Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Safilo, dialogo con Lvmh per le licenze Sugli stabilimen­ti idee chiare a giugno»

Parla il nuovo amministra­tore delegato Trocchia: «Due anni per rimetterci in forma»

- Federico Nicoletti

PADOVA «Abbiamo due anni davanti. Comincerem­o un dialogo ancor più stretto con Dior. C’è il tempo per capire se ci sono le premesse per continuare a lavorare». Angelo Trocchia, il manager Unilever da ieri nuovo amministra­tore delegato di Safilo, risponde così, dopo l’assemblea dei soci, ieri a Padova, a chi gli chiede di quella che appare una priorità, per il colosso veneto degli occhiali del fondo olandese Hal. Ovvero, dopo la perdita di Gucci e delle altre di Kering (costata 155 milioni di ricavi in meno nel 2017), di salvare le licenze dell’altro colosso francese del lusso, Lvmh, a partire da Dior, che valgono, secondo quanto emerso in assemblea, circa il 30% del miliardo di fatturato Safilo in un 2017 nerissimo.

Obiettivo che appare in salita. Giusto ieri Lvmh e Marcolin hanno aperto a Longarone lo stabilimen­to della joint venture Thelios, che inizierà a produrre le licenze Lvmh, a partire dalla Celine tolta a Safilo. Mentre Kering, sempre ieri, ha deciso di ritirare proprio a Marcolin la licenza Balenciaga per produrla in casa.

Il mondo dell’occhiale appare in moto vorticoso. Solo Safilo sembra ferma, con la necessità di trovare una propria direzione, dopo l’uscita di scena a fine febbraio dell’ex Ad Luisa Delgado, in un divorzio consensual­e costato un milione di euro di buonuscita (e il mantenimen­to dell’appartamen­to per 10 mesi), su cui non è mancata qualche critica ieri in assemblea.

Trocchia proverà a tracciare la rotta senza dare per scontata la partenza delle licenze Lvmh. La direzione sarà chiara nel nuovo piano industrial­e pronto a giugno. Il capo della finanza, Gerd Grähsler, in assemblea dice che la «versione preliminar­e include una crescita di fatturato più moderata e un focus sulla riduzione costi». Preludio a tagli struttural­i su produzione e occupazion­e? «Ci siamo presi l’impegno con i sindacati di lavorare per capire bene i volumi di un piano industrial­e che abbia senso - replica l’Ad -. Per giugno avremo le idee chiare. Poi ci sederemo per il confronto più opportuno».

Certo, l’accento è parso più sui tagli: «Credo che dobbiamo essere realisti - replica Trocchia -. Fino al 2020 non ci sono cambi licenze: abbiamo due anni per metterci in forma. Di sicuro c’è un tema costi che va affrontato in modoa serio. Dobbiamo crescere; ma rispetto al passato, quando s’è inseguita una crescita a tassi eccessivi, lo faremo in modo più moderato. Non vorrei proiettare crescite irrealisti­che; vorrei un piano che siamo in grado di eseguire. Con un’attenzione più forte sui costi».

Di certo va voltata la pagina rispetto ad un 2017 durissimo. In assemblea il presidente Eugenio Razelli ricapitola il quadro: vendite per 1.047 milioni, 194 in meno a cambi costanti, il nuovo magazzino di Padova in tilt con gli ordini in crisi fino al terzo trimestre, i marchi propri che calano del 3,9%. Il conto finale è una perdita di 251 milioni, dopo svalutazio­ni degli avviamenti per 195 milioni delle unità operative, la terza in tre anni. Trocchia promette a fine riunione che sarà l’ultima. «Dovevamo compensare la perdita di Gucci per un terzo con l’accordo produttivo con Kering, come fatto, e per un terzo con la crescita dei nostri marchi. Non ci è riuscita: il calo è stato di 40 milioni. E poi il blocco del centro distributi­vo ha pesato sull’utile operativo: i 13 milioni di risparmi non sono bastati per controbila­nciare», ha detto con realismo Grähsler.

«In un solo triennio siete riusciti in un’impresa epica: fare oltre 500 milioni di euro di perdite e far crollare la capitalizz­azione di Borsa di 600» , ha attaccato duramente nel suo intervento il piccolo socio Andrea Maramotti. A cui si è affiancato il segnale critico dei fondi d’investimen­to sul voto. Non sono mancate le astensioni di una fetta cospicua su punti come i piani di stock option. In più i fondi si sono schierati sul nuovo cda eletto ieri, per 5 milioni di azioni su 6, con la lista di minoranza del fondo francese Bdl, piuttosto che con quella del socio di riferiment­o Multibrand­s. Fuori ancora una volta dal cda Massimilia­no Tabacchi, figlio di Vittorio, rappresent­ante della Only 3T della famiglia ex proprietar­ia dell’azienda (ha il 7,6% delle azioni), critica nel voto su molti punti.

Intanto fin qui Safilo prova a ripartire da un 2018, che, come ha detto Razelli, «vede il primo trimestre con un trend in crescita: i marchi in continuità compensano l’uscita della licenza Celine». Da adesso in avanti tocca a Trocchia.

 ??  ?? Joint venture Zoppas, sul podio, con Giovanni Bellloni ieri a Longarone (Foto Zanfron)
Joint venture Zoppas, sul podio, con Giovanni Bellloni ieri a Longarone (Foto Zanfron)
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Al timone Angelo Trocchia Ad Safilo

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