fenomeno non è episodico - si legge nel documento - in quanto si è in presenza di situazioni reiterate, sistematiche, tanto che alla fine si può configurare l’ipotesi di traffico illecito di rifiuti, quindi, di attività organizzate continuative connotate da finalità di profitto». Scoperta anche tutta una serie «di piccole aziende che dapprima erano floride ma che con la crisi hanno avuto grossi problemi e che (...) per cercare di superare le difficoltà, sono andate ben oltre la mera violazione delle autorizzazioni».
È un errore credere che i «furbetti» agiscano nascosti, magari all’interno dei loro capannoni. Spesso, avviene tutto alla luce del sole. «Il settore delle opere pubbliche (in Veneto, ndr) offre grandi opportunità per lo smaltimento illecito - prosegue la relazione sugli illeciti ambientali -in quanto, invece di sostenere i costi correlati allo smaltimento, addirittura si ottengono profitti laddove materiali che dovrebbero essere smaltiti come rifiuti, vengono trattati come materie prime e venduti (...) vi è un giro di fatture false, volte a occultare le operazioni di smaltimento illecito. Si tratta di una vera e propria tendenza, che è stata riscontrata in tanti casi, perché rappresenta una opportunità molto ghiotta».
Che si tratti di incendi dolosi o di violazioni alle norme sullo smaltimento, resta che i controlli nelle aziende specializzate non sempre sono all’altezza. Già nel 2016 i commissari puntavano il dito contro «le gravi carenze dell’Arpav quanto allo svolgimento delle attività di controllo degli impianti autorizzati, di sopralluoghi, di analisi e di caratterizzazione dei siti inquinati (...) Si tratta - concludono i parlamentari - di un quadro generale di carenze strutturali e di personale».
Naccarato Business redditizio, è evidente che le mafie tentino di inserirsi