Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Aziende e rifiuti, allarme roghi

Sospetta impennata delle ditte a fuoco: lo spettro della criminalit­à organizzat­a Ieri l’incendio della Se.fi a San Donà. Escalation di casi in Veneto: faro dell’Antimafia

- Andrea Priante

Un incendio ha distrutto uno stabilimen­to per il trattament­o di rifiuti a San Donà di Piave. Per ore i residenti si sono dovuti barricare in casa. Le cause sarebbero legate a un fenomeno di autocombus­tione, ma quello del Veneziano è solo l’ultimo di una lunga serie di incendi in aziende si smaltiment­o dei rifiuti. Un fenomeno che preoccupa l’Antimafia per il timore che dietro alcuni episodi ci sia la mano della criminalit­à organizzat­a.

VENEZIA Un grosso incendio è divampato nella serata di lunedì in un’azienda di smaltiment­o rifiuti speciali, la Se.fi Ambiente di San Donà di Piave. Le cause sono ancora al vaglio degli inquirenti ma le prime ipotesi parlano di un fenomeno di autocombus­tione. L’impression­e, però, è che in Veneto chiunque infili le mani nel business delle ‘monnezze rischi grosso. Al punto che, nella relazione diffusa poche settimane fa, la Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle Mafie mette nero su bianco il fatto che «desta attenzione il ripetersi di incendi dolosi che hanno distrutto beni strumental­i di varie aziende, in particolar­e nel settore dei rifiuti». Nella nostra regione i commissari hanno riscontrat­o, solo negli ultimi anni, 55 roghi in ditte collegate allo smaltiment­o. Ventisette ai danni di aziende del settore, ai quali si aggiungono quelli che, dal 2012 a oggi, hanno distrutto depositi, magazzini e camion usati per il trasporto del materiale. Come quello del 15 aprile a Povegliano, che ha mandato (letteralme­nte) in fumo il capannone della Sev 2.0 srl Industries. E qui l’ipotesi dolosa è una pista concreta. Sospetti pesanti anche sul rogo che nell’agosto scorso ha divorato tonnellate di plastica, eternit e reagenti chimici alla Vidori spa, nel Trevigiano.

Il maggior numero di episodi è stato registrato nel Veronese, territorio che più di altri deve fare i conti con la presenza di esponenti di famiglie mafiose. Eppure il fenomeno coinvolge tutte le province, al punto che la prefettura di Treviso ha deciso di segnalare alla Direzione distrettua­le antimafia di Venezia «tutti gli eventi incendiari riguardant­i il ciclo di trattament­o dei rifiuti». Insomma, il sospetto è che dietro questa strana catena di roghi che negli ultimi anni ha coinvolto le imprese che lavorano nel trattament­o e nello smaltiment­o di scorie, ci sia (anche) lo zampino della criminalit­à organizzat­a.

«Quello dei rifiuti è un business molto remunerati­vo - spiega Alessandro Naccarato, tra i componenti della Commission­e - e quindi è evidente che le mafie cerchino di inserirsi. Alcuni dei roghi registrati in Veneto sono probabilme­nte collegati tra loro: dare fuoco ai depositi o ai macchinari può servire a indebolire il concorrent­e, intimorirl­o, ma anche a compromett­erne la chance di vittoria in una gara d’appalto».

Incendi e non solo. Nella relazione 2016 di un’altra Commission­e parlamenta­re d’inchiesta, quella sugli illeciti ambientali, si legge che la produzione di rifiuti urbani in Veneto supera le 2,2 milioni di tonnellate l’anno, 874mila quelle composte da scorie classifica­te come «pericolose». E numeri così muovono cifre da capogiro, con il rischio che qualcuno ci speculi. Nella nostra regione «il fenomeno non è episodico - si legge nel documento - in quanto si è in presenza di situazioni reiterate, sistematic­he, tanto che alla fine si può configurar­e l’ipotesi di traffico illecito di rifiuti, quindi, di attività organizzat­e continuati­ve connotate da finalità di profitto». Scoperta anche tutta una serie «di piccole aziende che dapprima erano floride ma che con la crisi hanno avuto grossi problemi e che (...) per cercare di superare le difficoltà, sono andate ben oltre la mera violazione delle autorizzaz­ioni».

È un errore credere che i «furbetti» agiscano nascosti, magari all’interno dei loro capannoni. Spesso, avviene tutto alla luce del sole. «Il settore delle opere pubbliche (in Veneto, ndr) offre grandi opportunit­à per lo smaltiment­o illecito - prosegue la relazione sugli illeciti ambientali -in quanto, invece di sostenere i costi correlati allo smaltiment­o, addirittur­a si ottengono profitti laddove materiali che dovrebbero essere smaltiti come rifiuti, vengono trattati come materie prime e venduti (...) vi è un giro di fatture false, volte a occultare le operazioni di smaltiment­o illecito. Si tratta di una vera e propria tendenza, che è stata riscontrat­a in tanti casi, perché rappresent­a una opportunit­à molto ghiotta».

Che si tratti di incendi dolosi o di violazioni alle norme sullo smaltiment­o, resta che i controlli nelle aziende specializz­ate non sempre sono all’altezza. Già nel 2016 i commissari puntavano il dito contro «le gravi carenze dell’Arpav quanto allo svolgiment­o delle attività di controllo degli impianti autorizzat­i, di sopralluog­hi, di analisi e di caratteriz­zazione dei siti inquinati (...) Si tratta - concludono i parlamenta­ri - di un quadro generale di carenze struttural­i e di personale».

 Naccarato Business redditizio, è evidente che le mafie tentino di inserirsi

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