Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Toniolo, fede e ricerca ultima di un editore senza ideologie
Esce «La tentazione di Bonhoeffer» dell’intellettuale veneziano
Nell’estate del 2001 un gruppetto di giovani letterati decise di avviare una nuova impresa editoriale a Mestre e per cominciare raccolse in un’antologia i versi di tre giovani non ancora trentenni, chiedendo poi a uno poco più anziano e già conosciuto di presentare quelli che chiamarono i loro Transiti.
L’editore esordiente era Michele Toniolo, che scelse come insegna Amos, uno dei profeti minori cui si deve un libro dell’antico Testamento, e per la prima collana Calibano, il servo deforme della Tempesta di Shakespeare, il prefatore Gian Mario Villalta, che cominciò definendoli «I poeti dell’ A27», legandoli a quel territorio che lungo il Piave, da Venezia sale a Treviso, a Conegliano, fino a Vittorio Veneto, dove l’autostrada si interrompeva prima di scavalcare il Fadalto e fermarsi a Ponte nelle Alpi sulla soglia del Cadore.
Questa arteria stradale, che nei progetti originari doveva andare da Venezia a Monaco e che è rimasta incompiuta, divenne emblematica delle incertezze che accompagnarono lo sviluppo industriale del Veneto, per un verso spregiudicatamente proteso a ridisegnare la propria stessa geografia e per l’altro ostinatamente fedele alle tradizioni e incerto sul proprio futuro.
Lungo l’A 27, scriveva Villalta, «i detriti del mondo contadino si alternano ai trionfi acrilici del paesaggio industriale» e così «il paesaggio millenario della civiltà contadina e dell’antico insediamento urbano» avevano dovuto cedere all’espandersi della metropoli «diffusa», «che ingloba i campi di soia e l’agriturismo come parte del suo tessuto, al pari del centro
Domande Con la Amos ha dato voce alla poesia del Nordest, da scrittore indaga misteri spirituali
direzionale, della sfilata di concessionarie d’auto», ma resta «anche divisa, stratificata, interconnessa, pullulante di nuovi segni».
Ora, 17 anni dopo, «A 27» è diventata la nuova collana di poesia di Amos, che accanto alle voci nuove stampa anche le affermate, cercando di emergere in un panorama tendenzialmente piatto che, come lungo le nuove strade, si ripete omogeneo e senza vera personalità.
Ebbene bisognerà pur dire che Toniolo ce l’ha fatta e che il suo catalogo si presenta ora ben riconoscibile, con varie collane e una scelta di autori che per un verso raccoglie voci ancora vive del passato prossimo, come quella di Franco Zagato, e per l’altro si avventura in territori inesplorati di altre lingue europee.
Dieci anni dopo aver iniziato la sua attività di editore, Michele Toniolo ha mostrato un volto complementare, ma certo non marginale della propria personalità, pubblicando alcuni piccoli libri che lo rivelano scrittore con grande capacità introspettiva, pronto a misurare la resistenza della sua fede - cristiana - a confronto con i grandi problemi dell’esistenza.
In Alcune parole per Alice (Galaad, 2011) la riflessione di Toniolo gira attorno al mistero del dolore di una madre che accompagna il figlio malato fino alla morte; La narrazione originaria (ivi 2014) pone al centro il tema della scrittura a partire dalla coscienza che «le parole ti cambiano mentre le scrivi», ma anche che «scrivere è il mio modo di capire, e il mio modo di perdermi» e non c’è occasione per misurare la radicalità del cambiamento più lampante della morte del figlio.
Punta diritto al senso ultimo della letteratura La solitudine dell’immaginazione (ivi 2016), che non si può riconoscere nella sua ricerca di verità senza che ci sia metamorfosi, della quale è premessa e fondamento «la spogliazione dell’uomo» e conseguenza attraverso la preghiera che consente di intravvedere un collegamento tra Dio e l’uomo, cercando «l’intimità con la volontà di Dio», come esemplarmente farà Dietrich Bonhoeffer affrontando il suo destino di martire (La tentazione di Bonhoeffer, ivi 2018).
All’incontro tra la prassi editoriale, liberata da qualsiasi servitù ideologica, e la ricerca teologico-spirituale che rigenera il mistero della conoscenza, Michele Toniolo ricompone la propria identità di intellettuale preservando con ogni sforzo lo spazio di una testimonianza che vale perché proietta il suo significato oltre la precarietà del presente.